Elezioni nello Zimbabwe: vince Emmerson Mnangagwa, leader del partito Zanu-PF
Si è trattato di un voto storico per il paese: Robert Mugabe, rimasto al potere per 37 anni e costretto alle dimissioni lo scorso 21 novembre, non era tra i candidati
Elezioni Zimbabwe 2018 | I candidati | Importanza del voto
Il partito al governo in Zimbabwe dal 1980, lo Zanu-PF, ha conquistato la maggioranza assoluta in Parlamento. Lo rivelano i risultati ufficiali, anche se non definitivi, delle elezioni legislative che si sono svolte lunedì 3o luglio, le prime dopo la caduta del presidente Robert Mugabe. I risultati ufficiali del voto, insieme al nome del nuovo presidente, sono attesi entro il 4 agosto.
Nelle 153 circoscrizioni di cui sono arrivati i risultati, lo Zanu-PF ha ottenuto 110 seggi, mentre il principale partito dell’opposizione MDC (il Movimento per il cambiamento democratico) ha vinto 41 seggi, ha riferito l’emittente pubblica ZBC, citando i risultati della commissione elettorale.
L’Assemblea Nazionale ha un totale di 210 posti e lo Zanu-PF si è dunque già assicurato la maggioranza nella camera bassa.
Gli osservatori internazionali, tornati a monitorare le elezioni dopo sedici anni di assenza, hanno denunciato una “disuguaglianza di opportunità” tra i partiti.
Nessun partito ha ancora commentato i dati, ma martedì 31 luglio l’opposizione dell’MDC aveva rivendicato la vittoria.
Nelson Chamisa, il leader del partito d’opposizione Movimento per il cambiamento democratico (Mcd), aveva dichiarato di avere vinto le elezioni. “Si tratta di una vittoria ecatlante. Abbiamo registrato un ottimo risultato e siamo pronti per il prossimo governo”, aveva scritto il leader 40enne su Twitter.
Winning resoundingly…We now have results from the majority of the over 10 000 polling stations. We’ve done exceedingly well. Awaiting ZEC to perform their constitutional duty to officially announce the people’s election results and we are ready to form the next gvt.#Godisinit
— Nelson Chamisa (@nelsonchamisa) July 31, 2018
Di fronte alle dichiarazioni del suo principale oppositore, Emmerson Mnangagwa, leader del partito Zanu-Pf, aveva detto su Twitter di avere ricevuto “notizie molto positive dai seggi”.
Good morning Zimbabwe. I am delighted by the high turnout and citizen engagement so far. The information from our reps on the ground is extremely positive! Waiting patiently for official results as per the constitution.
— President of Zimbabwe (@edmnangagwa) July 31, 2018
Più di 5,6 milioni di cittadini sono stati chiamati alle urne per nominare un nuovo presidente, deputati e consiglieri municipali. Un’ora prima della chiusura dei seggi, la partecipazione era arrivata al 75 per cento ed è stata sentita sopratutto dai più giovani.
Il voto, dopo una campagna elettorale insolitamente pacifica e partecipata, è considerato storico perché è il primo dalla caduta del regime di Robert Mugabe, al potere per 37 anni e costretto alle dimissioni lo scorso 21 novembre. Altro grande assente è Morgan Tsvangirai, storico oppositore di Mugabe, deceduto cinque mesi fa.
In un discorso a sorpresa alla vigilia del voto, Mugabe, oggi 94enne, aveva dato un appoggio indiretto a Nelson Chamisa, capo del principale partito di opposizione, il Movimento per il cambiamento democratico (Mcd). L’ex presidente aveva spiegato che non avrebbe votato per il capo del partito Zanu-Pf, Emmerson Mnangagwa: “Per la prima volta in assoluto, abbiamo una lunga lista di aspiranti al potere. Non posso votare per quelli che mi hanno tormentato, farò la mia scelta tra gli altri 22, ma è una lunga lista”.
L’ex leader del paese, parlando dalla sua abitazione nella capitale Harare, aveva denunciato di essere stato estromesso nell’ambito di un colpo di Stato militare e di essersi dimesso “per scongiurare un bagno di sangue ed evitare un conflitto tra esercito e popolazione”. Mugabe aveva poi augurato a Chamisa, l’unico candidato valido a suo dire, di portare a casa un buon risultato alle urne: “Spero che il voto di domani spazzi via il governo militare e ci riporti la costituzionalità”, ha detto, auspicando che lo Zimbabwe “non sperimenti più un periodo in cui l’esercito è usato per spingere una persona al potere”.
