Elezioni in Argentina, l’ultimo dibattito prima del voto è uno scontro a due tra Macri e Fernandez
Domenica 27 ottobre si tengono le elezioni presidenziali argentine. I sondaggi danno come favorito Alberto Fernandez, candidato della coalizione Frente de Todos insieme all'ex presidente Cristina Kirchner
Elezioni in Argentina 2019, l’ultimo dibattito prima del voto è uno scontro a due tra Macri e Fernandez
Buenos Aires. Alberto Fernandez, il candidato alle elezioni presidenziali argentine per la coalizione Frente de Todos, ha giocato in casa nel secondo dibattito televisivo prima del ritorno alle urne, che si terrà domenica 27 ottobre. Il confronto tra i candidati, l’ultimo prima del voto, si è tenuto nella facoltà di diritto dell’Università di Buenos Aires, dove Fernandez ha studiato e insegnato. Quattro i temi sul tavolo: la sicurezza e il federalismo. Il lavoro e le condizioni economiche del paese che, secondo la Banca Centrale, dalle primarie di agosto a oggi ha visto una fuga del 37 per cento delle riserve in dollari. E dove, stando agli ultimi dati rilasciati dall’Indec, l’indice di povertà ha raggiunto il 35,4 per cento della popolazione alla fine del primo semestre del 2019.
L’appuntamento televisivo si è ridotto a uno scontro a due tra l’attuale capo dello Stato Maurizio Macri, leader di Juntos por el Cambio ed esponente della destra, e Fernandez, che corre per la Casa Rosada in coppia con l’ex presidente Cristina Kirchner. Ma al dibattito, obbligatorio per legge, hanno partecipato tutti i candidati che alle primarie di agosto hanno superato la soglia del 2 per cento: l’ex ministro dell’Economia di Néstor Kirchner, Roberto Lavagna, leader di Consenso Federal; Nicolás del Caño, candidato del partito trotzkista Frente de Izquierda e l’estrema destra rappresentata da Juan José Gómez Centurión del Frente Nos e José Luis Espert del Frente Despertar, negazionisti della dittatura militare.
Macri e Fernandez non hanno risparmiato di sferrare attacchi diretti. Un fuoco incrociato in cui il primo ha accusato l’aspirante presidente peronista, vincitore delle primarie e dato come favorito dai sondaggi, di avere una propensione all’autoritarismo e di avere tollerato la corruzione del periodo kirchnerista quando aveva ricoperto l’incarico di Capo del Gabinetto dei ministri. Il secondo ha preferito mirare al punto debole dell’ex presidente del Boca Juniors, l’economia, accusandolo di avere contribuito a determinare l’attuale crisi argentina. “Al presidente non interessa molto la condizione dei lavoratori”, ha affermato Fernandez, alludendo alle diseguaglianze sociali che colpiscono il paese.
Macri, sconfitto alle primarie di agosto, forte delle manifestazioni che hanno caratterizzato l’ultima fase della sua campagna elettorale “Si se puede”, si è presentato come il rappresentante di un governo volutamente diverso rispetto a quello che incarnerebbe Fernandez. Lo ha fatto sottolineando quanto ottenuto in tema sicurezza, e nella lotta al narcotraffico, e definendo il principale rivale come il fautore di uno stato autoritario, opaco e poco attento alla libertà di stampa.
L’ex Capo di Gabinetto ha continuato a ribadire le responsabilità del governo nelle attuali condizioni della classe media e delle classi povere. Un giudizio condiviso da molti cittadini, che rimproverano al candidato di Juntos por el Cambio di avere consentito il ritorno del Fondo Monetario Internazionale nel paese. Il Fmi ha concesso un prestito da 57 miliardi di dollari, di cui quasi l’80 per cento è stato già versato. In cambio, il governo ha avviato un piano di austerità che ha colpito i settori più fragili della società argentina.
“I kirchneristi cercano di trovare una soluzione ai problemi che hanno causato”, ha affermato Macri in chiusura. “E ora dovrò sentirli parlare per altre tre settimane”, ha aggiunto riferendosi a un eventuale secondo turno, che si terrebbe il 17 novembre. “Un giorno sono arrivati Nestor e Cristina e abbiamo rimesso in piedi l’Argentina. Con Macri siamo tornati indietro. Ora, ricominciamo di nuovo”, ha concluso Fernandez.