Come vivono i migranti dopo lo sgombero del campo profughi di Idomeni
Dopo la chiusura del centro di accoglienza allestito al confine greco-macedone, migliaia di migranti sono rimasti bloccati nel porto ateniese del Pireo
Con la chiusura della rotta balcanica e lo sgombero del campo profughi di Idomeni, al confine con la Macedonia, i migranti rifiutano di continuare il proprio tragitto e sono costretti a doversi fermare al porto del Pireo, a circa 10 chilometri a sud dal centro di Atene.
La questione del flusso migratorio, che continua a colpire l’Europa e in particolar modo i suoi paesi periferici, sta mettendo in discussione il futuro del vecchio continente.
L’emergenza profughi ha infatti portato alla luce l’incapacità di molti paesi europei di affrontare questa grave crisi umanitaria attraverso coordinate ed efficaci politiche di accoglienza ed immigrazione. Paesi come l’Italia e la Grecia, che si affacciano sulle frontiere esterne dello spazio Schengen, sono di conseguenza quelli più colpiti dall’arrivo dei migranti.
Nell’ultimo anno, è stata soprattutto la Grecia, a causa della sua posizione geografica scelta come principale rotta dai migranti, a essere uno dei membri dell’Unione europea più colpiti dall’emergenza migratoria.
Infatti, oltre a dover convivere con l’attuale crisi finanziaria, che spinge il governo ellenico a implementare misure di austerità in cambio di aiuti economici, i quali portano tutt’altro che benessere e ripresa, la Grecia si vede costretta anche ad accogliere migliaia di migranti.
Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Ansa, sono più di 350mila i profughi arrivati in Grecia quest’anno e oltre un milione dall’inizio del 2015.
Prima della chiusura del campo d’accoglienza di Idomeni, il terrore dei migranti era di venire intrappolati in uno di questi limbo artificiali al confine con la Macedonia, con l’alta probabilità di essere in seguito deportati in Turchia, a causa delle norme entrate in vigore dopo il criticato accordo trovato tra Unione Europea e Turchia.
Il rifiuto da parte dei migranti di finire in simili centri, li ha spinti ad accamparsi al porto del Pireo, che oltre a essere il principale della Grecia e uno dei più grandi del Mediterraneo, è lo scalo turistico più importante del paese.
Con lo sgombero di Idomeni e la chiusura del confine con la Macedonia, il Pireo si è trasformato in un improvvisato campo profughi, sovraffollato di tende, con carenza di cibo, acqua e servizi igienici. Fino al marzo scorso, si stimava che il numero dei rifugiati accampati nel porto arrivasse addirittura a 14mila, mentre con l’aumento delle temperature la quantità sarebbe calata a circa 2mila persone.
Il sole cocente, l’aria polverosa, la carenza di igiene, l’asfalto incandescente e la mancanza di acqua e cibo hanno portato molti rifugiati, che attualmente vivono nella tendopoli a cielo aperto, a fare il bagno e a pescare in una delle acque più inquinate di tutta la Grecia. Gli ospedali nelle vicinanze del porto hanno registrato numerosi ricoveri di persone avvelenate a causa dell’acqua sporca e contaminata.
Come se non bastasse, ecco che si aggiungono anche tensioni interne tra i migranti di diverse nazionalità, come afghani e siriani. Secondo quanto riferito da un addetto ai lavori al porto del Pireo, le persone di provenienza afghana sarebbero prevalentemente uomini, mentre ci sarebbe una grande maggioranza di donne tra i rifugiati siriani, che dopo aver perso i propri uomini nella guerra o nel tragitto per arrivare in Europa sono rimaste sole.
In tutto ciò, il ruolo del governo greco riguardo all’accampamento improvvisato nel porto ateniese sembrerebbe moderato, dato che ha ordinato di non intervenire con la forza per disperdere i migranti. Negli ultimi mesi il governo guidato dal partito di sinistra radicale Syriza si è impegnato ad allestire 31 campi di accoglienza provvisori distribuiti in tutto il paese, sei di questi ad Atene.
La situazione in Grecia rimane estremamente grave e l’economia ne risente a sua volta. La questione migratoria che continua a colpire il paese ellenico ha causato una diminuzione sostanziale delle presenze turistiche.
Il centro profughi a cielo aperto del Pireo e i continui naufragi nel Mar Egeo vicino alle isole del Dodecaneso hanno ulteriormente indebolito un paese, che oltre a essere già estremamente vulnerabile dal punto di vista economico, deve adesso affrontare una delle emergenze umanitarie più gravi dal secondo dopo guerra.