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“Combattenti, volontarie, madri: così le donne ucraine dimostrano la propria forza”. Parla la giornalista Nataliya Kudryk

Immagine di copertina
Protesta contro la guerra in Ucraina. Credit; EPA/NARONG SANGNAK

“Alcune famiglie già nel 2014 erano scappate dalla Crimea o dal Donbass, stabilendosi vicino Kiev. Ora stanno rivivendo un incubo, devono scappare per la seconda volta”. Nataliya Kudryk è una giornalista ucraina che da 16 anni vive in Italia e che lavora come inviata speciale per Radio Liberty. In questi giorni sta collaborando attivamente con i media italiani per commentare quel che sta succedendo in Ucraina e, come racconta a TPI.it, è in costante contatto con parenti e amici nel Paese dove è in corso l’offensiva su larga scala da parte della Russia.

Che tipo di testimonianze le arrivano dall’Ucraina?

Ho dei parenti che sono riusciti a scappare dai territori già occupati dai russi, a nordovest di Kiev, dove c’è Irpin’, Buča e l’aeroporto militare di Hostomel, che è stato bombardato. Mentre attraversavano i cosidetti “corridoi umanitari” i russi prima hanno controllato i documenti, le macchine, avevano visto che dentro c’erano i bambini. Ma appena la colonna di macchine iniziava a muoversi loro sparavano. Hanno visto due donne venire uccise dai russi.

E prima di fuggire in che condizioni vivevano?

Disastrose: vivevano nei sotterranei con i bambini. Non avevano la luce, il gas, il riscaldamento, la connessione internet era scarsa. Per fortuna erano in campagna e avevano qualcosa da mangiare. Però era molto pericoloso perché non potevano uscire.

Era troppo pericoloso?

I russi non permettevano loro di circolare liberamente. Erano molto ostili, sparavano sulle macchine in fuga, sulle famiglie. L’abbiamo visto a Irpin, dove una famiglia è stata uccisa da colpi di mortaio durante l’evacuazione da Kiev. Il sindaco di Hostomel, Yuriy Prylypko, è stato ucciso pochi giorni fa insieme ad altri due volontari, mentre portava cibo e medicinali alle persone bisognose della cittadina.

Gli ucraini all’estero stanno dando una mano?

Sì, molti di loro contribuiscono a organizzare le consegne degli aiuti umanitari. Io conosco di più la realtà italiana, ovviamente, ma da quello che leggo succede anche da altri Paesi europei. Solo in questi Paesi vivono 3 milioni di cittadini ucraini. Molti aiutano anche a ricevere profughi in Europa, in questi casi i contatti sono fondamentali.

Qual è il ruolo delle donne in questa guerra?

Questo conflitto, che noi chiamiamo “grande guerra patriottica per la liberazione dell’Ucraina”, le donne hanno assunto un ruolo molto forte e significativo. Innanzitutto ci sono quelle che, anche se hanno famiglia, che hanno deciso di prendere le armi e andare sul fronte, per difendere la loro patria e il futuro dei loro figli. Vogliono che loro possano vivere nel Paese democratico che è esistito negli ultimi trent’anni. Il percorso democratico dell’Ucraina dal 1991 è stato molto difficile, con diverse problematiche e tappe difficili. Nonostante tutto, è chiaro che l’Ucraina ha intrapreso questo cammino politico democratico verso l’Occidente. Per non perdere l’indipendenza che abbiamo acquisito, le donne vanno a difendersi. Attenzione, loro non lottano per avere più potere, non hanno messo neanche un piede fuori dal confine dell’Ucraina, difendono il proprio Paese e il futuro dei figli.

Questa è anche una guerra digitale, di informazione. Le donne sono impegnate anche su quel fronte?

Sì, ci sono donne che combattono sul “fronte digitale”, per attaccare i siti russi. Sono anche molto attive sui social per raccontare quello che sta succedendo in Ucraina. cercando di raggiungere e sensibilizzare l’opinione pubblica russa. Danno anche consigli ai russi su dove trovare informazioni sui loro cari che sono in guerra.

La decisione di queste donne non è scontata, mentre gli uomini di una certa fascia d’età sono obbligati a restare nel Paese, loro possono scegliere.

Sì. Poi ci sono molte altre donne, alcune partite anche dall’estero, che sono andate sul fronte e aiutare come infermiere o all’interno della rete del volontariato. Ho molte amiche che adesso lavorano per assicurarsi che gli aiuti umanitari arrivino in tempo sul fronte o nelle città che sono sotto assedio degli occupanti russi. Erano maestre, avvocatesse, hanno lasciato il proprio lavoro e ora aiutano come possono, cuciono bandiere ucraine, preparano garze per i feriti, preparano pacchetti di pranzo al sacco per i soldati al fronte.

