“Ecco come ci siamo rialzati dopo il 2016”: cronaca della elezioni di midterm tra gli attivisti Democratici
Benedetta Argentieri ha seguito per TPI la notte delle elezioni di midterm tra gli attivisti del Partito Democratico a New York
È stato un urlo liberatorio. A squarciagola, incredulo. “Ce l’abbiamo fatta” gridano dal palco. Sono le 22.22 e tutte le proiezioni dicono la stessa cosa: i democratici riprenderanno il controllo della Camera.
E nel cuore di Brooklyn per quasi 500 attivisti, simpatizzati e consiglieri comunali ritrovati per seguire i risultati, la gioia è quasi incontenibile. “Questa è una notizia meravigliosa, ma non ci possiamo fermare adesso.
Cosa fate domani? Dobbiamo lavorare come se ogni giorno ci siano le elezioni”, esortano gli organizzatori del Brooklyn Voters Alliance. La serata a The House Bell è cominciata con il peggiore dei sospetti sui sondaggi che davano i democratici come vincitori.
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“Cautamente ottimista” era la risposta più gettonata, nessuno vuole esporsi memori di quello che è successo nel 2016 quando tutti i sondaggi davano per vincitrice Hillary Clinton. Alle 21 cominciano ad arrivare i risultati.
Qualche boo è partito sulla rielezione di Andrew Cuomo e Ted Cruz. Applausi per ogni seggio vinto dai democratici. Alle 21.30, sempre più persone cominciano a credere nel miracolo. L’onda blu prende il Kansas. “Queste elezioni sono davvero importanti, è a rischio il concetto di democrazia”, spiega Elizabeth Pauker, 33 anni. “Prima del 2016 non ero così attiva. Con le elezioni di Trump ho capito che dovevo partecipare”.
Ha preso un giorno libero al lavoro per volantinare davanti ai seggi, fare telefonate per esortare gli elettori alle urne. Anche Erica Cohen ha seguito un percorso simile. “Il 9 novembre 2016 (il giorno dopo le elezioni presidenziali ndr) ci siamo trovati in un bar e tale era lo stress, il dispiacere che all’appuntamento nato su Facebook sono arrivate 2mila persone”, racconta a TPI.
Da quella serata è nata Brooklyn voters alliance, che oggi raccoglie decine di associazioni e gruppi, e un migliaio di militanti. Tutti pronti a credere a un cambiamento. Tra questi gruppi c’è anche Indivisible, una delle realtà più interessanti nata dopo le elezioni di Trump.
Un gruppo di politica dal basso che è riuscito a spingere alle dimissioni decine di repubblicani. “Abbiamo usato le tecniche del Tea Party: telefonate, manifestazioni e sit-in davanti agli uffici dei nostri rappresentanti”, spiega Anthony, insegnante delle scuole superiori.
Liant Dienick, 32 anni, anche lei parte di Indivisible, si è svegliata alle 6.30 per andare a bussare alle porte a Staten Island. “È un lavoro faticoso ma allo stesso tempo davvero importante”, racconta. Da mesi lavora senza sosta per la campagna dello stato di New York e quando è chiaro che i democratici avrebbero preso il controllo del Congresso locale, la sua gioia è visibile sul volto.
Alle 23 i risultati sono sempre più chiari, e la vittoria si fa dolce e amara. Il Senato rimane ai Repubblicani. E forse l’onda blu in cui tutti speravano non è stata quello Tsunami che ci si aspettava. Queste elezioni hanno fatto un record di affluenza e di partecipazione.
I candidati hanno speso 5 miliardi dollari in campagne e pubblicità. Migliaia dei attivisti hanno lavorato per mesi. E le elezioni di metà mandato sono diventate un referendum sull’operato di Donald Trump.
Ma in realtà i temi erano diversi. Molte donne repubblicane hanno deciso di cambiare casacca dopo le audizioni di Brett Kavanaugh alla Corta Suprema. Si è parlato molto poco di economia e sanità, entrambi temi molto cari agli elettori.
Troppo di immigrazione, quando la maggior parte degli americani ritiene troppo dura la risposta dell’amministrazione alla carovana che si dirige verso i confini americani. Mancano almeno un paio di mesi al loro arrivo, ma la Casa Bianca ha mandato 5mila soldati al confine proprio alla vigilia delle elezioni.
“Donald Trump ha continuato con un messaggio che divide e polarizza le opinioni. Ora abbiamo bisogno di tornare a essere più moderati”, sottolinea Barbara Mataldi, 40 anni.
Alle 23.30 la maggior parte delle persone si avvia all’uscita. Anche se sul palco continuano a scorrere i risultati dalla costa occidentale. “Non è andata male”, sussurra una ragazza. “Almeno abbiamo ripreso la Camera”. E poco importa se Donald Trump dichiara vittoria in un tweet. L’urlo di gioia arriva dalla base democratica.