Google cancella e dimentica
Con il diritto all'oblio i media hanno un nuovo problema: alcuni articoli vengono cancellati dalle ricerche in rete
Lo scorso 13 maggio una sentenza della Corte di giustizia europea ha ordinato a Google di cancellare i risultati di ricerca relativi ai dati personali su richiesta degli interessati, sancendo in questo modo il “diritto all’oblio” in favore dei cittadini europei.
Unica eccezione è il caso in cui “ragioni particolari”, come il ruolo ricoperto dalla persona nella vita pubblica, giustifichino l’ingerenza nei suoi diritti fondamentali. In questo caso, infatti, la Corte ritiene preponderante l’interesse del pubblico ad avere accesso alle informazioni sul suo conto.
Google ha risposto alla sentenza dando la possibilità, a partire dal 30 maggio, di richiedere la cancellazione dei propri dati dalla rete, dopo aver fornito valide motivazioni. In soli quattro giorni dall’annuncio le richieste sono state circa 40mila: il dato evidenzia il forte desiderio da parte degli utenti di eliminare un passato in certi casi scomodo.
L’eliminazione dei link si è rivelata però un problema per diverse testate giornalistiche internazionali che a causa del diritto all’oblio si sono viste cancellare dai risultati di ricerca i collegamenti che rimandano ad alcuni articoli. A denunciarlo per primo è stato James Ball, riportando sul sito del The Guardian l’eliminazione dei link a tre articoli del giornale nella versione inglese di Google che invece compaiono in quella americana del motore di ricerca.
Anche la Bbc ha evidenziato il problema: il giornalista Robert Peston ha denunciato la sparizione di un suo post, risalente al 2007, riguardante Stan O’Neil, ex amministratore delegato della banca d’investimento Merrill Lynch, dalla quale è stato cacciato per aver contribuito al bilancio disastroso della banca e di conseguenza alla crisi finanziaria americana. L’articolo di Peston sul sito della Bbc non era evidentemente congeniale alle aspettative di O’Neil.
Come ricorda Guy Vassall-Adams dello studio legale inglese Matrix Chambers, “la definizione di dati personali si amplia e diventa problematica con la distinzione tra ciò che è davvero privato o ciò che dovrebbe essere pubblico. È necessario definire un equilibrio tra il diritto alla privacy e la libertà di espressione”.
In realtà gli articoli non sono spariti dalla rete: il problema è una nuova e inaspettata difficoltà nel trovarli per l’eliminazione dei collegamenti dai risultati della ricerca Google. La questione potrebbe avere alcuni risvolti etici. Se quello all’oblio è un diritto riconosciuto, è giusto che il diritto all’informazione risulti “falsato” con risultati di ricerca influenzati dalle singole richieste delle persone?
Un’altra possibile conseguenza etica è rappresentata dalla modalità attraverso cui ogni utente può esercitare il suo diritto all’oblio. Alla richiesta, infatti, deve essere allegato un documento d’identità completo di foto e firma digitale. I sostenitori del Google-complotto e della manipolazione dei dati in rete a fini commerciali ritengono che consegnando al motore di ricerca una copia del proprio documento d’identità gli si dia la possibilità di raccogliere in modo più efficiente dati personali, riponendo nelle manli del motore di ricerca la nostra identità.