Elezioni in Algeria, i risultati: vince l’astensionismo (e un uomo di Bouteflika)
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Elezioni in Algeria, i risultati: chi è il nuovo presidente
Il nuovo presidente dell’Algeria è Abdelmadjid Tebboune: l’ex ministro dell’Edilizia abitativa, e con un breve trascorso da primo ministro ai tempi di Bouteflika, ha vinto le elezioni del 12 dicembre. Un voto caratterizzato da un astensionismo record (ha votato il 39,83 per cento degli aventi diritto) e dalle proteste che, anche dopo l’annuncio dell’esito delle urne, proseguono imperterrite.
Per le autorità c’è stata “un’atmosfera di festa senza precedenti”
A ufficializzare l’esito delle elezioni è stata l’Autorità elettorale indipendente nazionale (ANIE) e il suo presidente Mohamed Charfi che ha lodato “l’atmosfera di festa senza eguali” che ha accompagnato il voto. Senza precedenti è stata anche l’opposizione del Movimento ‘Hirak’ alla tornata elettorale: l’affluenza è stata la più bassa mai registrata in Algeria e per tutta la giornata di ieri, mentre meno di elettore su due si recava alle urne, le strade delle principali città del paese si riempivano di migliaia di manifestanti. Constantine, Jijel, Bouira, Skikda, Tizi Ouzou, Bejaia, Bordj Bou Arreridj e naturalmente Algeri: per tutto il giorno sono proseguiti i cortei e le sfilate contro il voto, l’esercito e l’élite politica algerina.
L’Hirak in strada anche oggi: “Non ci arrendiamo”
Secondo l’ANIE, l’Algeria è entrata in una “fase nuova” destinata a “raggiungere la democrazia” e mettere in atto “il volere del popolo”. Intanto, però, non si placano le manifestazioni: i cortei proseguono, nonostante gli arresti già compiuti ai danni di decine di manifestanti che avevano cercato di ostacolare le operazioni elettorali, anche all’indomani del voto. A Reuters, un ragazzo di 24 anni, Riad Mekersi, che ha dichiarato di aver preso parte a tutte e 44 le proteste settimanali cominciate il 22 febbraio scorso, ha lanciato la sfida anche al nuovo presidente: “Abbiamo rovesciato Bouteflika e faremo lo stesso con tutti gli uomini del sistema. Non ci arrendiamo”, ha detto.
Qualche numero sulle elezioni
Le preferenze raccolte da Tebboune, secondo Al Jazeera, sono state 4 milioni 945.116 su un totale di 24 milioni 474.161 aventi diritto. Alle sue spalle si è piazzato Abdelkader Bengrina, con il 17,38 per cento dei voti. Terzo Ali Benflis con il 10,55 per cento, davanti a Azzeddine Mihoubi, 7,26 per cento. Ultimo Abdelaziz Belaid con appena il 6,66 per cento dei voti.
I cittadini algerini hanno votato 34 settimane dopo la data inizialmente prevista: originariamente, infatti, si sarebbe dovuto votare il 18 aprile scorso. Quella consultazione, però, venne rimandata sulla scia delle proteste di piazza contro Abdelaziz Bouteflika, allora presidente e in carica da vent’anni. Proprio l’annuncio di Bouteflika di volersi candidare al quinto mandato nonostante l’età avanzata (82 anni da compiere di lì a pochi giorni) e le gravi condizioni di salute fece scoppiare la protesta. Dopo il rinvio del 18 aprile, le autorità di Algeri furono costrette a cancellare anche la data successiva, individuata nel 4 luglio: in quel caso le uniche due candidature vennero rifiutate dal Consiglio costituzionale.
Cinque candidati, tutti espressione della solita élite
I candidati erano dunque cinque e tutti, in un modo o nell’altro, espressione della classe politica che da tempo governa l’Algeria: i primi due, Benflis e Tebboune, in passato hanno ricoperto l’incarico di primi ministri. Per quasi tre anni (tra 2000 e 2003) Benflis; per pochi mesi Tebboune, che vanta però una lunga carriera da ministro dell’Edilizia abitativa.
Hanno guidato dicasteri algerini anche altri due candidati: Azzedine Mihoubi, attuale ministro della Cultura, e Abdelkader Bengrina, con un passato da ministro del Turismo. Tutti e quattro hanno ricoperto i sopracitati incarichi durante l’era Bouteflika, cioè la lunga presidenza duranta dal 1999 allo scorso aprile.
L’ultimo candidato, Abdelaziz Belaid, è stato a lungo un membro del partito dell’ex presidente (il Fronte di liberazione nazionale, FNL) prima di lasciare lo schieramento e fondare il Fronte El Moustakbal. Già nel 2014 ha corso come candidato presidente, raccogliendo il 3 per cento delle preferenze e venendo sconfitto dal vecchio leader.
L’Hirak e l’esercito, gli altri attori in gioco
Dal 22 febbraio, le proteste – chiamate ‘Hirak’, ovvero ‘Movimento’ – non si sono mai fermate: per 42 settimane consecutive centinaia di migliaia di persone hanno continuato a protestare scendendo in piazza ogni martedì e venerdì. Contro Bouteflika prima, contro la classe politica nella sua accezione più ampia poi. Nel mirino dei manifestanti, naturalmente, è finito anche l’esercito guidato dal capo di Stato maggiore, e viceministro della Difesa, Ahmed Gaid Salah. Le forze armate, e il suo leader, hanno a più riprese sottolineato la necessità di votare e si sono fortemente opposte all’Hirak e ai manifestanti.