Le elezioni parlamentari in Norvegia in quattro risposte
L'11 settembre il paese nordeuropeo va alle urne. Ecco qual è la situazione politica, quali sono i candidati e i loro programmi, e cosa dicono i sondaggi
L’11 settembre 2017 si svolgono le elezioni parlamentari in Norvegia, il paese più felice del mondo secondo il World Happiness Report 2017 e quello con il maggiore indice di sviluppo umano, stando allo Human Development Report 2016 stilato dalle Nazioni Unite.
Questo paese, appartenente all’alleanza militare NATO, non fa parte dell’Unione europea, ma insieme a Svizzera, Islanda e Liechtenstein partecipa all’Associazione europea di libero scambio (EFTA). Attraverso l’EFTA, la Norvegia accede allo Spazio economico europeo (EEA), il cui intento è proprio quello di estendere il mercato comune interno dell’Unione a questi paesi.
Oslo fa anche parte dell’accordo di Schengen, il cui spazio è composto da 26 paesi europei, di cui 22 membri dell’Unione.
La Norvegia dunque, oltre che per la sua vicinanza geografica, rappresenta un partner importante per i paesi europei. Lo è in termini commerciali: Oslo è uno dei più importanti esportatori di petrolio al mondo. E in termini culturali: la sua vicinanza a paesi come Danimarca e Svezia e l’appartenenza alla NATO ne fanno un alleato strategico nel teatro dell’Artico e nel confronto con la Russia.
Qual è la situazione attuale in Norvegia?
Il paese è una monarchia costituzionale. Re Harald è il capo dello stato e formalmente nomina anche il governo reale detto consiglio di stato e formato dal primo ministro e dai suoi ministri. Ma il ruolo del re è prettamente cerimoniale.
Il potere esecutivo e quello legislativo sono in mano ai rappresentanti eletti del paese. La Norvegia è così governata da un primo ministro scelto dai partiti che riescono a formare una maggioranza in parlamento. L’assemblea legislativa norvegese è chiamata Stortinget e fino al 2009 era composta da due camere. Con la riforma del 2004, approvata nel 2007, il paese ha adottato un sistema unicamerale.
L’attuale prima ministra conservatrice Erna Solberg è entrata in carica il 16 ottobre 2013 e presiede un governo di minoranza insieme all’altro partito di centrodestra del parlamento norvegese, il partito del Progresso. Le elezioni del 2013 hanno visto la sconfitta del partito Laburista che dal 1927 è sempre stato al centro della politica norvegese, tranne durante l’occupazione nazista avvenuta tra il 1940 e il 1945.
Alle ultime elezioni, l’attuale segretario generale della NATO e allora primo ministro laburista, Jens Stoltenberg, riuscì a raccogliere solo il 30,8 per cento dei voti, contro il 26,8 per cento conquistato dal partito Conservatore della prima ministra Solberg e il 16,3 per cento raggiunto dal partito del Progresso dell’attuale ministra delle Finanze Siv Jensen.
Proprio un accordo tra Solberg e Jensen, basato su un programma di decise misure di controllo sull’immigrazione e forte riduzione delle tasse e tagli alla spesa pubblica, ha portato alla formazione di un governo di centrodestra che ha messo fine a otto anni di amministrazioni laburiste.
Il partito di ispirazione social-democratica, attualmente all’opposizione, mantiene comunque un ruolo chiave nella politica norvegese. Dopo la seconda guerra mondiale, il partito Laburista è stato fondamentale nella ricostruzione del paese, rappresentando il principale fautore del Welfare State in Norvegia.
Così i diritti dei lavoratori e dei cittadini in generale sono diventati una priorità per il governo di Oslo. Oggi i norvegesi generalmente hanno orari lavorativi più corti rispetto al resto d’Europa e sia gli uomini che le donne partecipano alla vita lavorativa con pari diritti. Proprio il Welfare State e i suoi costi sono da sempre al centro della politica norvegese.
Chi sono i candidati alle elezioni parlamentari dell’11 settembre 2017 e cosa propongono?
I principali partiti del paese, gli unici a superare la soglia del 10 per cento alle elezioni del 2013, sono tre: il partito Laburista, il partito Conservatore e il partito del Progresso.
Erna Solberg, la prima ministra conservatrice
L’attuale prima ministra si ricandiderà alle elezioni dell’11 settembre. Solberg guida il partito Conservatore dal 2004, forte dei suoi 48 seggi allo Stortinget, conquistati alle elezioni del 2013. Ha 56 anni, ed è originaria della città sud occidentale di Bergen. È in politica dalla fine degli anni Settanta, è laureata in scienze politiche all’università della propria città natale e siede in parlamento dal 1989.
Solberg ha due figli e suo marito, Sindre Finnes è un ex membro del partito, nonché uomo d’affari che guida la Norsk Industri, l’associazione delle industrie manifatturiere norvegesi. La prima ministra propone un programma di riforme liberali, il cui obiettivo è diminuire le tasse e limitare i poteri del governo, soprattutto in materia economica, lasciando spazio alla libera iniziativa delle imprese.
