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Home » Esteri

Cosa cambia con la vittoria di Biden e perché la battaglia legale di Trump non porterà a nulla

Immagine di copertina

Il valore della figura di Joe Biden, le azioni legali di Trump che non cambieranno il risultato, le mosse del neo presidente dopo il suo insediamento: cosa ci lascia queste elezioni e cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi quattro anni

WASHINGTON – Joe Biden è il nuovo presidente eletto degli Stati Uniti, votato con una cifra record di settantacinque milioni di voti. Il 20 di gennaio sarà nominato 46° presidente di questa nazione e succederà a Donald Trump. In questa elezione di portata storica, che ha visto un’affluenza come mai prima d’ora e milioni di voti per posta dovuti alla pandemia di Coronavirus, è importante comprendere il valore della vittoria del Partito Democratico e, allo stesso tempo, è necessario inquadrarla nella giusta ottica per non farci trarre in inganno da frettolosi entusiasmi.

Il valore della figura di Joe Biden

Diciamocelo chiaro e tondo: Joe Biden (qui il suo profilo) non era il miglior candidato possibile dei democratici o quello che ne rispecchiava maggiormente tutti i suoi lati, anche i più progressisti. Eppure era l’unico che aveva una possibilità di battere Donald Trump, rispetto ad altri candidati, in primis Bernie Sanders, che sarebbero stati visti come troppo estremisti, divisivi e non in grado di convincere gli indecisi e i repubblicani delusi dall’attuale inquilino della Casa Bianca. Candidati che sarebbero usciti con le ossa rotte dal confronto con il repubblicano.

Joe Biden, al contrario, nonostante abbia rischiato di capitolare alle primarie democratiche, rimontando clamorosamente solo a partire da quelle della Carolina del Sud, è riuscito a mostrarsi come una figura normalizzatrice e unificatrice, dopo quattro anni di montagne russe trumpiane. E per questo motivo sarà un normalizzatore, in grado di dialogare con i repubblicani che, molto probabilmente, manterranno il Senato. Sarà amico degli alleati e duro con i nemici dell’America, senza fare sorrisi e complimenti ai dittatori in giro per il mondo, specie Vladimir Putin, che non si è ancora complimentato con lui per la vittoria, facendo presagire future tensioni fra i due. Per tanti americani, esasperati dagli ultimi quattro anni, una ritrovata normalità sarà più che benvenuta.

Va anche detto che oggi Biden non è il più brillante né il più audace dei politici, anche per via dei suoi quasi 78 anni, nonostante una lunghissima esperienza nel Senato e otto anni come vicepresidente. Sicuro conosce il mestiere, ma non è e non sarà un nuovo Obama. Tuttavia, in un momento di profonda crisi per gli Stati Uniti, probabilmente sarà la persona giusta al tempo giusto e nel posto giusto per provare a risanare il paese, in primis ponendo finalmente sotto controllo la tremenda pandemia di COVID-19, che continua a imperversare negli Usa e che sta causando in questi giorni più di centomila nuovi casi al giorno.

Rispetto a una figura come Trump, sarà tutta una musica differente, incominciando col tornare a legittimare la scienza come valore assoluto e centrale. Inoltre, la vittoria di Joe Biden ha molte connotazioni degne di essere rimarcate: a livello personale, è il trionfo di una persona come tutti noi, proveniente dal basso, che ne ha passate di tutti i colori nella vita, perdendo una moglie e due figli, soffrendo dolori inimmaginabili, e rischiando persino di morire per un aneurisma celebrale. Senza contare le sue sconfitte nelle primarie sia nel 1988 che nel 2008. Dopo una vita così, la presidenza sarà il più bel riscatto che ci possa essere per lui ed è solo la terza volta, dal dopoguerra in poi, che un candidato batte un presidente in carica.

Senza contare un’altra cosa: la nomina di Kamala Harris (qui il suo profilo) a vicepresidente. Prima donna e prima afroamericana nella storia degli States a ricevere questo incarico, Harris potrebbe essere il futuro del Partito Democratico e la prossima possibile candidata presidenziale, specie se Biden, visto che sarà il presidente più vecchio di sempre, decidesse di fare un solo mandato e ritirarsi quando avrà compiuto ottantadue anni. Per questa ragione, Kamala Harris dovrà dimostrare tutto il suo valore nei prossimi quattro anni perché in lei risiedono molte delle speranze future del partito dell’asinello.

