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Groenlandia, l’appello del premier uscente Egede: “La comunità internazionale intervenga contro l’aggressiva pressione Usa”

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A sinistra il vicepresidente Usa JD Vance con la moglie Usha. A destra il premier del territorio autonomo danese della Groenlandia e leader Inuit, Múte Bourup Egede. Credit: ZUMAPRESS.com / Meta / AGF

L'annunciata visita sull'isola della moglie del vicepresidente Usa allarma il governo locale. "Abbiamo fatto tutto il possibile", ha accusato il premier uscente e leader Inuit. "Ma ora la comunità internazionale deve rispondere"

L’annunciato arrivo in Groenlandia della moglie del vicepresidente degli Stati Uniti Usha Vance, del consigliere per la sicurezza nazionale della Casa bianca Mike Waltz e del segretario Usa all’Energia Chris Wright “non può essere considerata semplicemente una visita privata” ma rappresenta una “aggressiva pressione americana contro la società groenlandese” contro cui “la comunità internazionale deve intervenire”. L’appello arriva dal primo ministro uscente del territorio autonomo della Danimarca e leader del partito indipendentista di sinistra Inuit Ataqatigiit, Múte Bourup Egede, che da anni si batte contro la proposta del presidente Donald Trump di annettere l’isola artica agli Stati Uniti.

“L’imminente e presunta visita privata della moglie del vicepresidente degli Stati Uniti e del principale consigliere per la sicurezza del presidente degli Stati Uniti non può essere considerata semplicemente una visita privata”, ha denunciato sui social Egede. “Da quanto sappiamo, i nostri futuri ospiti visiteranno Pituffik (dove si trova una base delle forze militari aerospaziali Usa, ndr) e Sisimiut, dove assisteranno alle gare di slitte trainate da cani, e passeranno anche per Nuuk. Dove oggi sono arrivati ​​in prima linea altri poliziotti e personale di sicurezza”. “Ma cosa ci fa il consigliere per la sicurezza nazionale in Groenlandia? L’unico scopo è dimostrare potere su di noi”, ha aggiunto sempre Egede in un’intervista concessa al quotidiano locale Sermitsiaq. “La sua semplice presenza in Groenlandia alimenterà senza dubbio la fiducia americana nella missione di Trump e la pressione aumenterà”.

Le mire di Donald Trump
Più volte, sin dal suo primo mandato alla Casa bianca, il presidente Usa Donald Trump ha dichiarato la sua volontà di annettere la Groenlandia agli Stati Uniti. L’ultima volta, dopo gli annunci avvenuti prima nel suo discorso di insediamento e poi al Congresso, il magnate repubblicano è tornato sull’argomento durante la visita del 13 marzo scorso nello Studio Ovale del segretario generale della Nato, Mark Rutte. “Penso che (l’annessione della Groenlandia, ndr) avverrà. Sarà importante non solo per la nostra sicurezza, ma anche per la sicurezza internazionale””, aveva detto Trump. “Sono seduto qui con un uomo che potrebbe essere davvero determinante. Mark, ne abbiamo bisogno per la sicurezza internazionale”, aveva poi aggiunto cercando, invano, la complicità del segretario generale dell’Alleanza Atlantica, che si era limitato a riconoscere l’importanza dell’Artico per la Nato.

“Sappiamo che i cinesi stanno usando questa rotta e i russi stanno usando questa rotta. E sappiamo che ci mancano i rompighiaccio. Ci sono sette Paesi artici nella regione che stanno effettivamente lavorando su questa questione sotto la guida degli Stati Uniti, questo è molto importante e dobbiamo essere lì”, aveva sottolineato Rutte, senza però schierarsi sulla questione dell’annessione. “Per quanto riguarda la Groenlandia, se si unirà o meno agli Stati Uniti, non ne parlerò in questa discussione perché non voglio trascinare la Nato in questa questione”.

