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Elezioni Usa 2020, guida alle presidenziali: i candidati, i programmi, il sistema elettorale, i sondaggi

Immagine di copertina
Elezioni Usa 2020 Credits: ANSA

ELEZIONI USA 2020 – Gli Stati Uniti sono chiamati a scegliere se voltare pagina o confermare per altri quattro anni Donald Trump alla guida del Paese: martedì 3 novembre, dopo i quattro anni di presidenza del tycoon, gli Usa andranno alle urne per eleggere il 46° presidente della storia americana, nonostante quest’anno a causa della pandemia si siano già registrate affluenze record per il voto anticipato. I cittadini dei 50 Stati che compongono la federazione dovranno scegliere tra Donald Trump, che corre per il partito repubblicano, e Joe Biden, ex vicepresidente di Barack Obama e candidato dei democratici. Il presidente degli Stati Uniti eletto a novembre comincerà ufficialmente il suo mandato il 20 gennaio 2021. Di seguito una guida completa alle presidenziali: 

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I candidati

Trump. L’ex tycoon, 74 anni, ha annunciato tempo fa la sua ricandidatura. Gli ultimi mesi per lui non sono stati una passeggiata: dalle proteste del movimento Black Lives Matter alla crisi dovuta alla pandemia da Coronavirus, a cui lui stesso, insieme alla First Lady Melania, è risultato positivo, l’attuale numero uno degli States ha dovuto affrontare polemiche e critiche anche dai colleghi di partito. Senza dimenticare il processo per impeachment avviato nei suoi confronti, in seguito allo scoppio del cosiddetto Ucraina-gate, al termine del quale è stato, come previsto, assolto. Trump era accusato di abuso di potere e ostruzione ai lavori del Congresso nel caso che riguarda l’Ucraina e la sua telefonata al presidente Volodymyr Zelensky, nella quale fece pressioni perché aprisse un’indagine contro Joe Biden, suo avversario alle elezioni presidenziali del 2020. In caso di nuova vittoria, sarebbe riconfermato come suo vice Mike Pence. Nel suo programma è dato ampio spazio proprio alla crisi dovuta a Covid-19 e alla conseguente scoperta di un vaccino efficace, ma anche all’economia, con la promessa di ridurre il deficit ed eliminare il debito nazionale. Ha inoltre promesso azioni contro la violenza armata, dopo le diverse sparatorie che si sono verificate negli ultimi anni, ma è stato vago sui dettagli. Per quanto riguarda il tema immigrazione, il presidente ha deciso di proseguire con la politica di “tolleranza zero” e con la realizzazione del muro al confine col Messico.

Biden. Ex vicepresidente durante l’era Obama, è stato scelto come candidato democratico al termine delle primarie del partito, dove il candidato più a sinistra, il socialista Bernie Sanders, gli aveva dato filo da torcere. Ma alla fine Biden, 77 anni, ha avuto la meglio e ha scelto come sua vice nella corsa alla Casa Bianca Kamala Harris, senatrice per lo stato della California a partire dal 2017: è stata la prima donna, per di più asioamericana, a ricoprire la carica di procuratore generale della Stato. Una scelta significativa, quest’ultima, anche in seguito alle manifestazioni anti-razzismo che si sono succedute negli Stati Uniti negli ultimi mesi dopo la morte di George Floyd. Nel suo programma ampio spazio è dato all’emergenza Covid-19 e alla possibilità di rendere gratuito a tutti il vaccino appena sarà disponibile; ancora, dal punto di vista economico, redistribuzione del carico tributario e “ricostruzione della classe media”, aumentando il salario minimo a 15 dollari all’ora. Il candidato democratico ha inoltre proposto di rendere gratuito il college per gli studenti di famiglie con redditi al di sotto dei 125mila dollari e di eliminare, in fatto di politica estera, il cosiddetto travel-ban, introdotto da Trump, che aveva sbarrato l’ingresso ai cittadini in arrivo dai paesi a maggioranza musulmana come la Siria.

QUI TUTTO SUI CANDIDATI

Per cosa si vota

Il 3 novembre negli Stati Uniti si vota anche per eleggere il vicepresidente – in corsa Mike Pence per i repubblicani e Kamala Harris per i democratici – e per rinnovare la camera dei rappresentanti, che ha 435 componenti divisi tra gli Stati in base alla popolazione, e un terzo del senato, ovvero 33 dei 100 membri, due per ciascuno Stato. Inoltre si vota per eleggere undici governatori statali e molti parlamentari locali. Ad avere diritto di voto sono tutti i cittadini statunitensi che abbiano compiuto 18 anni.

Le elezioni del Congresso, cioè il parlamento americano, si tengono lo stesso giorno delle presidenziali ma sono una cosa separata, quindi è possibile – ed è già successo più volte – che gli elettori scelgano il presidente di un partito e diano la maggioranza al Congresso a un altro partito. Ogni stato è rappresentato alla camera in base alla sua popolazione, mentre al senato ognuno può contare su due seggi. Al momento i democratici controllano la camera e i repubblicani il senato. Il risultato delle elezioni per il Congresso sarà fondamentale per capire quanto il nuovo presidente sarà in grado di realizzare le cose che ha promesso.