Come è organizzata la rete del volontariato?

Questo movimento volontario non è nato spontaneamente nelle ultime due settimane. Già da 8 anni in Ucraina si è formata una rete molto efficace. Nel 2014 l’esercito ucraino era abbastanza debole. Dal governo c’erano dei finanziamenti per rinforzare l’esercito, ma la stragrande maggioranza degli aiuti è stata fornita proprio dai volontari. Per questo ora ci sono state basi abbastanza forti. L’emergenza ora è stata quasi mondiale, visto che tutto il mondo civile occidentale appoggia l’Ucraina, e quindi su questi volontari che lavorano al fronte per aiutare cade davvero un grosso peso, per sostenere coloro che combattono sul fronte ma aiutano anche la popolazione civile che soffre.

Poi ci sono le donne che tentano di proteggere i figli.

Non difendono solo i propri figli, ma anche i figli degli altri. Ci sono donne che organizzano l’evacuazione e l’accompagnamento dei bambini dagli orfanotrofi e dagli ospedali, inclusi i minori disabili. Nella città di Kharkiv, ad esempio, intere strutture devono essere evacuate, e le donne si sono assunte la responsabilità di salvare questi bambini più bisognosi.

Ce ne sono altre che lasciano il Paese con i loro bambini.

Scelgono di salvarli anche a costo di spezzare le famiglie. Parlando con le amiche che conosco, ho visto che molto spesso il peso psicologico più grande, la decisione su come reagire in questa situazione di shock, cade proprio sulle donne. Ad esempio, se il marito non è andato sul fronte, spesso ha paura di trasferirsi all’estero, perché per lui è una realtà sconosciuta e non ha il coraggio di affrontarla. Preferisce rimanere a casa, e poi decidere cosa fare. Invece la moglie prende i bambini esi trasferisce all’estero per salvarli, anche se l’ambiente è completamente estraneo e se non parla le lingue. A costo di allontanarsi dai mariti e dagli anziani genitori.

Altre invece scelgono di rimanere lì.

Sì, anche se magari avevano la possibilità di fuggire all’estero. Dicono che sono nate lì e vogliono rimanere lì. Un’altra categoria di donne a cui va il mio pensiero di sostegno sono quelle che sono state costrette a partorire nei bunker.

Cosa pensi della morte della donna incinta che è stata soccorsa a Mariupol, e portata fuori in barella dall’ospedale bombardato?

È la conferma che colpiscono donne e bambini. Un fatto così grave e clamoroso che non serve aggiungere altro per commentare.

Abbiamo letto di storie impressionanti.

Mi fanno tenerezza e rabbia al tempo stesso. Devono avere una tenacia incredibile per sopportare il parto in questi sotterranei non allestiti per questo tipo di situazioni. Non posso neanche immaginare. Queste donne sono veramente eroine, difendono il grido di vita che nasce e, con esso, il futuro dell’Ucraina. Ma vorrei sottolineare un’altra cosa sulle donne.

Quale?

La forza femminile non si sta mostrando adesso per la prima volta. Durante la storia ucraina le donne hanno sempre avuto un ruolo molto importante. Le donne ucraine lottano per l’indipendenza della propria terra già dai tempi della prima guerra mondiale, quando il Paese non era indipendente.

In che modo?

Si sono unite ai combattenti ucraini della “Legione Ukrainski sichovi strilzi”, un battaglione di volontari che faceva parte dell’esercito austro-ungarico. Dai documenti storici risulta che ci fossero più di trenta donne, anche se non abbiamo un numero preciso. Dopo la fine della prima guerra mondiale, si è iniziato a sviluppare il movimento di emancipazione femminile in Ucraina.

Ci fa un altro esempio?

L’Ucraina è sopravvissuta alla grande carestia stalinista, nel 1932-1933, chiamata Holodomor. Sono morte tra 4 e 7 milioni di ucraini, soprattutto contadini. È stato praticamente un genocidio del popolo ucraino, la popolazione è stata messa in condizione di morire per fame, per la collettivizzazione stalinista. Questo è stato un trauma molto grande per l’intera nazione. Poi anche durante la seconda guerra mondiale sono morti milioni di ucraini. E anche in questo caso, per ricostruire il Paese, il ruolo delle donne è stato fondamentale.

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