“Dovremo fare un accordo su questo e la Danimarca non è in grado di farlo”, aveva aggiunto Trump. “(Copenhagen, ndr) Non ha nulla a che fare con questo. Una barca è attraccata lì 200 anni fa o qualcosa del genere, e pensano di avere dei diritti? Non so se è vero. Abbiamo un paio di basi lì e abbiamo dei soldati, forse ne manderemo molti altri…”. “Non vogliamo essere né americani, né danesi”, aveva subito risposto sui social proprio il premier uscente groenlandese Egede. “Siamo groenlandesi. Gli americani e il loro leader lo dovrebbero capire. Non siamo in vendita e non possiamo essere presi e basta”. Ma Washington non molla, tanto che in settimana è prevista la visita non ufficiale sull’isola di Usha Vance, Mike Waltz e Chris Wright.

L’appello alla comunità internazionale
“Non ci saranno incontri tra i nostri futuri ospiti e il governo in carica della Groenlandia”, ha precisato il premier uscente del territorio autonomo danese. “Anche gli americani sono stati chiaramente informati che gli incontri (ufficiali, ndr) potranno aver luogo solo dopo l’insediamento del nuovo governo della Groenlandia”. Le elezioni parlamentari dell’11 marzo hanno infatti consegnato la vittoria all’opposizione conservatrice al governo di Egede, premiando i social-liberali del partito Demokraatit, che hanno ottenuto il 30,26 per cento dei voti, e i nazionalisti del movimento Naleraq, arrivati al 24,77 per cento. Soltanto terza è arrivata la sinistra dell’Inuit Ataqatigiit, fermatasi al 21,62 per cento, seguita dai social-democratici di Siumut, con il 14,88 per cento, dai liberali unionisti dell’Atassut, con il 7,39 per cento, e dal nuovo Qulleq, favorevole alle estrazioni petrolifere e non andato oltre l’1,08 per cento. Un quadro talmente frammentato da non permettere l’immediata formazione di un governo capace di trovare la maggioranza tra i 31 seggi dell’Assemblea locale dell’Inatsisartut. Una situazione in cui una maggiore pressione statunitense potrebbe spostare gli equilibri politici.

“La nostra integrità e democrazia devono essere rispettate, senza alcuna ingerenza esterna”, ha aggiunto Egede sui social. “Poiché facciamo parte del mondo, non possiamo evitare la cooperazione con altri Paesi. Tuttavia, è necessario farlo nel rispetto degli accordi e delle leggi internazionali”. Per il premier uscente però, in questo senso, la Groenlandia non può più fidarsi degli Usa. “Fino a poco tempo fa potevamo fidarci tranquillamente degli americani, che erano nostri alleati e amici e con i quali ci piaceva collaborare a stretto contatto. Hanno dimostrato rispetto nei nostri confronti come comunità e abbiamo costruito buoni rapporti che sarebbero potuti durare per molti anni”, ha rimarcato Egede a Sermitsiaq. “Ma quel tempo è finito, dobbiamo ammetterlo, perché la nuova leadership americana è completamente e totalmente indifferente a ciò per cui ci siamo battuti insieme finora, perché ora a loro importa solo di impossessarsi del nostro Paese al di sopra della nostra volontà”.

“Abbiamo tentato tutte le opzioni diplomatiche e democratiche, ma tutto si è ritorto contro di noi di fronte alla volontà di Donald Trump e della sua amministrazione di possedere e controllare la Groenlandia”, ha proseguito il premier uscente dell’isola, cha ha lanciato un appello sia a livello nazionale che internazionale a fare presto per evitare di essere annessi dagli Usa. “Dobbiamo quindi affrontare la gravità della situazione e riconoscere che ogni minuto è prezioso per impedire che il sogno americano di annettere il nostro Paese diventi realtà e per questo abbiamo bisogno di un governo groenlandese dinamico e risoluto, in grado di agire a nome della popolazione”.

“L’aggressiva pressione americana contro la società groenlandese è ormai così grave che il livello non può essere ulteriormente alzato. Restare uniti in Groenlandia non è servito, parlare apertamente non è servito e il tentativo diplomatico di dialogo è stato vano. Ora la comunità internazionale deve rispondere”, ha concluso Egede. “Noi in Groenlandia abbiamo fatto tutto il possibile per far capire agli americani che con le loro continue pressioni stanno colpendo la popolazione e violando la nostra sovranità. Ma non è successo nulla con l’amministrazione Trump, anzi, la pressione aumenta ogni giorno che passa e ora la comunità internazionale, almeno quella che consideriamo amica e alleata, deve intervenire invece di rilasciare piccole e titubanti dichiarazioni di sostegno”.

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