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Sovrapprezzi, tasse, promozione del riuso e limiti alla pubblicità: così la Francia vuole contrastare la Fast Fashion

Immagine di copertina
Credit: AGF

La Francia vuole limitare l’impatto negativo della Fast Fashion sull’ambiente imponendo un sovrapprezzo ai capi di abbigliamento, la promozione del riuso e del riciclo sulle piattaforme del settore e una serie di limiti alla pubblicità dei colossi come Shein e Temu. Tutto per frenare l’iperconsumismo.

Il 14 marzo, l’Assemblea Nazionale francese ha approvato all’unanimità una proposta di legge che “limita gli eccessi” della moda ultra-veloce, un testo che prima entrare in vigore dovrà ora essere esaminato al Senato. Se dovesse passare, sarà la prima volta che una nazione legifera contro gli impatti negativi sull’ambiente del settore della Fast Fashion.

La proposta prevede che le piattaforme di e-commerce (come Shein, Temu, Alibaba e TikTok Shop) dovranno promuovere il riuso e la riparazione dei capi di abbigliamento e pubblicare informazioni sull’impatto ambientale dei loro prodotti, evidenziandole vicino al prezzo di vendita.

Le autorità francesi poi imporranno anche dei limiti alle pubblicità che incoraggiano l’acquisto di abiti e accessori prodotti dai colossi della moda ultra-veloce. Soltanto Shein infatti, che è stata esplicitamente citata in aula durante la discussione della proposta di legge, offre “un numero di prodotti 900 volte superiore a quello di un rivenditore tradizionale francese”, presentando 7.200 nuovi modelli ogni giorno, per un totale di 470mila prodotti a disposizione del consumatore.

Se la norma dovesse passare, a partire dal prossimo anno, sarà inoltre introdotta un’imposta ambientale sui vestiti a basso costo,  che si tradurrà in un sovrapprezzo di almeno cinque euro a capo, una cifra che raddoppierà fino a dieci euro entro il 2030 ma senza mai superare il 50 per cento del prezzo totale di listino.

Parigi intende anche imporre una tassa che penalizza i soggetti che si riveleranno incapaci di gestire in maniera socialmente responsabile l’intero ciclo di produzione – dalle materie prime allo smaltimento dei prodotti finali – tenendo conto dell’impatto ambientale di abiti e accessori.

Le nuove risorse raccolte da queste tasse e imposte, nelle intenzioni dei legislatori, dovrebbero a finanziare i processi di riciclo del tessile, i bonus per le aziende dell’abbigliamento che producono capi a basso impatto ambientale, i rimborsi per chi sceglie di riparare i vestiti invece di gettarli via e una campagna di pubblicità progresso contro lo spreco nel settore.

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