Fenomeno Corea: ecco perché i fan del pop sudcoreano stanno dilagando anche in Occidente
Da Parasite a Squid Game, fino al boom nella musica e nella moda. Le esportazioni di contenuti culturali sono raddoppiate tra il 2016 e il 2019. Ma tutto è iniziato negli anni Novanta. Dall’Asia al mondo arabo, i fan della cultura sudcoreana sono diventati sempre più numerosi
Suoni orecchiabili, una moda riconoscibile, un cinema d’autore sempre più di successo. La cultura K è stata una benedizione per gli affari e l’immagine della Corea del Sud perché l’ha catapultata sulla scena globale, rendendola ancora più ricca e futuristica. Nel 1965, il Pil pro capite del Paese era inferiore a quello del Ghana. Oggi è la dodicesima economia più grande del mondo. Le esportazioni coreane di contenuti culturali sono raddoppiate da 5,1 miliardi di dollari nel 2016 a 10,3 miliardi di dollari nel 2019. Il termine “hallyu”, che letteralmente significa l’onda coreana, fu coniato per la prima volta dalla stampa cinese alla fine degli anni Novanta per descrivere la crescente popolarità della cultura pop coreana in Cina. Un fenomeno diffuso prima in Asia, nel mondo arabo, e poi negli Stati Uniti, alimentato dal ministero della Cultura della Corea del Sud che ha contribuito a questo successo economicamente, investendo nelle industrie creative per migliorare l’immagine del Paese e trasformarlo in un marchio nazionale.
Ma perché la cultura coreana ha raccolto così tanta popolarità a livello globale? «Nella prospettiva del governo, l’hallyu è la soluzione adatta a realizzare un equilibrio tra la realtà di elevato progresso tecnologico e di avanzamento economico raggiunto dal Paese negli ultimi decenni e la sua immagine nel mondo. È considerato un ottimo esempio di “glocalismo”, ossia la Corea del Sud ha saputo rispondere alle minacce del globalismo in modo dinamico e creativo. A ciò ha anche contribuito la creazione del Korean Brand Council, un ente di stato incaricato di sfruttare al meglio le nuove piattaforme multimediali: siti web, social network, Facebook, Twitter, YouTube, e blogs al fine di diffondere l’hallyu dentro e fuori la Corea», spiega a TPI Antonetta Lucia Bruno, prof.ssa di Lingue e Civiltà Orientali presso l’Istituto Italiano di Studi Orientali-ISO.
«Naturalmente non era scontato che potesse avere tanto successo, ma il suo glocalismo ha saputo toccare in modo efficace le corde del pubblico asiatico, refrattario alla “violenza” dei prodotti culturali americani proposti in ambito globale, e invece più inclini ad accettare un prodotto che appare esteticamente più pulito, fondato su sentimenti ed emozioni universali. Una volta divenuto fenomeno internazionale in Asia, soprattutto in Cina, India, Indonesia, la sua espansione in Occidente è stata inevitabile». Come è iniziato tutto? «Lo studioso Michael Shin in “The Korean Wave and “Jewel in the Palace” si domanda perché la Cina, che è uno dei Paesi economicamente più potenti del mondo negli ultimi anni, non abbia accompagnato il successo economico con il dominio culturale in Asia o altrove. Shin sostiene che la Korean wave, l’hallyu, sia diverso dai successi dei film di Hong Kong negli anni Settanta, della cucina e animazione giapponese che sono legati alle dinamiche della Guerra Fredda; quella coreana lo è con il fenomeno di post Guerra Fredda, l’unico grande fenomeno culturale in Asia dopo la guerra fredda».
Dal cinema al fashion
Secondo un sondaggio pubblicato dalla Korea Foundation, il numero di fan di hallyu è aumentato di diciassette volte nell’ultimo decennio e oggi sono circa 160milioni. Oggi la Korean wave si è estesa verso tutte le categorie di beni di consumo, con un maggiore numero di appassionati anche della letteratura e della lingua coreana. Anche il cinema sudcoreano ha raggiunto la stessa fama delle produzioni hollywoodiane. Nel 1999 venne realizzato il primo film coreano ad alto budget, Shiri, che si rivelò il maggior successo commerciale di tutti i tempi in Corea con incassi superiori a Titanic. Poi nel 2020, il film Parasite, ha vinto la Palma d’Oro e quattro importanti premi alla 92ma edizione degli Academy Awards, tra cui Miglior Regista e Miglior Film, rappresentando un’opportunità per portare i film coreani in tutto il mondo.
Park Chan-wook ha invece vinto la Palma d’Oro come miglior regista all’ultimo festival di Cannes per Decision to Leave. Mentre Squid Game rimane una delle serie più viste su Netflix. L’aumento della quantità e della qualità di film, musica e drammi ha contribuito a sostenere la crescita di hallyu e ad avere un impatto sull’economia coreana. A beneficiare di questo successo anche la K-fashion, come dimostrato dalla settimana della moda a New York dove hanno sfilato anche gli stilisti coreani emergenti. Mentre la tendenza più recente che sta esplodendo in tutto il mondo è il K-Beauty perché i consumatori vogliono la pelle perfetta delle celebrità coreane.