I candidati
Sono 23 i candidati alla presidenza, diciannove uomini e quattro donne, un record nella storia del paese. Ma la corsa si gioca tra l’attuale presidente Emmerson Mnangagwa, leader del partito Zanu-Pf al potere dal 1980, e l’opposizione di Nelson Chamisa, a capo del Movimento per il cambiamento democratico.
Mnangagwa ha promesso un voto non violento, libero, equo e credibile, e ha riaperto il paese agli osservatori internazionali. Soprannominato ‘Crocodile’ dal popolo in riferimento al suo eroismo durante la guerra di liberazione dello Zimbabwe dalla Gran Bretagna, in qualità di esponente di spicco del ‘Crocodile Gang’ negli anni Sessanta, Mnangagwa è conosciuto anche per le sue abilità di stratega politico. Nato 76 anni fa nella regione centrale di Zvishavane, fa parte del sotto gruppo Karanga, della comunità maggioritaria Shona, mentre Mugabe è dell’etnia Zezuru.
Mnangagwa, che ha combattuto accanto a molti generali, è uno dei massimi dirigenti dell’associazione degli ex combattenti in un paese dove l’esercito è ancora molto potente. Lo scorso autunno era stato estromesso dalla vice presidenza, vittima delle ambizioni politiche dell’ex first lady Grace Mugabe, per poi tornare grazie al sostegno dei militari dopo le dimissioni dell’anziano leader.
Durante la campagna elettorale ha voluto segnare una distanza con il regno di Mugabe, promettendo una strenua lotta alla corruzione e il rilancio dell’economia fortemente in crisi. Tra le sue proposte, l’apertura a investitori stranieri, l’applicazione di una legge fondiaria per restituire ai ‘white farmers’ le terre di cui sono stati estromessi dal 2000 e la ripresa dei rapporti con i principali partner e istituzioni internazionali.
Chamisa, 40 anni, conta sulla sua giovinezza per puntare all’elettorato che vuole la fine della vecchia guardia politica. Esponente di spicco dell’opposizione a Mugabe sin dai tempi dell’università, Chamisa ha ereditato un partito molto diviso dopo la morte del suo fondatore.
Tra i 23 candidati in lizza figurano anche l’ex vice-presidente Joice Mujuru, l’ex-ministro Nkosana Moyo, lo scultore e musicista Taurai Mteki, l’ex numero 2 del Mdc, Thokozani Khupe, e lo storico difensore dei diritti umani Lovemore Madhuku.
Secondo gli ultimi sondaggi si starebbe riducendo il margine tra i due principali contendenti alle presidenziali, con il 40 per cento delle intenzioni di voto a Mnangagwa e il 37 per cento a Chamisa.
Afrobarometer valuta addirittura come “ragionevole e possibile” una vittoria dell’oppositore già al primo turno, uno scenario invece difficile per molti altri. Una vittoria di Chamisa rappresenterebbe la prima alternanza politica in Zimbabwe dall’indipendenza.
Se nessuno dei due principali candidati dovesse ottenere la maggioranza assoluta, sarà necessario il ballottaggio, già fissato per l’8 settembre. Il 40 per cento della popolazione teme che i risultati proclamati non siano corretti e che le forze armate non accettino il responso delle urne.
L’importanza del voto
Si tratta di elezioni storiche, le prime in cui non saranno in lista i due grandi protagonisti della storia del paese degli ultimi trent’anni. E, dopo sedici anni di assenza, è la prima volta degli osservatori elettorali stranieri.
Le Nazioni Unite e i difensori dei diritti umani hanno espresso preoccupazione per possibili violenze alle urne. Per garantire un voto pacifico, più di 45mila agenti di polizia sono stati addestrati e dispiegati sul territorio e i i partiti politici hanno firmato un ‘Impegno per la pace’ della Commissione nazionale per la pace e la riconciliazione (NPRC).
Un altro segnale di distensione è arrivato dall’esercito: il colonnello Overson Mugwisi, portavoce dello stato maggiore, ha assicurato la neutralità dei militari, diversamente dai metodi forti utilizzati sotto Mugabe per esercitare pressione sulla popolazione.