Colpo di Stato in Myanmar: Aung San Suu Kyi arrestata dai militari. L’esercito prende il potere
Il golpe dopo settimane di tensioni sulle elezioni che a novembre hanno portato alla vittoria della Lega Nazionale per la Democrazia (NLD) di Suu Kyi. Ue: "Ferma condanna. Rilasciare subito detenuti"
L’esercito del Myanmar ha effettuato un golpe, arrestando la leader democraticamente eletta Aung San Suu Kyi (qui il suo profilo), capo del governo birmano e premio Nobel per la pace nel 1991. Il partito della leader del Myanmar ha fatto sapere che la stessa Suu Kyi ha lanciato un appello al popolo a “non accettare il colpo di Stato”. Tutti i poteri sono stati trasferiti al generale Min Aung Hlaing, capo delle forze armate.
Gli arresti sono avvenuti poche ore prima della riunione inaugurale del nuovo Parlamento, recentemente insediato, e poco dopo l’annuncio, da parte dei militari, della dichiarazione di stato di emergenza per un anno e del conferimento della presidenza ad interim al generale Myint Swe, uno dei due vicepresidenti in carica.
Da settimane erano emerse crescenti tensioni tra l’esercito, che ha governato il Paese per quasi mezzo secolo, e il governo civile sulle elezioni del novembre dello scorso anno che il partito della Lega Nazionale per la Democrazia (NLD) di Suu Kyi ha vinto nettamente. La scorsa settimana il portavoce dell’esercito, il maggiore generale Zaw Min Tun, aveva dichiarato che le elezioni, con il pretesto della pandemia di Coronavirus, “non sono state né libere né eque”.
All’agenzia Reuters il portavoce Myo Nyunt ha detto al telefono che Suu Kyi, il presidente Win Myint e altri leader erano stati “catturati” nelle prime ore del mattino. “Voglio dire alla nostra gente di non rispondere in modo avventato e voglio che agiscano secondo la legge”, ha detto, aggiungendo che anche lui si aspettava di essere arrestato. Le linee telefoniche per Naypyitaw, la capitale, erano raggiungibili già dal mattino e anche i media statali birmani (Mrtv) hanno avuto problemi tecnici e non sono stati in grado di trasmettere.
Suu Kyi è stata molto criticata a livello internazionale per la gestione della crisi musulmana Rohingya ma il suo partito gode ancora del sostegno della maggioranza della popolazione e si è aggiudicato a novembre la seconda vittoria nelle elezioni elezioni generali dal 2011, quando la giunta militare che ha governato il Paese per circa 50 anni è stata sciolta. L’esercito aveva mantenuto il controllo su tre ministeri chiave (Interno, Difesa e Confini).
Colpo di Stato in Myanmar: le reazioni internazionali
A condannare immediatamente il golpe in Myanmar sono stati gli Usa di Joe Biden, che hanno chiesto il ripristino della democrazia. “Gli Stati Uniti si oppongono a qualsiasi tentativo di alterare il risultato delle recenti elezioni o di ostacolare la transizione democratica del Myanmar, e agiranno contro i responsabili se questi passi non saranno invertiti”, ha detto la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, in una dichiarazione.
L’Onu ha condannato “fermamente” il golpe in Myanmar. “Questi sviluppi sono un duro colpo alle riforme democratiche in Birmania”, ha scritto in una nota il segretario generale Antonio Guterres. “Le elezioni generali dell’8 novembre 2020 danno un forte mandato alla Lega nazionale per la democrazia (Nld), riflettendo la chiara volontà del popolo birmano di continuare sulla strada conquistata a fatica della riforma democratica”, ha aggiunto, chiamando i leader militari “a rispettare la volontà del popolo birmano e ad aderire a standard democratici, ogni controversia deve essere risolta attraverso un dialogo pacifico”.
“Condanno fermamente il colpo di stato dei militari” in Birmania “e chiedo un immediato rilascio dei detenuti. I risultati elettorali e la costituzione devono essere rispettati. Il popolo” della Birmania “vuole la democrazia. L’Ue è con loro”, ha scritto l’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell, su Twitter.
La ministra degli Esteri australiana, Marise Payne, ha dichiarato: “Chiediamo ai militari di rispettare lo stato di diritto, di risolvere le controversie attraverso meccanismi legali e di rilasciare immediatamente tutti i leader civili e altri che sono stati detenuti illegalmente”.
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