George Floyd ha ripetuto “I can’t breathe” 20 volte prima di morire. E Chauvin rispondeva: “Allora smetti di parlare”
Quella frase disperata, “I cant’breathe”, diventata a livello mondiale lo slogan della protesta antirazzista del movimento Black Lives Matter, George Floyd l’ha ripetuta ben 20 volte prima di morire, soffocato dal ginocchio dell’agente Derek Chauvin lo scorso 25 maggio.”Mi uccideranno, mi uccideranno”, continuava a ripeteva George, che in quegli istanti invocava la sua famiglia, mentre il poliziotto lo invitava a “non parlare, non urlare” visto che “ci vuole un sacco di ossigeno” per farlo.
Questi, in sostanza, gli scambi della conversazione avvenuta tra Chauvin e Floyd prima che il 46enne morisse soffocato, scambi che non erano finora stati resi noti al pubblico. Nella giornata di ieri, però, la trascrizione dei video registrati dalle body cam degli agenti è stata presentata in tribunale dall’avvocato di Thomas Lane, uno dei quattro poliziotti incriminati per l’omicidio dell’afroamericano a Minneapolis. Sia Lane che Alexander Kueng e Tou Thao, gli altri agenti, sono stati licenziati dalla polizia e attualmente si trovano sotto accusa per favoreggiamento in omicidio, rischiando fino a 40 anni di carcere. Una condanna che rischia anche lo stesso Chauvin, che è invece accusato di omicidio di secondo grado e che aveva già dei precedenti per comportamento violento. La trascrizione presentata dal legale di Lane è un documento di 82 pagine, a cui se ne aggiungono altre 60 di sue deposizioni. Secondo quanto riportato George Floyd, ancora prima di finire a terra con il ginocchio di Chauvin sul collo, diceva agli agenti di essere claustrofobico e di non riuscire a respirare quando loro gli intimavano di salire in auto. “Rilassati”, era stata la risposta di Thao, mentre Lane gli consigliava di fare un respiro profondo.
Floyd, che era stato fermato dagli agenti in seguito alla segnalazione di un negoziante per aver pagato un pacchetto di sigarette con una banconota da 20 dollari falsa, avrebbe dunque fatto presente agli agenti, più volte e con una certa insistenza, di non riuscire a respirare bene. Quando poi Lane ha proposto a Chauvin di girare l’uomo sul fianco, il collega si sarebbe rifiutato: “Sta fermo qua dove lo abbiamo messo”. Solo quando Floyd ha iniziato a sanguinare dalla bocca, Lane ha chiamato i soccorsi. “Penso che stia svenendo”, sono state sempre le parole di Lane mentre l’ambulanza tardava ad arrivare. Quando Floyd ha infine perso i sensi, gli agenti hanno iniziato a cercare il polso, ma Kuend affermava di non trovarlo. Prima dell’arrivo dei soccorsi sono poi passati altri due minuti, nel corso dei quali Chauvin continuava a tenere il ginocchio sul collo del 46enne. Il resto della storia è tristemente noto: Floyd è stato trasportato in ospedale già morto.