In Congo l’epidemia di ebola è diventata un’emergenza sanitaria mondiale
L'allarme è stato lanciato dall'Organizzazione mondiale della sanità
L’epidemia di ebola in Congo è un’emergenza sanitaria internazionale
Allarme per l’epidemia di Ebola nella Repubblica democratica del Congo. Oggi, giovedì 18 luglio, l’Organizzazione mondiale della sanità ha deliberato lo stato di emergenza internazionale di salute pubblica. Il comitato dell’Oms, riunito a Ginevra, ha dichiarato che finora nel paese sono state contagiate quasi 2500 persone, di cui 1.665 sono morte. Si segnala una media di dodici nuovi casi al giorno.
La situazione era stata giudicata particolarmente allarmante già nei giorni scorsi, dopo il primo contagio avvenuto a Goma, una grande città da circa un milione di abitanti nell’est del Congo ai confini con il Rwanda, dove ha perso la vita il pastore infettato che aveva viaggiato in autobus dalla città nord-orientale di Butembo. I contatti diretti dell’uomo sono stati controllati.
“La dichiarazione è una misura che riconosce il possibile aumento del rischio nazionale e regionale, e il bisogno di un’azione coordinata e intensificata per gestirlo”, ha precisato il direttore del Comitato Robert Steffen. Che ha aggiunto: “Nessun paese dovrebbe chiudere i propri confini o porre restrizioni ai viaggi o ai commerci. Queste misure sono implementate di solito in base alla paura e non hanno basi scientifiche”.
Gli esperti sono preoccupati per l’espansione geografica dell’epidemia, con i casi che ora coprono un’area di 500 chilometri quadrati
A giugno l’Oms aveva valutato l’opportunità di decretare lo stato di emergenza sanitaria internazionale nel paese ma, anche a causa di una carenza di fondi e di risorse umane adeguate, non c’era stato un diretto intervento.
“È tempo che il mondo prenda coscienza e raddoppi gli sforzi. Dobbiamo lavorare insieme in solidarietà con il Congo per mettere fine all’epidemia e costruire un sistema sanitario migliore. Un lavoro straordinario è stato fatto per quasi un anno nelle circostanze più difficili. Dobbiamo a questi operatori un contributo maggiore”, ha affermato il direttore generale Oms Thedros Adhanom Ghebreyesus.