 

Elezioni Usa 2020, i temi caldi

Sulle elezioni Usa 2020 pesano quest’anno la pandemia di Coronavirus, che nel Paese a stelle e strisce ha fatto oltre 8 milioni e seicentomila contagi e più di 225mila vittime, la conseguente crisi economica e le proteste legate al movimento dei Black Lives Matter, che negli ultimi mesi hanno acceso il dibattito politico oltreoceano, in seguito alla morte di George Flyod, il 46enne afroamericano soffocato da un agente durante un fermo di polizia a Minneapolis lo scorso maggio. Ed anche se i sondaggi danno avanti Biden di quasi 10 punti sull’ex tycoon, secondo gli ultimi aggiornamenti, non è ancora detta l’ultima parola.

QUI TUTTO SUI PROGRAMMI DI TRUMP E BIDEN

Quando arrivano i risultati delle elezioni Usa 2020

Terminando intorno alle 20 americane le votazioni per le elezioni Usa 2020, i risultati ufficiali delle elezioni presidenziali inizieranno ad arrivare quando in Italia sarà notte fonda. Alla tornata elettorale del 2016, Trump fece il suo discorso da vincitore quando in Italia erano circa le 08:50 del mattino nel nostro paese. “Mi dispiace avervi fatto aspettare, sono cose complicate. Grazie mille. Ho appena ricevuto una chiamata dalla segretaria di Stato Clinton. Si congratula con noi, e io mi sono congratulato con lei per una campagna molto dura”, aveva detto parlando dal suo quartier generale.

* ore 12 del 3 novembre (ora italiana), parte la maratona. Aprono i primi seggi sulla costa orientale americana. Alle 15 al via il voto in California e sulla costa occidentale.
* 1 del mattino di mercoledì 4 novembre. Chiudono i primi seggi in Indiana, Kentucky, Georgia, South Carolina, Vermont e Virginia.
* 1.30, è l’ora del North Carolina. Chiudono i seggi in North Carolina, West Virginia e in Ohio che mette in palio 18 grandi elettori. Cruciale quest’anno nella corsa alla Casa Bianca, oltre al solito Ohio, il North Carolina con i suoi 15 grandi elettori.
* 2, tocca a Florida e Pennsylvania. Sono due degli Stati chiave nella corsa alla Casa Bianca con in palio complessivamente 49 grandi elettori, di cui 20 per la Pennsylvania e 29 per la Florida. Complessivamente chiudono i seggi in 16 Stati, incluso il District of Columbia della capitale Washington.
* 3, è il momento del Texas. Chiudono i seggi in Texas (38 grandi elettori), Stato roccaforte dei repubblicani che quest’anno i democratici potrebbero sbancare. Si chiude anche in due Stati chiave, il Wisconsin e il Michigan, che nel 2016 Donald Trump strappò a Hilllary Clinton.
* 4-5, l’ora della verità. Alle 4 ora italiana urne chiuse in altri quattro Stati, tra cui lo Utah e alle 5 in altri cinque Stati, tra cui la California, roccaforte dem con i suoi 55 grandi elettori. È il momento in cui potrebbe arrivare l’annuncio della vittoria.
* 7, il traguardo in Alaska. È l’ultimo Stato a votare. Gli ultimi seggi, quelli nella regione più occidentale, chiudono quando sulla East Coast è già mercoledì 4 novembre. Dopo le Hawaii, le cui urne chiudono quando a New York è mezzanotte.

Il sistema elettorale

Che si tratti di Donald Trump o del suo sfidante Joe Biden, il candidato presidenziale più popolare potrebbe in realtà finire per perdere. Questo perché – a differenza di molti altri paesi – le elezioni presidenziali negli Stati Uniti non sono decise da chi si aggiudica più voti. Gli Stati Uniti infatti non eleggono direttamente il presidente: lo fanno attraverso i cosiddetti “grandi elettori”. Sono i collegi elettorali dei singoli Stati a determinare il risultato di un sistema del “chi vince prende tutto” (“winner-takes-all”). Proviamo, andando per ordine, a spiegare come funziona.

Gli Usa sono un paese federale, diviso in 50 stati. Alle elezioni presidenziali ogni stato esprime un numero di grandi elettori pari alla somma dei suoi deputati e dei suoi senatori: dato che il numero di parlamentari espressi da ogni stato dipende dalla sua popolazione, lo stesso vale per i grandi elettori. Gli stati più popolosi, insomma, esprimono più grandi elettori degli altri.I cittadini dei 50 Stati (a cui si aggiunge il Distretto di Columbia, ovvero la città di Washington) il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre – quest’anno cade il 3 – votano per il nuovo presidente. Il sistema elettorale assegna a ogni Stato un peso, i ‘voti elettorali’. In tutto i voti elettorali che i candidati si devono spartire sono 538.