Il partito Conservatore si fa promotore di un conservatorismo tanto politico quando sociale e religioso. Si propone come una formazione di ispirazione cristiana, basata sui tradizionali valori della famiglia.
Jonas Gahr Støre, il candidato laburista
Il candidato primo ministro del partito Laburista è Jonas Gahr Støre, di 57 anni, che guida questa formazione politica dal 2014. Ex ministro degli Esteri e poi della Salute nell’amministrazione dell’ex primo ministro Jens Stoltenberg, ha preso il controllo del partito proprio quando l’attuale Segretario generale della NATO è entrato in carica.
Nato a Oslo, ha studiato economia alla London School of Economics e all’università Sorbona di Parigi. Parla sia inglese che francese ed è sposato con la sociologa Marit Slagsvold, con cui ha tre figli.
Il partito laburista, che ha raccolto oltre il 30 per cento dei consensi nel 2013, si propone di raggiungere la maggioranza dei seggi al parlamento norvegese per tornare al governo a Oslo. Il programma proposto da Støre si rifà alla tradizione social-democratica. Se eletto, il politico norvegese proporrà un programma di incremento delle tasse e di maggiori limitazioni all’inquinamento emesso dalle industrie, in particolari quelle che estraggono petrolio.
“Il mio governo non avrà tra i suoi componenti un solo negazionista del cambiamento climatico”, ha detto Støre.
Siv Jensen, la ministra nazionalista
L’attuale ministra delle Finanze e leader del partito del Progresso dal 2006, ha 48 anni ed è membro della formazione nazionalista fin dal 1988. Nel 2013, il partito ottenne oltre il 16 per cento dei consensi, riuscendo a formare un governo di coalizione con il partito Conservatore.
Forte dei suoi 29 seggi è riuscita a condizionare le politiche dell’amministrazione Solberg, in particolare sull’immigrazione. La convivenza tra Jensen e la prima ministra è stata però più volte a rischio a causa dei negoziati tra le due formazioni sulle politiche fiscali.
Essendo uno dei maggiori partiti nazionalisti d’Europa, come diverse altre formazioni identitarie, il partito del Progresso propone un’agenda che fonde l’impegno in senso solidale nei confronti degli appartenenti alla comunità nazionale con politiche di chiusura dei confini e di sostegno alle forze dell’ordine. La Jensen è così favorevole al mantenimento del Welfare State per i norvegesi, ma a un più stretto controllo delle frontiere e a una forte limitazione dell’immigrazione nel paese.
Questa formazione merita un’attenzione particolare, la piccola formazione ecologista infatti è quella che più di ogni altra ha guadagnato consensi prima delle elezioni.
Fondato nel 1988, il partito dei Verdi si definisce non legato all’establishment politico norvegese, caratterizzato dall’alternanza tra rossi, i laburisti e blu, i conservatori. Secondo i Verdi, la divisione più importante nel paese riguarda il grigio, il colore dell’inquinamento e il verde, che rappresenta l’ecologia e il rispetto dell’ambiente.
Nonostante abbiano un solo seggio in parlamento, occupato dallo storico leader 62enne Rasmus Hansson, che guida la formazione ecologista insieme alla giovane attivista Une Aina Bastholm, di soli 31 anni, i Verdi hanno una forte rappresentanza in diversi governi municipali della Norvegia e, con il loro 5 per cento di voti stimati, avranno un’influenza potenzialmente significativa sul risultato delle elezioni.
Il programma del partito sostiene l’agricoltura biologica, l’innovazione in linea con il rispetto dell’ambiente, l’industria sostenibile e il benessere degli animali.
Gli altri partiti in parlamento
Per quanto riguarda i partiti norvegesi minori – quelli cioè che siedono nello Stortinget ma non superano i 10 seggi parlamentari – meritano menzione il partito Cristiano Democratico, il partito di Centro, il partito Liberale, i Socialisti di sinistra e il partito Verde.
I Cristiano-democratici, guidati dall’economista Knut Arild Hareide, hanno al momento 10 seggi al parlamento norvegese e nel 2013 raccolsero il 5,6 per cento dei voti. Il partito di Centro ha a capo l’ex ministro dell’agricoltura del governo Stoltenberg, Trygve Slagsvold Vedum e conta 10 parlamentari allo Stortinget e ha raccolto il 5,5 per cento dei voti nel 2013. Il partito liberale è invece guidato dalla giornalista Trine Skei Grande e conta 9 seggi in parlamento, frutto del 5,2 per cento raccolto nel 2013.
Il leader dei socialisti di sinistra è il giovane attivista Audun Lysbakken. Questo schieramento conta 7 parlamentari, grazie a poco più del 4 per cento conquistato alle elezioni del 2013.
Qual è il sistema elettorale in Norvegia?
Lo Storting è il parlamento unicamerale della Norvegia e viene eletto ogni quattro anni con metodo proporzionale. Da questa assemblea emergerà il futuro primo ministro e il suo governo, formalmente nominati dal Re.