Un referendum su Donald Trump

Bisogna ammetterlo: queste elezioni presidenziali 2020 sono state uniche nel suo genere, essendo state nel mezzo di una pandemia. Quasi tutti gli analisti politici sostengono la stessa cosa: senza il COVID-19 e la sua pessima gestione da parte dell’amministrazione Trump, difficilmente i democratici avrebbero vinto. Senza nulla togliere ai meriti di Joe Biden, in grado di tenere testa nei due dibattiti all’aggressività del presidente uscente e compiendo scelte coraggiose come la nomina di Kamala Harris, la verità è che per molti statunitensi queste elezioni sono state un referendum su Donald Trump, fra avere altri quattro anni di una presidenza profondamente divisiva ed estrema o scegliere qualcuno che non fosse più Trump, non importa chi fosse.

Di fatto, i repubblicani che hanno votato Biden solo perché odiavano l’attuale presidente, in quanto non realmente simbolo dei valori del partito dell’elefante, sono stati tantissimi. Il COVID-19 ha avuto un peso fondamentale in queste elezioni e probabilmente con una gestione differente, più ragionata e meno disumana, grazie anche all’economia e l’occupazione che andavano alla grande prima della pandemia con l’attuale presidenza, non ci sarebbe stata alcuna storia. In fondo erano più di venticinque anni che un presidente non vinceva una rielezione, precisamente dai tempi di George Bush Sr. contro Bill Clinton, e questo ha significato sicuramente qualcosa.

La battaglia legale di Trump che non sposterà nulla

Donald Trump ancora non ha accettato la sconfitta, riconoscendo Biden come vincitore, come tutti i suoi predecessori hanno fatto finora nella storia delle presidenziali. Fin da prima delle elezioni, denunciava che ci sarebbero state frodi, brogli e che gli avrebbero rubato la vittoria in un modo o nell’altro.

Dopo il tre di novembre, quando i voti inviati per posta (metodo assolutamente legale e da sempre utilizzato) sono stati iniziati a essere contati nei vari stati in bilico – dando lentamente vita alla “svolta blu”, dopo un iniziale vantaggio repubblicano nella serata del tre di novembre ­­­– Trump ha subito detto che la cosa era illegale, che i voti non andavano contati, che era lui il vero vincitore. E che c’erano state delle irregolarità.

E quasi passata una settimana dalle elezioni e continua a dirlo, senza però presentare nessuna prova realistica e credibile. Il presidente ha denunciato situazioni anomale come gli osservatori non autorizzati nei centri di conteggi, cosa non vera, e dato via a battaglie legali in quasi tutti gli stati in bilico, dalla Pennsylvania all’Arizona. La speranza è che le corti federali e, successivamente, la Corte Suprema, possano ribaltare i risultati finora annunciati. 

Però stiamo parlando di numeri che, anche se ci fossero delle irregolarità o degli errori (ci sono sempre), sarebbero talmente piccoli che non potrebbero cambiare il risultato finale. Senza contare che non stiamo parlando di una situazione incerta con uno scarto di pochi voti, come la Florida del 2000 fra Al Gore e George Bush, e in molti credono che siano solamente tentativi per creare una narrativa, far scendere in strada i sostenitori del presidente, come già visto negli ultimi giorni, delegittimare il sistema elettorale e non ammettere una sconfitta, in pieno stile Donald Trump. Tuttavia, non c’è niente di concreto, a oggi, che possa far avere dubbi su chi sarà il prossimo presidente. Certo, tutto è possibile, ma le probabilità sono molto remote.

Cosa farà Biden già dal venti di gennaio in poi

Sarà interessante vedere cosa succederà in questi mesi di transizione, se Trump concederà la vittoria o se il venti di gennaio dovranno portarlo fuori dalla Casa Bianca con la forza. Ci sono persino dubbi su una sua possibile partecipazione all’inaugurazione nel Campidoglio. Quelle che sono già chiare sono le azioni che attuerà Biden una volta diventato presidente, decisioni che saranno numerose e rapide: è già al lavoro su un piano per sconfiggere concretamente il Coronavirus (grazie a miliardi di dollari per i vaccini e i test) e recuperare l’economia una volta per tutte. Cosa che l’attuale amministrazione non è stata in grado di fare.