Un motore per l’economia
Il K-pop, che nel corso di trent’anni è cresciuto enormemente, ha svolto un ruolo importante in questa trasformazione. Il successo mondiale di “Gangnam Style” nel 2012, con tre miliardi di visualizzazioni su YouTube, ha fatto si che la mania del K-pop si diffondesse in tutto il mondo. Un successo seguito da un altro, quello dei sette membri della boy band BTS, che ogni anno portano al Paese circa 5 miliardi di dollari e continuano a aumentare la loro popolarità. Il singolo dei BTS “Dynamite”, la prima canzone tutta inglese del gruppo, da sola ha generato un’attività economica di 1,43 miliardi di dollari e circa 8mila nuovi posti di lavoro, secondo uno studio del Ministero della Cultura, dello Sport e del Turismo e del Korea Culture & Tourism Board. I gruppi K-pop BTS e del gruppo femminile Blackpink, paragonabile alle Spice Girls, hanno un numero record di iscritti ai loro canali YouTube e sono entrambi al centro di affari miliardari. Basti pensare che il primo tour mondiale delle quattro componenti la band Black Pink permise loro di incassare 56 milioni di dollari.
Nel gennaio 2021, le Blackpink hanno eseguito il loro primo concerto online a pagamento, The Show, su YouTube, affascinando i 280mila fan, i cosidetti “Blink”, di tutto il mondo che hanno assistito allo spettacolare evento in live streaming. Alcuni mesi prima, il loro video musicale per How You Like That ha raggiunto 100 milioni di visualizzazioni su YouTube in sole 32 ore: all’epoca, era il video più veloce nella storia di YouTube a raggiungere questa impresa. Un successo che si deve alla versatilità della loro moda e musica, e alla provenienza da Paesi diversi delle ragazze, che le ha aiutate a superare le barriere culturali per connettersi con un pubblico più ampio in tutto il mondo. Nel 2021, Spotify ha presentato il suo hub K-Pop globale e gli stream K-Pop medi mensili in tutto il mondo hanno raggiunto oltre 7 miliardi al mese. Oggi, secondo le stime, questi traguardi dell’industria K-Pop generano circa 10 miliardi di dollari per il paese ogni anno.
L’influenza sul turismo
Man mano che i film, i gruppi musicali e i drammi guadagnavano popolarità, molti turisti hanno iniziato a visitare la Corea del Sud per sperimentarne in prima persona la cultura. L’hallyu ha dato così una possibilità anche al turismo coreano, che è cresciuto considerevolmente, e l’effetto collaterale di questo boom turistico è stata una maggiore popolarità anche della cucina coreana. La Korean Tourism Organization ha sfruttato al meglio questo enorme interesse per la Corea offrendo pacchetti molto attraenti ai turisti che possono scegliere dei tour di immersione totale nel mondo del K-pop, nei luoghi del K-fashion dove poter fare shopping, o nei luoghi resi famosi dai drammi e dai film coreani premiati.
Il governo coreano ha anche costruito una K-Culture Valley a Goyang, un luogo in cui i visitatori possono sperimentare i contenuti culturali rappresentativi della Corea, tra cui musica, film, drammi e altre forme di intrattenimento. Inoltre, nella K-Culture Valley verrà creato un parco a tema con contenuti Hallyu, strutture commerciali e di alloggio e spazi eco-compatibili. All’interno è prevista anche un’Arena, un luogo per spettacoli all’avanguardia e uno studio esperienziale che occupa un’area di circa 237mila metri quadrati, l’equivalente di 46 campi da calcio. Nel 2019, prima della pandemia, la Corea del Sud ha guadagnato 21,5 miliardi di dollari dal turismo, attirando un totale di 17,5 milioni di visitatori. Con la crescita turistica internazionale della Corea del Sud prevista a un tasso annualizzato del 3,3 per cento, il governo coreano prevede di aumentare le sue entrate turistiche a 35 miliardi di dollari all’anno entro il 2030.
Cresciuta a Seul e oggi residente a Londra, Fiona Bae è orgogliosa della sua eredità e appassionata nel promuovere il suo Paese e la sua cultura nel resto del mondo. Ha rappresentato il Padiglione Coreano alla Biennale di Venezia e ha appena pubblicato Make Break Remix: The Rise of K-Style (Thames & Hudson), un libro nel quale spiega perché la cultura coreana ha guadagnato la popolarità globale e dove si sta dirigendo. «Mentre la cultura pop coreana ha acquisito la massiccia influenza internazionale, le persone la stanno consumando come immagine senza comprendere il contesto sociale. La gente si chiede se la popolarità della cultura coreana sia una moda passeggera o se durerà. Ho pensato che il modo migliore per rispondere a queste domande fosse intervistare creatori audaci e coraggiosi che stanno plasmando lo stile K», racconta.
«Cresciuti in uno dei paesi più cablati del mondo con un forte desiderio di imparare cose nuove dal valore del confucianesimo, i giovani coreani sono tecnicamente molto esperti e sanno come sfogliare e assorbire tutto ciò che è interessante, che provenga dal Giappone, dagli Stati Uniti, dall’Europa o dall’Africa. I giovani creatori rompono costantemente gli schemi, remixano cose interessanti e creano qualcosa di loro. La trasformazione digitale consente inoltre ai coreani di condividere ciò che creano istantaneamente attraverso i social media. Rompendo i vincoli sociali tradizionalmente oppressivi, lo stile K celebra la ritrovata fiducia, orgoglio e indipendenza». Quale sarà lo sviluppo di questo trend culturale coreano? «I giovani coreani sono ancora alla profonda ricerca della propria identità. Ma con passione e meditazione continua sulla creazione di qualcosa di proprio, credo che lo stile K continuerà a rivelarsi in forme forti e diverse». Una crescita affascinante e sarà interessante vedere come nei prossimi anni continuerà a espandersi e innovarsi per continuare ad avere successo.