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Chi ha vinto e chi ha perso le elezioni in Spagna: un confronto tra le ultime 3 tornate elettorali

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Chi ha vinto e chi ha perso le elezioni in Spagna: un confronto tra le ultime 3 tornate elettorali

La Spagna è tornata al voto per la quarta volta in 4 anni. Si trattava di elezioni anticipate rese necessarie dal fatto che in seguito alla tornata elettorale dello scorso 28 aprile, era stato impossibile formare un governo. Le trattative di Sanchez si erano arenate. Ma come sono cambiate le cose in Spagna in soli 7 mesi? Quali sono i dati che emergono dopo il voto di ieri 10 novembre? Lo abbiamo mostrato con un grafico, per poi analizzare la tenuta (o la disfatta) dei partiti principali.

I dati presi in considerazione riguardano il Congresso spagnolo, la Camera dei deputati, composta da 350 seggi. La maggioranza assoluta per governare è fissata a 176, quota che nessun partito è riuscito a raggiungere in autonomia. Anche stavolta quindi sarà necessario avviare trattative per la formazione di una maggioranza stabile che possa governare il paese. Vediamo i seggi dei singoli partiti e la distribuzione del consenso. In basso troviamo invece un altro grafico che mostra le possibili maggioranze alla luce della distribuzione dei seggi al Congresso.

In questo grafico abbiamo preso in considerazione le ultime 3 elezioni per vedere qual è stato l’andamento dei partiti spagnoli in termini di consenso.

Socialisti (Psoe)

Con una sola occhiata si possono notare alcuni elementi interessanti: il primo riguarda sicuramente il partito socialista (Psoe) guidato da Pedro Sanchez, che fa un grande balzo dal 2016 al 2019, ma tra aprile e novembre di quest’anno perde 3 seggi. La situazione per i socialisti all’indomani delle consultazioni elettorali di aprile non era stata rosea, visto che tutti i tentativi di formare una maggioranza sono naufragati e l’unica soluzione plausibile era quella del ritorno alle urne, che si è realizzato ieri, 10 novembre. L’impossibilità di un governo con la sinistra di Podemos, dopo numerose trattative, è emersa in tutta la sua irrevocabilità nel giorno della fiducia al governo, lo scorso 25 luglio.

In sintesi: 28 per cento dei voti. I socialisti reggono rispetto a 7 mesi fa, ma le speranze di formare un governo di maggioranza per Sanchez sono ancora più ardue.

Popolari (Pp)

Il secondo elemento da tenere in considerazione è il crollo e la risalita dei popolari, che dal 2016 a oggi hanno cambiato guida: da Rajoy le redini del partito sono passate a Pablo Casado, nel luglio 2018. Il centro destra che nel 2016 aveva 137 seggi, crolla nel 2019 passando a 66, per poi riguadagnare terreno con 88 seggi a novembre 2019.

In sintesi: 20,82 per cento dei voti. I popolari si riprendono dal crollo e guadagnano terreno. Non è escluso che possano entrare nella compagine di governo

Ultradestra (Vox)

Il terzo elemento, ma forse il più importante dal punto di vista del significato politico, da tenere a mente è l’ascesa indisturbata di Vox, partito dell’ultradestra, su posizioni xenofobe, sovraniste e antifemministe. Vox era praticamente inesistente nel 2016, dove non guadagna neppure un seggio, per poi ottenerne 24 ad aprile e più che raddoppiare a novembre, con 52 seggi. Il boom ricalca quanto è avvenuto in tutta Europa, e in Italia con l’avanzata delle formazioni di estrema destra che fino a due anni fa erano forze antisistema, con scarsa o nulla rappresentanza nei parlamenti nazionali, ma che hanno guadagnato terreno

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In sintesi: 15,09 per cento dei voti. Vox è il vero vincitore delle elezioni, l’unico partito che raddoppia i consensi in soli 7 mesi

Centrististi (Ciudadanos) 

I liberali di centro di Ciudadanos praticamente scompaiono dalla compagine politica. Se ad aprile 2019 fanno un balzo in avanti rispetto a 3 anni prima, passando da 32 a 57 seggi, a novembre crollano a soli 10 seggi al Congresso. Albert Rivera ha ammesso la pesante sconfitta e si è preso la responsabilità di un crollo.

Ciudadanos: 6,79 per cento dei voti. In termini di perdita di consensi sono gli sconfitti indiscussi

Sinistra (Uniti Podemos)

La formazione guidata da Pablo Iglesias, che nei mesi scorsi si è tirata indietro dalla formazione di un governo coi socialisti di Sanchez perde 7 seggi in 7 mesi: da 42 passa a 35. 12,84 per cento dei consensi.

Qui un grafico del quotidiano spagnolo El Pais che mostra la composizione del parlamento e il confronto tra aprile e novembre 2019:

Le possibili maggioranze

Adesso che i giochi in parlamento sono fatti, inizia l’ardua fase – quella in cui nei mesi scorsi ci si è arenati rendendo necessario un ritorno alle urne – della formazione della maggioranza per governare. Quali sono, dati alla mano, le maggioranze possibili? Questo grafico del Pais mostra quali sono le coalizioni possibili in campo.

Se la maggioranza assoluta è fissata a 176 seggi, non sono molti gli incastri plausibili, considerato il fatto che le trattative tra socialisti e Podemos si sono già schiantate nei mesi scorsi, senza vedere la luce.

Le uniche opzioni per superare la soglia della maggioranza assoluta sono o enormi coalizioni a guida socialista, con la partecipazione di Podemos, Ciudadanos, Mas Pais e altri partiti minori, opppure, in seconda istanza una sorta di grosse koalition tra i due partiti principali (socialisti e popolari) che avrebbe 208 seggi, superando di gran lunga la soglia dei 176 seggi. Politicamente è percorribile una ipotesi del genere? Al momento sembra lontanissima, ma in Spagna tutto è possibile, in particolare per chi osserva ciò che succede dall’Italia, dove ha visto la luce il governo più impensabile di sempre, tra nemici giurati.

Da scartare sembra invece l’ipotesi di un governo di centro-destra, a guida popolare, che non avrebbe i numeri sufficienti per governare neanche se si mettessero insieme i centristi di Ciudadanos e l’ultradestra di Vox.

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