Ecco perché è semplice verificare se Giuseppe Conte è stato a fare ricerca alla NYU e a Yale
Di quali attività di ricerca tengono traccia le università statunitensi e cosa invece non viene registrato?
Negli ultimi due giorni si è molto discusso sul curriculum del candidato premier Giuseppe Conte, e in particolare sul perfezionamento degli studi che dichiara di aver condotto presso la New York University, negli Stati Uniti, dal 2008 al 2012 per almeno un mese ogni estate.
La portavoce dell’università ha dichiarato a TPI che non risulta “che Giuseppe Conte sia stato all’Università come studente o membro della facoltà”. Tuttavia ha precisato che “mentre Conte non ha uno status ufficiale alla NYU, gli è stato garantito il permesso di effettuare ricerche nella biblioteca giuridica della NYU tra il 2008 e il 2014, e lui ha invitato un docente di diritto a far parte del board di una rivista italiana di diritto”.
Un ricercatore dell’Università di Firenze, Ettore Lombardi, che è anche allievo di Conte, ha parlato di un “caso ridicolo montato sull’ignoranza del mondo accademico”, dal momento che “il visiting researcher non appare nei registri“.
Ma è davvero così? Di cosa tengono traccia le università statunitensi e cosa invece non viene registrato?
TPI ha provato a capirlo facendo una serie di verifiche.
Prima di tutto abbiamo contattato l’ambasciata statunitense a Roma, che ci ha confermato che chiunque si rechi a fare ricerca negli Stati Uniti ha bisogno di uno tra i due seguenti tipi di visti.
- il visto di categoria J dedicato agli scambi culturali promossi dal Dipartimento di Stato americano, e rivolto a studenti di tutti i livelli, ricercatori o professori;
- il visto di categoria F, destinato a coloro che intendono effettuare studi accademici negli Stati Uniti.
Basterebbe quindi verificare se il professor Conte ha usufruito di questo tipo di visti per capire se si è recato negli Usa per svolgere attività di ricerca.
Se, invece, Conte si fosse recato negli Stati Uniti con visto turistico, sarebbe forse il caso di porsi qualche domanda in più sul suo soggiorno.
Potenzialmente, infatti, il professore avrebbe anche potuto semplicemente recarsi alla New York University, chiedere il permesso di usufruire della biblioteca e utilizzarla.
In questo secondo caso, alcuni potrebbero considerare eccessivo inserire l’esperienza nel suo curriculum.
L’ambasciata statunitense in Italia, chiaramente, non può fornire i registri dei visti richiesti da privati cittadini per motivi di privacy, ma Conte stesso potrebbe intervenire per chiarire questo punto e sedare le polemiche.
Inoltre, se Conte ha soggiornato presso la New York University come visiting researcher, come ha sottolineato il suo allievo, probabilmente è stato in qualche modo tracciato dall’università.
Come è facile verificare sul sito della NYU e della sua Law School, esistono infatti programmi specifici per visiting scholars e visiting researchers, come accade in molte altre università, tra cui anche la Law School di Harvard.
Ma se esistono questi programmi, e Conte non vi ha partecipato (perché non è stato tracciato) può considerarsi ugualmente visiting researcher?
TPI ha contattato gli Uffici per le relazioni internazionali di varie università, nonché la Fulbright Commission (Commissione per gli Scambi Culturali fra l’Italia e gli Stati Uniti) per capire quali sono le obbligazioni internazionali di tracciabilità di un ricercatore in visita all’estero, ed è in attesa di risposta. Questo articolo verrà aggiornato con le loro eventuali risposte e chiarimenti.