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Chi ha vinto di nuovo le elezioni in Spagna

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Il Partito Popolare del premier Mariano Rajoy ottiene il maggior numero di voti, ma non raggiunge la maggioranza assoluta dei seggi

MADRID – “Quello che abbiamo fatto in questi due anni è storico, ma ci aspettavamo qualcosa di diverso questa notte”. Il volto di Pablo Iglesias, il leader della coalizione progressista Unidos Podemos, è livido, mentre risponde ai giornalisti dal palco del Teatro Goya di Madrid, durante la conferenza stampa che segue i risultati. Difficile dissimulare il disappunto per i viola, questa notte. L’espressione del numero due Iñigo Errejón, statuario, al suo fianco, fissa il vuoto davanti a sé. 

Sulla pagina Facebook del partito conservatore spagnolo del premier in funzioni Mariano Rajoy hanno appena pubblicato la grafica obsoleta di un hashtag: #RajoyPresidente. Sul titolo del post, due emoticon di un cuore azzurro, come il colore delle bandierine che sventolano in queste ore per i marciapiedi della Calle Genova di Madrid, sede principale del PP. 

Il Partito Popolare di Mariano Rajoy ha nuovamente vinto le elezioni con più di 7 milioni di voti (33 per cento circa), ottenendo 137 seggi, senza però raggiungere la maggioranza assoluta di 176 seggi, necessaria per formare un esecutivo senza accordi. 

Questa volta i popolari superano addirittura il numero di seggi ottenuti alle scorse elezioni del 20 dicembre: 123. Un risultato inatteso, che consolida l’evidente rafforzamento dell’ala conservatrice spagnola. Forse, secondo la prematura analisi dei politologi spagnoli, anche a causa di un fatto numerico: uno slittamento di voti di Ciudadanos – il partito moderato di Albert Rivera, che perde consensi – al PP di Rajoy. 

I socialisti del PSOE di Pedro Sanchez, invece, hanno nuovamente battuto il record, ottenendo il peggior risultato della storia del partito: persino peggiore di quello dello scorso anno.

Nonostante le più grigie previsioni, il Partito Socialista spagnolo rimane comunque stabile al secondo posto con 85 seggi e il 22 per cento circa dei voti. Il vaticinato sorpasso della coalizione Unidos Podemos non si è verificato e la coalizione di sinistra retrocede, ottenendo 71 seggi e il 21 per cento dei voti. Ultimissimi, come già predetto, gli arancioni di Albert Rivera, il cui partito Ciudadanos ottiene solamente 32 seggi, otto in meno rispetto alla scorsa legislatura.  

I risultati si mantengono quasi invariati rispetto a quelli del primo giro, anche se il rafforzamento dei popolari non lascia indifferenti. Nessuna delle combinazioni tra partiti offre una maggioranza assoluta per governare: l’unica sarebbe quella tra il PP e il PSOE, un accordo molto difficile da raggiungere, soprattutto per via degli attriti tra i leader dei due partiti.

Oggi è una giornata piena di numeri e da domani se ne apre un’altra, sperabilmente piena di parole. Si apre quindi il tempo dei dialoghi e degli accordi, al fine di evitare un nuovo blocco nell’appena inaugurato panorama politico spagnolo. 

Chi sono i leader spagnoli che aspirano al governo 

 – Mariano Rajoy

Mariano Rajoy, classe 1955, è l’attuale premier uscente e presidente del Partito Popular (PP), il partito conservatore della destra spagnola. Rajoy è presidente del governo in Spagna dal 2011.

Nonostante il suo partito abbia ottenuto il maggior numero di voti durante le passate consultazioni, Rajoy ha declinato l’incarico di formare un governo lo scorso gennaio, rifiutando l’offerta del re Filippo VI, per mancanza di sostegno da parte dell’opposizione.

Nel suo programma elettorale, Rajoy, che ha sanato sensibilmente il problema della disoccupazione in Spagna, promette di generare ulteriori due milioni di posti di lavoro, nei prossimi quattro anni. Consiglia di perseverare nelle politiche economiche attuate negli ultimi anni. La sua figura rimane legata agli scandali di corruzione del partito e alla sua retorica troppo distante dalle nuove generazioni.

 – Pedro Sánchez

Pedro Sánchez, economista classe 1972, è il segretario generale dello storico Partito Socialista Spagnolo, il PSOE. Ha tentato di formare un governo presentandosi con un programma di centro-sinistra, accordato con i moderati di Ciudadanos, rifiutato in seguito sia dal PP sia da Podemos.

Nel programma elettorale del partito, di stampo moderato, Sanchez propone la deroga della riforma sul lavoro: la causa, secondo lui, della disoccupazione in Spagna. Propone l’aumento del salario minimo, la lotta contro lo sfruttamento sul lavoro e l’approvazione di una legge che abolisca il divario salariale tra uomini e donne, tra le altre.

– Pablo Iglesias

Pablo Iglesias, classe 1978, è il segretario generale del nuovo partito di sinistra Podemos. È un politologo ed ex professore all’Università Complutense di Madrid. Podemos, nato dalle ceneri del celebre movimento sociale spagnolo del 15M, gli Indignados, è stato fondato nel 2014.

Catalizzatore di un profondo cambiamento che ha scosso gli equilibri della politica spagnola negli ultimi due anni, il partito di Iglesias ha saputo cogliere l’onda del malcontento che inondava la Spagna, conquistando anche il voto dei giovani ed entusiasmandoli alla politica.

Podemos aspira alla trasformazione della società spagnola. Nella sua idea di metamorfosi, Iglesias propone una Spagna pluralista e difende il diritto all’autodeterminazione (tra cui un referendum in Catalogna) e il diritto alla casa. Propone un aumento del salario minimo, l’abolizione dei ritagli da parte del Governo in materia di educazione e sanità, l’aumento della spesa pubblica e pari permessi di maternità e paternità, tra le altre. Iglesias viene duramente criticato per la sua incoerenza e trasformismo.

– Albert Rivera

Albert Rivera, classe 1979, è il viso pulito della politica spagnola. Non un rumor alle sue spalle, né uno scandalo politico. Ha fondato il suo partito Ciudadanos, di stampo centrista e moderato, nel 2006. Rivera è inoltre un deputato del Parlamento della Catalogna, ma non è a favore dell’indipendentismo. 

Durante i negoziati per la formazione del governo spagnolo nei mesi scorsi è stato l’attore politico più propenso al dialogo e al compromesso. Il suo programma, presentato in alleanza con il PSOE durante le sessioni d’investitura, è stato categoricamente rifiutato dall’opposizione.

Per i giovani spagnoli Rivera vuole contratti senza una data di scadenza: meno precarietà, affinché si possa migliorare l’economia. Punta a modernizzare il settore aziendale. Non vuole la deroga di tutte le riforme del Partito Popolare, ma propone un risanamento integrale delle politiche finora attuate. Propone una riforma della scuola e un programma solido contro le frodi fiscali, tra le altre. La posizione ideologica di Rivera insospettisce sia le file dei popolari sia quelle di sinistra.

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