Florida, donna costretta a partorire il figlio che morirà. Il figlio è malato ma non può abortire
Tra poche settimane una coppia in Florida avrà un bambino. Eppure si sta preparando a definire i dettagli della sua morte: il bimbo nascerà, ma è destinato a non sopravvivere più di venti minuti – mezz’ora, a causa di una grave malformazione. Il caso, raccontato dal Washington Post, ha assunto rilievo nazionale perché è un paradigma degli effetti del divieto d’aborto negli Stati Uniti: la donna è stata costretta a portare avanti la gravidanza nonostante sia certa che il figlio morirà.
I medici si sono rifiutati di farla abortire, per non incorrere nelle sanzioni previste dalle nuove restrizioni fissate dal governatore repubblicano, Ron DeSantis. In Florida la nuova legge vieta l’aborto dopo la quindicesima settimana, a parte casi eccezionali. Deborah Dorbert non è riuscita a interrompere la gravidanza, per motivi terapeutici, perché il diritto federale all’aborto, in vigore dal ’73, è stato soppresso dalla decisione della Corte Suprema, presa il 24 giugno dell’anno scorso.
Nonostante la legge preveda alcune eccezioni, nessun medico consultato dalla coppia ha voluto praticare l’aborto, nel timore di incorrere in sanzioni. Deborah e il marito non sono anche riusciti ad andare in un altro Stato con meno restrizioni per via dei costi eccessivi. “Sono veramente arrabbiata che siano i politici a stabilire cosa è meglio per la mia salute. Avremmo fatto di tutto per avere questo bambino”, ha detto la giovane mamma al Washington Post.
“Deborah sta dedicando gli ultimi giorni prima della nascita del suo bambino a pianificare i dettagli della sua morte – si legge sul Washington Post – lei e suo marito avvolgeranno il neonato in una coperta calda, mostreranno il loro amore e piangeranno. Hanno già deciso di far cremare il suo corpicino e stanno già cercando una maniera per commemorarlo”. Niente urna però: forse una statuetta di vetro infusa di cenere, o un ornamento con l’impronta di un dito. Una storia che lascia davvero senza parole.