La Germania spinge per i rimpatri forzosi dei migranti in Afghanistan, nonostante i talebani
La situazione in Afghanistan si fa sempre più complessa: continua l’avanzata dei talebani che potrebbero arrivare a prendere la capitale Kabul entro 90 giorni, tornando al potere 20 anni dopo essere stati deposti dall’intervento militare guidato dagli Stati Uniti.
Uno scenario che spaventa alcune Stati membri dell’Unione Europea. In una lettera inviata ai commissari europei responsabili per la migrazione, Margaritis Schinas e Ylva Johansson, Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Grecia e Olanda chiedono di non fermare i rimpatri di migranti afghani. “Fermare i rimpatri – si legge – è un segnale sbagliato e probabilmente fornirà ulteriori motivazioni ai cittadini afgani a lasciare casa per dirigersi in Ue”. La Commissione Europea ha confermato di aver ricevuto la missiva dai sei stati, un portavoce ha però sottolineato che la questione se rimpatriare o no è di competenza nazionale.
La lettera ha suscitato un coro di indignazione generale, con una presa di posizione molto dura da parte di Ong e organismi umanitari, e ieri alla fine Germania e Olanda hanno deciso di sospendere i rimpatri, sia pure di malavoglia, tanto che il responsabile tedesco degli Interni Horst Seehofer ha annunciato che la misura riprenderà “non appena la situazione lo renderà possibile”.
Una richiesta che appare incomprensibile, tanto più se al momento è da escludere, come sottolinea la Commissione, uno scenario come quello del 2015, con la fuga dalla Siria di 1,3 milioni di persone. Le ultime notizie fornite da Emergency riportano di migliaia di nuovi sfollati accampati in tende di fortuna che cercano salvezza dai combattimenti che infuriano intorno a città e posizioni strategiche. Nel complesso le persone che hanno lasciato le loro abitazioni in questo martoriato Paese ammonterebbero a oltre 400mila.
“La Germania non può chiudere gli occhi davanti alle situazione dell’Afghanistan in continuo peggioramento”, dice una dichiarazione congiunta firmata tra gli altri da Pro Asyl, Pane per il mondo, Misereor e Medico international. Secondo le Ong, “ogni respingimento in Afghanistan è una violazione del diritto internazionale”. Severo anche il giudizio di Catherine Woollard, direttrice del Consiglio europeo su Rifugiati ed esiliati, che denuncia la strategia europea “basata solo sull’idea di impedire di arrivare ai richiedenti asilo, attraverso accordi con Paesi poco democratici”.
Il rimpatrio in Afghanistan viene deciso di volta in volta in base alle considerazioni sulla sicurezza del Paese, ha spiegato ieri il portavoce del ministero degli Interni, Steve Alter, in conferenza stampa. Nel fine settimana, con la conquista dei Talebani di Kundus, ex postazione della missione tedesca, il ministero degli Esteri di Berlino potrebbe rivedere e attualizzare la stima sulle condizioni di sicurezza nel Paese.
L’Italia, secondo l’Onu, ne ha poco più di 12 mila, e 1300 chiedono asilo. A fine luglio la Guardia costiera turca ha intercettato una barca diretta in Italia con 208 afgani a bordo, ma in termini numerici l’Afghanistan conta appena il 3 per cento dell’immigrazione nel nostro Paese.