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Esiste davvero la dipendenza da pornografia?

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In ambito medico si dibatte sulla possibilità che l'uso eccessivo di pornografia possa creare una vera e propria dipendenza, e addirittura fomentare atti violenti

Non è un segreto che da quando Internet ha fatto la sua
comparsa nei computer di tutto il mondo, alcuni tra i primi contenuti che hanno
cominciato ad essere condivisi sul web siano stati di natura pornografica.

Progressivamente,
poi, quelle che inizialmente erano solo immagini statiche, con l’aumento della
velocità di connessione e l’avanzare della tecnologie, sono diventate veri e
propri video e film, che hanno rapidamente spodestato il mercato classico dell’industria
pornografica a base di VHS e DVD.

Oggi la pornografia su Internet è accessibile con pochi
clic, ovunque e in qualsiasi momento, rendendo così continuamente disponibile
del materiale che fino a pochi anni fa non poteva essere reperito con la stessa
facilità, e tantomeno nei decenni precedenti.

Questa disponibilità totale di immagini sessualmente
esplicite, che rappresentano spesso un’idea del sesso innaturale e distorta, ha
fatto sì che nel corso degli ultimi anni siano diverse le persone che si sono
dichiarate dipendenti dalla pornografia online, spesso con un correlato
disinteresse per la sessualità non virtuale.

Il DSM (Diagnostic and Statistic Manual), ovvero il più
famoso manuale medico sulle patologie conosciute, pubblicato dalla American
Psychiatric Association (APA), osserva che la pornografia può essere
“problematica” per alcune persone, ma la dipendenza da pornografia non è
ancora stata unanimemente accettata dalla comunità scientifica come una
malattia vera e propria.

Nel 2013 è stato pubblicato uno studio in cui alcuni
ricercatori hanno analizzato le risposte cerebrali di 52 persone, tra cui 13
donne, che avevano riferito di aver avuto problemi con il loro consumo di pornografia.
I ricercatori hanno studiato in particolare una risposta del cervello nota come
P300, che di solito aumenta quando le persone hanno modo di visualizzare
immagini relative a una loro dipendenza, per esempio la droga.

I ricercatori si aspettavano di vedere un P300 superiore negli
individui che avevano riportato una maggiore difficoltà a controllare il loro
consumo di porno, ma non è stato questo il caso. I ricercatori hanno quindi concluso
che non si trattasse di vera e propria “dipendenza”, quanto di “compulsione”.

Nonostante questo studio, il problema è evidentemente
presente, se è vero che su Amazon le parole chiave pornography addiction (“dipendenza da pornografia”) offrono più di
1.400 libri e manuali dedicati all’argomento.

C’è anche nella comunità scientifica chi pensa che la
visione di una grande quantità di pornografia possa generare “una maggiore
tendenza alla violenza sessuale”.

Neil Malamuth, professore alla
University of California di Los Angeles, ha condotto ampie ricerche sulla
pornografia, e ritiene che questo dato sia veritiero solo per un genere
specifico di uomini, paragonandola all’alcool: “Se mi chiedessero ‘l’alcol
è buono o cattivo?’, la risposta sarebbe: dipende. Per alcune persone fa
davvero male – persone le cui vite sono state rovinate dal consumo di alcol.
Per altre persone non ha effetti, o può aiutare a liberarsi dallo stress e a rendere
la loro vita sessuale più interessante”.

Malamuth ha condotto una ricerca in cui si dimostra che, tra
gli uomini già a rischio di rendersi protagonisti di aggressioni sessuali,
guardare pornografia è un fattore di rischio aggiuntivo. “Il porno è più un
fattore di rischio secondario. Una volta che si hanno già questi altri fattori
di rischio, l’esposizione alla pornografia potrà attivare le caratteristiche che
la persona già ha, e rendere più probabile la loro espressione attraverso un’aggressione
sessuale”, ha dichiarato il professore.

La buona notizia è che, per coloro che non sono già a
rischio, secondo Malamuth il porno non creerà tendenze violente o sessiste.

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