Era meglio comprarsela la Crimea
Vendere la penisola alla Russia sarebbe convenuto a tutti?
La crisi fra Russia e Ucraina si sarebbe potuta risolvere con un accordo commerciale? L’esperto Rajiv J. Chaudhri del World Policy Institute ha provato ad argomentare su Quartz che, alla modica cifra di 100 miliardi di dollari (circa 74 miliardi di euro) dilazionati in 10 anni, sia l’Ucraina che Putin avrebbero accettato a cedere la penisola di Crimea alla Federazione Russa.
In passato diversi territori hanno cambiato padrone in cambio di denaro: i neonati Stati Uniti nel 1803 comprarono la Louisiana dalla Francia per 15 milioni di dollari (circa 173 milioni di euro al valore attuale). Sempre gli USA acquistarono dalla Russia l’Alaska nel 1867 per 7,2 milioni di dollari (circa 87 milioni di euro al valore attuale). Dunque lo stesso processo sarebbe potuto avvenire per la Crimea?
Chaudhri espone i pro e contro dell’affare, dato che come in ogni transazione economica che si rispetti entrambe le parti devono vedere un guadagno per siglare un accordo. In primo luogo per Putin pagare 10 miliardi di dollari all’anno (circa 7,4 miliardi di euro) non è un impegno eccessivo viste le risorse a sua disposizione. La stessa Russia sarebbe poi stata meno isolata diplomaticamente, prevenendo così la perdita di investimenti esteri (stimata a 36 miliardi di euro) ed evitando la perdita di valore del rublo. Inoltre Putin si sarebbe ripreso la maggior parte di quei soldi esportando gas naturale agli ucraini.
E per il governo di Kiev che vantaggi ci sarebbero stati? L’economia ucraina necessita di circa 11 miliardi di euro di aiuti internazionali ogni anno: averne quasi 8 forniti per un decennio da Putin avrebbe dato un forte stimolo alla crescita. Inoltre, andando oltre le dichiarazioni di facciata, è emerso recentemente come gli ucraini siano maggiormente focalizzati nel difendere l’Ucraina orientale che la penisola di Crimea. Gli sforzi militari del governo di Kiev nelle ultime settimane si sono concentrati sulle regioni orientali.
Infine Obama e gli USA avrebbero risolto la crisi con un potenziale win-win per entrambe le parti in causa, favorendo anzi lo sviluppo di nuovo business e dando grande credito agli Stati Uniti quali arbitri della diatriba internazionale.