Un attentato al cuore dello stato in Egitto
L'attentato del 29 giugno al Cairo ha segnato un chiaro spartiacque: il magistrato Hisham Barakat è la più alta carica dello Stato vittima di un attentato terroristico
Il 30 giugno non ci sono stati festeggiamenti al Cairo per il secondo anniversario della caduta dell’ex presidente Mohammed Morsi, esponente della Fratellanza Musulmana, formazione politica ora illegale nel Paese.
La celebrazione è stata annullata in seguito alla morte del procuratore generale egiziano Hisham Barakat, in un attentato avvenuto il 29 giugno nel distretto residenziale di Heliopolis, al Cairo.
Una bomba piazzata in una macchina e probabilmente fatta esplodere a poca distanza ha colpito il convoglio del pubblico ministero. Barakat è morto poco dopo per emorragia interna, secondo quanto ha dichiarato il ministro della Salute Adel Adawi.
Altre nove persone sono rimaste ferite e l’esplosione ha danneggiato gravemente le abitazioni e i veicoli circostanti.
Esponenti del sistema giudiziario egiziano erano già stati presi di mira in passato, soprattutto nella zona del Sinai, come vendetta per le condanne a morte di vari membri della Fratellanza Musulmana, incluso l’ex presidente Morsi.
Il procuratore generale Barakat era uno dei magistrati che più hanno promosso la repressione del dissenso nel Paese. Inoltre, anche l’Isis di recente ha incitato la popolazione ad attaccare la magistratura.
L’attentato del 29 giugno, tuttavia, ha segnato un chiaro spartiacque nella politica egiziana: Barakat è la più alta carica dello Stato a essere stata vittima di un attentato terroristico.
Inoltre l’attacco si è verificato in una zona residenziale della capitale, abitata da esponenti della classe medio-alta egiziana, e questo ha avuto un forte impatto sull’opinione pubblica.
Alcuni membri del Consiglio rivoluzionario egiziano – che raggruppa esponenti della Fratellanza Musulmana e altri gruppi dell’opposizione – sostengono che il consenso popolare per il presidente Abdel Fattah al-Sisi sia in costante calo a causa delle violenze contro gli oppositori e la sistematica limitazione della libertà di stampa e di espressione.
L’uccisione di Barakat, tuttavia, potrebbe facilmente invertire questo trend, convincendo sempre più egiziani che la sicurezza e la stabilità economica abbiano la priorità sulla democrazia.
La Fratellanza Musulmana ha condannato l’attentato, negando qualsiasi coinvolgimento, e ha cercato di spostare l’attenzione sulle responsabilità del governo riguardo la sicurezza e l’uso della violenza nel Paese.
Tuttavia è facile prevedere un ulteriore giro di vite sull’organizzazione islamista, e sulle opposizioni in generale, con il più o meno tacito assenso dell’opinione pubblica tra i ceti benestanti.
L’attentato è stato condannato ufficialmente anche dal presidente degli Stati Uniti Barak Obama. Questa condanna, insieme ai recenti avvicinamenti diplomatici tra il presidente egiziano e i governi tedesco e britannico, fanno pensare a un crescente sostegno internazionale per il governo di al-Sisi.
In seguito all’attentato del 29 giugno, il presidente egiziano ha lanciato un appello alla comunità internazionale per ottenere ulteriore sostegno nella sua lotta contro il terrorismo.
Il presidente al-Sisi ha inoltre chiarito le sue intenzioni di lavorare affinché i giudici abbiano più libertà di manovra per emettere sentenze in tempi brevi, sostenendo che al momento abbiano invece le “mani legate”.
Nel frattempo, come riporta Middle East Monitor, già da gennaio il governo egiziano ha cominciato a muoversi per modificare la Costituzione, in modo da garantire che il prossimo parlamento non possa essere sciolto e fornendo al presidente la totale immunità.
Al momento in Egitto si contano oltre 40mila prigionieri politici e il centro Nadeem, che si occupa di curare le vittime di abusi e torture in prigione, stima circa 272 decessi nei penitenziari.
Le prospettive di riforma politica nel Paese dunque non fanno pensare a un’evoluzione positiva della situazione politico-umanitaria in tempi brevi.
Intanto, la giornata del 30 giugno – in concomitanza con l’anniversario della deposizione dell’ex presidente Mohammed Morsi – è stata ufficialmente dichiarata festa nazionale in Egitto dal capo di stato al-Sisi.
La stazione della metropolitana Sadat, quella che dà accesso a piazza Tahrir, nota per essere stata il centro della rivolta popolare contro l’ex presidente egiziano Hosni Mubarak nel 2011, è stata chiusa a tempo indeterminato.
Nonostante tutte le precauzioni, un secondo attentato, avvenuto il 30 giugno contro una stazione di polizia, è fallito solo perché l’autobomba – con a bordo due persone non ancora identificate – è stata rallentata da una delle tante risse che avvengono nelle trafficatissime strade del Cairo, facendo probabilmente detonare l’ordigno prima che l’auto raggiungesse l’obiettivo e uccidendo solo un passante, come riportato dal quotidiano AlAhram online.
In un altro attacco avvenuto il primo luglio, rivendicato da un gruppo affiliato alI’Isis, almeno cinquanta soldati dell’esercito egiziano sono stati uccisi nel nord della penisola del Sinai, in Egitto.
L’attacco è stato compiuto da circa 70 combattenti contro cinque posti di blocco, nei pressi della città di Sheikh Zuweid. Il bilancio delle vittime non è ancora stato confermato.
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