Chi può votare
Soltanto i cittadini norvegesi maggiori di 18 anni o che li compiranno entro il 31 dicembre 2017 hanno diritto di voto per le elezioni parlamentari norvegesi. Ogni elettore deve essere tuttavia registrato come residente in Norvegia al 30 giugno 2017, in caso contrario non potrà partecipare alla consultazione elettorale dell’11 settembre.
I norvegesi, nel giorno delle elezioni, potranno votare in qualsiasi seggio aperto nel comune di residenza. Tra il 1 luglio e l’8 settembre è previsto invece il voto anticipato, esprimibile in un comune a scelta del paese. Questa modalità è particolarmente consigliata per disabili e persone affette da patologie invalidanti che hanno la possibilità di votare da casa.
Ogni seggio, all’interno dei box riservati agli elettori, presenta una scheda elettorale per ogni partito, la cui copertina è identica per tutte le liste elettorali, così che una volta inserita nell’urna nessuno potrà capire quale scheda l’elettore abbia scelto di riempire.
Questa presenta una lista di candidati sotto il nome del partito prescelto e l’elettore può indicare l’ordine di preferenza degli eletti, in modo non solo da assegnare il proprio voto alla lista, ma anche di decidere chi delle persone che si propongono come futuri parlamentari, in caso raggiunga il numero di preferenze necessarie, debba essere eletto per primo.
Chi risulta eletto
Ogni contea del paese ha un numero prefissato di eletti allo Stortinget, che conta nel complesso 169 seggi. Per ottenere la maggioranza infatti un partito deve ottenere almeno 85 seggi, una condizione che non viene raggiunta da anni in Norvegia, il cui governo è ormai stabilmente frutto di accordi di coalizione tra diverse formazioni elettorali.
I voti validi sono conteggiati in maniera proporzionale a livello di contea, una volta stabilito il partito di maggioranza in ambito locale infatti, si procede a capire quali candidati sono risultati eletti, secondo l’ordine di preferenza scelto dagli elettori che hanno votato per la relativa lista.
Cosa dicono i sondaggi e quali sono le prospettive future?
Nelle elezioni locali del 2016, entrambi i partiti che formano la coalizione di maggioranza hanno perso consensi. Il partito della prima ministra Solberg ha perso almeno il 4,7 per cento dei voti rispetto al 2013, mentre quello della ministra delle Finanze Jensen, oltre l’1,7 per cento.
I conservatori hanno anche perso il controllo delle due maggiori città della Norvegia, Oslo e Bergen. Anche il partito laburista però, il principale partito di opposizione del paese, ha diminuito i propri consensi.
Gli ultimi sondaggi prevedono un testa a testa tra l’attuale prima ministra Solberg e il candidato laburista Jonas Gahr Støre, entrambi i partiti sono dati tra il 25 e il 30 per cento.
Il prossimo governo di Oslo sarà quindi ancora un governo di coalizione e i piccoli partiti, come oggi la formazione nazionalista della ministra Jensen, decideranno da che parte penderà l’ago della bilancia in termini di orizzonte politico.
Il partito Cristiano Democratico è da sempre un partito vicino al centrodestra, ma se cambiasse potrebbe consegnare la maggioranza del paese dal centro destra al centro sinistra. Un altro partito che merita attenzione è quello Verde, la cui posizione sull’industria petrolifera potrebbe cambiare le prospettive di Oslo.
La Norvegia è uno dei più importanti paesi produttori di petrolio al mondo, il cui fondo sovrano, lo Statens pensjonsfond, letteralmente il fondo pensionistico di stato, è il più ricco del mondo con quasi 830 miliardi di euro di valore di mercato.
La gestione del fondo e delle sue risorse è, come ovvio, al centro del dibattito pubblico a Oslo. Quest’istituzione finanziaria è gestita secondo criteri etici e prudenziali. È nata per occuparsi in maniera efficiente dei proventi dell’estrazione del petrolio ed evitare lo sperpero o la perdita dei risparmi accumulati grazie a quest’enorme risorsa nazionale.
Le attività del fondo sono gestite tenendo conto dell’alta volatilità dei prezzi petroliferi, i cui rapidi apprezzamenti e deprezzamenti possono definire il successo o l’insuccesso economico di un paese, come dimostra il caso del Venezuela. Il settore petrolifero norvegese deve ancora riprendersi dopo che migliaia di posti di lavoro sono andati persi quando i prezzi del greggio sono crollati tra il 2014 e il 2016.
Così, il previsto testa a testa tra il partito laburista e quello conservatore e la posizione contraria all’estrazione petrolifera del partito Verde, che con il suo 5 per cento di consensi previsti, potrebbe rappresentare l’ago della bilancia della politica norvegese, determinerà il futuro di questa industria.
Anche il prezzo di questo combustibile però può influenzare a sua volta la politica norvegese, un aumento dei prezzi energetici, secondo alcuni commentatori, può infatti favorire le formazioni di governo e impedire ai laburisti di tornare al governo.