Per ottenere la presidenza, un candidato deve ottenere quindi 270 voti elettorali. Ogni Stato ha un numero di voti elettorali pari al numero di deputati dello Stato (che sono in proporzione alla popolazione) più il numero di senatori (2 per ogni Stato, senza differenze di popolazione). In più, il District of Columbia elegge tre grandi elettori, tanti quanto lo Stato più piccolo. L’elezione presidenziale funziona come tante grandi elezioni uninominali: il candidato presidente più votato in ogni Stato, anche se di un solo voto, ottiene tutti i voti elettorali di quello Stato.

Per esempio: Biden vince in California? Ottiene tutti i 55 rappresentati della California nell’Electoral College. Trump vince in Texas? Ottiene tutti i 38 voti elettorali del Texas. E così via. I voti elettorali si sommano via via che lo spoglio dei singoli Stati è definito nel corso della lunga notte elettorale: a causa dei fusi, le urne nei vari Stati chiudono in orari diversi, partendo dall’1 di notte ora italiana e fino alle nostre 7.

Sono due le eccezioni alla regola maggioritaria: Maine e Nebraska. Ogni Stato è infatti libero di scegliere la propria legge elettorale. Il Nebraska elegge 5 grandi elettori, il Maine 4. Due grandi elettori vengono assegnati al candidato più votato a livello statale, mentre gli altri 2 (nel Maine) o 3 (in Nebraska) vengono assegnati al più votato al livello delle circoscrizioni elettorali che formano lo Stato. Storicamente, il risultato è quasi sempre che un candidato conquista tutti i voti elettorali di quello Stato. Eccezioni ci sono state solo nel 2008 (4 voti del Nebraska a McCain e 1 a Obama) e nel 2016 (3 voti del Maine a Clinton, 1 a Trump).

In realtà con il voto del 3 novembre i 538 voti elettorali non sono altro che 538 rappresentanti (i grandi elettori) che hanno ‘promesso’ di sostenere il candidato al quale sono collegati. I 270 voti elettorali rappresentano quindi 270 grandi elettori o rappresentanti nell’Electoral college. Saranno questi grandi elettori a metà dicembre, a formalizzare l’elezione Usa 2020 del presidente degli Stati Uniti. Si tratta di fatto quasi sempre di una formalità: i grandi elettori votano sempre per il candidato che hanno promesso di sostenere. Ci sono stati dei casi in cui questo non è successo (ma non in numeri tali da non far eleggere un presidente) ma sono molto rari.

QUI UN APPROFONDIMENTO SUI GRANDI ELETTORI
I numeri indicano i grandi elettori espressi nel 2020 da ogni stato americano

Gli swing states

Negli Stati Uniti ci sono due principali partiti politici, il Partito Democratico, orientato a sinistra pur avendo al suo interno correnti più conservatrici, e il Partito Repubblicano, tradizionalmente conservatore. La maggior parte degli Stati vota costantemente in un modo o nell’altro. Sono considerati dai partiti delle roccaforti, motivo per cui sono spesso trascurati durante la campagna elettorale.

Le attenzioni dei candidati sono perciò concentrate sugli Stati in bilico (“swing states”), dove entrambi i partiti hanno possibilità di vittoria e che, di conseguenza, sono considerati chiave per vincere le elezioni.

Pennsylvania, Michigan, Wisconsin, Florida, Iowa e Ohio sono alcuni degli Stati in bilico nelle elezioni del 2020. Un lista a cui potrebbero aggiungersi anche Stati che in passato sono andati spesso ai Repubblicani, come l’Arizona, la Carolina del Nord (dove Obama ottenne una vittoria di misura nel 2008) e la Georgia.

Alcuni Stati come il Nevada, il Michigan e il New Hampshire tendono verso i democratici, mentre in altri come l’Iowa, l’Ohio e la Florida sono repubblicani ad essere avanti. Entrambi i partiti hanno comunque possibilità di vittoria. Nebraska e Maine sono gli unici due Stati che dividono i voti dei grandi elettori tra i candidati.

Elezioni Usa 2020, cosa dicono i sondaggi

Secondo gli ultimi sondaggi disponibili, Joe Biden è dato in vantaggio per la vittoria finale contro Donald Trump nelle elezioni Usa 2020. Il candidato democratico è quota 51,1 per cento nel voto popolare, pari a 351 grandi elettori, contro Donald J. Trump al 41,9 per cento, al 26 ottobre, facendo una media dei principali sondaggi. Secondo il New York Times, l’ultimo dibattito prima dell’Election Day non ha particolarmente modificato gli equilibri che si sono registrati nelle ultime settimane e, citando i due principali istituti di sondaggi, Biden è in vantaggio con un margine che va tra i 7 e i 12 punti.

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TPI SPECIALE ELEZIONI USA 2020

Leggi anche: Ecco perché queste saranno le elezioni più importanti della storia americana

Qui i reportage sul campo di TPI dell’inviato negli Usa Pietro Guastamacchia:
1. Viaggio nel Bronx: “Io, repubblicano italo-irlandese, voglio sconfiggere Ocasio-Cortez e il suo socialismo”
2. “La polizia ci spara addosso, l’America capitalista ci sfrutta. Ora noi neri spacchiamo tutto”: reportage da Philadelphia
3. Viaggio in Pennsylvania: “Qui ci si gioca tutto. Se Biden vince, sarà presidente”

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