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Il Turkmenistan conferma per la terza volta il presidente, ma è vittoria senza rivali

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Maggioranza bulgara per Gurbanguly Berdymukhamedov, al potere dal 2006. La denuncia di Human Rights Watch: non c'è democrazia, stampa imbavagliata

Terzo mandato consecutivo alla presidenza del Turkmenistan per Gurbanguly Berdymukhamedov. Rieletto domenica 12 febbraio con una maggioranza bulgara (97,67 per dei voti) Berdymukhamedov governerà l’ex Repubblica sovietica per i prossimi sette anni, grazie a una modifica costituzionale approvata di recente.

Al potere dal 2006, dopo la morte improvvisa del primo presidente del Turkmenistan indipendente Saparmurat Niyazov, Berdymukhamedov ha vinto su otto avversari fantoccio, rappresentanti di una opposizione di fatto inesistente: funzionari pubblici, manager di compagnie gestite dallo Stato, politici nominati da partiti in realtà vicini alle posizioni del capo dello Stato.

Il direttore di Human Rights Watch per l’Europa e l’Asia centrale, Hugh Williamson, ha denunciato la totale mancanza di trasparenza nelle elezioni e l’assenza di una vera opposizione. “Non si possono svolgere elezioni vere in un paese in cui le autorità controllano strettamente tutti gli aspetti della vita pubblica, violando diritti fondamentali, come la libertà”, ha sottolineato Williamson.

Al suo primo mandato dopo la morte di Niyazov, che governò il paese con pugno di ferro trasformando il suo governo in una specie di autarchia, Berdymukhamedov promise un “rinascimento” del Turkmenistan e un’apertura verso l’Occidente. Il nuovo presidente cancellò una serie di divieti stabiliti dal suo predecessore, come quello di partecipare agli avvenimenti culturali e agli spettacoli. Berdymukhamedov annullò anche i nuovi nomi con cui erano stati battezzati giorni e mesi, reinserì nell’ordinamento scolastico le lezioni di inglese ed educazione fisica, e cominciò a smantellare i simboli di Niyazov sparsi nella capitale Asgabat.

Durante i suoi due mandati, Berdymukhamedov ha però imbavagliato la stampa e limitato la libertà d’espressione della società civile. Le elezioni sono state le prime dopo la riforma costituzionale approvata a settembre 2016, che ha portato da cinque a sette anni il mandato presidenziale e ha eliminato il limite di 70 anni per essere candidato alla guida dello Stato.

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