La maggior parte dei filippini pensa che la guerra alla droga uccida soprattutto i poveri
Per il 60 per cento degli abitanti delle Filippine le vittime della guerra alla droga voluta dal presidente Duterte sono quasi esclusivamente poveri e piccoli spacciatori. 3.800 persone sono state uccise dall'inizio delle operazioni nel luglio 2016
Uno studio realizzato dall’istituto di ricerca sociale Social Weather Stations nel giugno 2017 rivela che la maggior parte dei filippini crede che siano solo poveri e piccoli spacciatori a venire uccisi nella violenta guerra alla droga voluta dal presidente Rodrigo Duterte per combattere il narcotraffico nel paese.
Al sondaggio hanno risposto 1.200 persone. Il 60 per cento degli intervistati ha detto di credere che la frase “I pusher ricchi non vengono uccisi, mentre quelli più poveri sì” sia vera.
Di questo 60 per cento, il 33 ha affermato di essere assolutamente convinto del fatto, mentre il 27 ha detto di essere abbastanza d’accordo. Solo l’11 per cento del campione si è detto in totale disaccordo.
Nell’area metropolitana di Manila, capitale dell’arcipelago del sud-est asiatico, la percentuale delle persone che concordano sale al 75 per cento.
Le forze dell’ordine affermano di uccidere i presunti spacciatori solo in caso di resistenza all’arresto. Le percentuali tra chi ci crede e chi no, in questo caso, non sono troppo differenti: rispettivamente il 25 e il 28 per cento. Il 48 per cento del campione si è detto incerto sulla verità.
Il presidente Rodrigo Duterte ha detto più volte di essere in possesso di una lista di seimila presunti signori della droga che gestiscono buona parte del narcotraffico nelle Filippine. Il 74 per cento degli intervistati dai sondaggisti di Social Weather Stations crede che Duterte debba rivelarne pubblicamente i nomi e portarli in tribunale. Solo il 12 per cento si è detto contrario.
Dall’inizio delle operazioni di polizia nel luglio 2016 sono state più di 3.800 le persone rimaste uccise. La cifra delle vittime, però, potrebbe essere molto più alta, in quanto i dati ufficiali non tengono conto delle persone uccise dai vigilantes privati che in questi mesi hanno collaborato con le forze dell’ordine.
Governo e polizia hanno più volte respinto le accuse di scarsa trasparenza avanzate dalle associazioni a difesa dei diritti umani e dagli oppositori di Duterte. Le critiche alla guerra al narcotraffico e al crimine sarebbero esagerate e montate ad arte per una strumentalizzazione in senso politico.
Nonostante la condanna quasi unanime della comunità internazionale alle politiche repressive attuate da Duterte, il presidente ha ancora il supporto di buona parte dell’opinione pubblica locale, soprattutto la classe operaia.