Popolo contro potenti, o potere al popolo? Radiografia dei gilet gialli francesi
Gilet gialli Francia
Da Parigi – Si respira aria di rivoluzione, qui Oltralpe. Tutti i sabati, dal 17 novembre scorso, le strade e le piazze di Francia sono il palcoscenico di manifestazioni contro il governo che si trasformano spesso in vera e propria guerriglia urbana [qui tutti gli ultimi aggiornamenti].
“Atto” dopo “atto”, come a teatro, migliaia di persone munite di simbolici gilet gialli si riuniscono nei punti caldi del paese al grido comune di “Macron Démission”, scontrandosi violentemente con le forze dell’ordine. Le strade e le piazze si tingono di giallo, ma solo per un attimo, prima che le scariche dei gas lacrimogeni lanciati dalla polizia producano una coltre così irrespirabile, così pesante, che è difficile vedere al di là del proprio naso.
Chi si arrabbia e chi prova ad approfittarsene – Non si può restare indifferenti di fronte a tanta rabbia. La rabbia, raccontano alcuni, di chi fatica ad arrivare a fine mese mentre il presidente taglia la patrimoniale. La rabbia di chi guadagna 400 euro al mese e non ce la fa nemmeno con i sussidi dello Stato, poca cosa. La rabbia cieca e sorda di chi non si è potuto permettere un’istruzione, di chi perciò non vuole nemmeno provare a capire, ma solo distruggere. La rabbia irresistibile che nasce dall’impotenza degli ultimi.
Il vicepremier italiano, Luigi Di Maio, non ci ha messo molto a “ringalluzzirsi” e ha provato a cavalcare l’onda di tutta questa rabbia, che lui e il suo collega Salvini hanno visto come uno strumento appetibile per neutralizzare le sinistre moderate, già in crisi, alle elezioni europee del prossimo maggio.
Nel suo post indirizzato ai gilet gialli, Di Maio aveva provato a tendere la mano ai rivoltosi francesi, rivolgendosi a loro al modo di un vecchio amico, o di un fratello maggiore desideroso di mettere a disposizione la sua lunga esperienza.
Ma il leader M5S ha dimenticato un fattore fondamentale, vale a dire che quello francese è un popolo troppo fiero, troppo pieno di sé e della propria storia per accettare l’aiuto di un politicante qualsiasi per di più straniero. Di Maio non ha capito che ai francesi piace troppo distinguersi, far di testa loro. I francesi sono delle prime donne.
“Abbiamo cominciato da soli, da soli finiremo” – Difatti, la risposta di Eric Drouet, una delle figure emblematiche del movimento dei gilet gialli, non ha tardato ad arrivare: “Signor Luigi Di Maio. Noi gilet gialli abbiamo cominciato un movimento che è stato, fin dal primo momento, apolitico. Non sarebbe diventato ciò che è oggi senza questo aspetto. Noi perciò rifiuteremo ogni tipo di aiuto politico, indipendentemente da dove esso venga. Rifiutiamo dunque il suo aiuto. Abbiamo cominciato soli, da soli finiremo”, firmato : “i gilet gialli”.
Non si può negare che il movimento finisce così per rischiare di arenarsi in una contraddizione, che consiste nell’avere rivendicazioni politiche pretendendo al tempo stesso di non fare politica. Di questa aporia la maggior parte dei muniti di gilet non sembra molto consapevole. Thomas Miralles, il portavoce catalano del movimento, sostiene con viva convinzione che qualunque tipo di collusione con la politica nuocerebbe alla rivoluzione che si sta facendo. Se ha ragione o no, solo il futuro lo dirà.
Delusi e senza un leader – Il punto chiave, tuttavia, sta nel rifiuto da parte dei gilet gialli di qualsiasi tipo di capo. Se fosse una patologia, la si potrebbe chiamare “horror leaderi”, terrore del leader. A differenza del Movimento Cinque Stelle, che è nato sotto l’influenza più o meno carismatica di Beppe Grillo, il movimento dei gilet gialli è cresciuto su Internet in modo del tutto spontaneo.
Si tratta di persone profondamente deluse dal principio di rappresentanza su cui le nostre democrazie parlamentari si fondano. “La nostra libertà si esaurisce in un solo giorno, quello in cui andiamo a votare. In seguito, non abbiamo più nessuna voce in capitolo”, è la rimostranza principale di moltissimi gilet gialli. Per questo, il movimento ha come proposta fondamentale l’istituzione del referendum d’iniziativa cittadina (Ric), strumento di democrazia diretta che dovrebbe avere, secondo i suoi ideatori, una forza al tempo stesso legislativa, abrogativa e consultiva.
In altre parole, il popolo rivendica per sé il diritto di proporre, fare e annullare le proprie leggi (quali e in che termini, non è ancora chiaro). Sollecitato a essere più specifico, il portavoce catalano Thomas Miralles ha così spiegato : “Ad esempio, l’abolizione del Senato. I cittadini dovrebbero poter decidere se quest’organo sia o no veramente utile e, eventualmente, eliminarlo”.
“Le Grand Débat” : Atto finale ? – Dal canto suo, il presidente francese è ogni giorno che passa sempre più alle strette: isolato all’esterno, con l’avanzare dei populisti e dei sovranisti e la fine imminente del “Regno Merkel”, si trova ora minacciato nelle sue funzioni anche da dentro. Dopo avere annunciato l’aumento di 100 euro del salario minimo (SMIC), tagli sulle tasse dei pensionati e l’introduzione di un premio di fine anno pari a 1000 euro per i dipendenti delle aziende che possono permetterselo, il presidente francese ha ora indetto un “Grand Débat” (Grande Dibattito) nazionale, che durerà due mesi.
Si tratta di un “jamais vu” nella storia della politica francese. Sarà capace Emmanuel Macron di quietare gli animi in vista del molto probabile Atto X previsto per sabato prossimo?