Inoltre, la sua intenzione, attraverso dei precisi ordini esecutivi, sarà quella di invertire praticamente tutte le politiche attuate da Trump, facendo tornare gli Stati Uniti dentro gli accordi di Parigi e all’interno dell’Organizzazione Mondiale della Salute. Annullerà il Muslim Ban  e rinnoverà i permessi di soggiorno a molte categorie d’immigrati, in particolare ai “Dreamers”, ossia i figli d’irregolari che erano giunti da bambini negli Stati Uniti e che Trump voleva deportare.

Secondo gli esperti, sarà uno dei cambiamenti di potere più notevoli nella storia del paese. In seguito, non sono da escludere azioni per garantire coperture sanitarie a molte più persone di adesso, pesanti tasse per i ricchi, come proposto da lui in campagna elettorale, e un maggior controllo sulle armi. Senza contare l’ipotesi di ripristinare l’accordo sul nucleare con l’Iran e aumentare il numero dei giudici della Corte Suprema per ristabilirne l’equilibrio, ora che ha sei su nove giudici conservatori. Certo, con un Senato repubblicano, tutte queste cose saranno molto più difficili da fare, se non impossibili.

Cosa ci lascia queste elezioni

Sicuramente c’è una cosa su cui non ci piove: i sondaggi, per l’ennesima volta, hanno fallito e non sono stati in grado, soprattutto a livello statale, di descrivere la vera realtà di queste elezioni. Certo, se anche la Georgia e l’Arizona vedessero la vittoria di Biden, una volta finiti i conteggi, il candidato democratico si ritroverebbe con 306 voti elettorali, gli stessi di Trump nel 2016, e il suo trionfo sarebbe abbastanza netto. Biden ha inoltre stravinto anche nel voto popolare, cosa che si sapeva sarebbe avvenuta.

Tuttavia i sondaggi mostravano credibilmente la possibilità di una vittoria a valanga di Biden, persino in luoghi come il Texas e la Florida, con un vantaggio che sarebbe dovuto essere molto più ampio. Ciò non è avvenuto. Anzi, queste elezioni sono state molto più concitate del previsto e svela come metà del paese abbia votato Trump nuovamente, senza grandi esitazioni o dubbi, nonostante quattro anni di presidenza pieni di bugie, scandali, decisioni brutali come il Muslim Ban o l’uscita dagli Accordi sul clima di Parigi, e con un impeachment nel mezzo. In un qualsiasi altro paese del mondo, una cosa del genere non si sarebbe mai vista.

Joe Biden ha detto che sarà il presidente di tutti e sicuramente sarà in grado di dialogare con i suoi avversari politici, specie se vorrà portare avanti la sua agenda, ricucendo le ferite di un paese che, in quattro anni, ha mostrato lati spaventosi e profondamente divisivi di se stesso, dall’estremismo di destra allo spudorato razzismo di tanta gente verso le minoranze. Come ha scritto l’opinionista di UsaToday, Michael Stern: “Siamo un paese popolato da molte persone che odiano e che vogliono l’abilità di poter esprimere quest’odio senza limitazioni”.

In tutto ciò, resta un importante monito per il futuro: i Repubblicani hanno recuperato seggi nella Camera dei Rappresentanti quest’anno e nel Senato molti politici repubblicani hanno vinto o confermato il loro scranno, nonostante fossero sfavoriti. Questo manda un chiaro messaggio al nuovo presidente, un messaggio a cui dovrà fare molto attenzione nei prossimi quattro anni: tanti elettori non hanno smesso e non cesseranno di essere repubblicani, non accetteranno tutte le politiche democratiche col sorriso e probabilmente desideravano solo Trump fuori dalla Casa Bianca.

Presidente che, avendo compiuto solo un mandato, potrebbe ipoteticamente ricandidarsi fra quattro anni e, nel mentre, convertirsi in un pericoloso politico all’opposizione, una cosa mai vista prima in America, pronto a criticare qualsiasi decisione democratica. È uno scenario assurdo, ma plausibile, specie conoscendo Donald Trump.

Certo il cinque di gennaio, in Georgia, si voterà per assegnare due posti al Senato che sono andati al ballottaggio e le cose potrebbero cambiare, regalando a Biden un senato tutto democratico. Se questo succedesse, anche se è difficile come ipotesi, Biden si troverebbe con il potere di veramente cambiare il paese come vorrebbe lui e il Partito Democratico. Sarebbe una svolta di portata storica per la nazione, senz’ombra di dubbio.

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