Egitto, approvata legge per regolamentare social media. Amnesty: “legalizza la censura di massa”
La norma prevede che gli utenti con più di 5mila follower siano sottoposti alla supervisione del Consiglio supremo per il regolamento dei media. Per le ong si rischia di limitare la libertà di espressione
In Egitto il parlamento ha approvato una nuova legge per regolamentare l’uso dei social media, aumentando i timori che la norma possa ulteriormente limitare la libertà di espressione e il dissenso nei confronti del regime del presidente Abdel Fattah al-Sisi.
Secondo il quotidiano statunitense The Wall Street Journal, la norma prevede che tutti gli utenti con più di cinquemila follower, su Twitter e su Facebook, possano essere posti sotto la supervisione del Consiglio supremo per il regolamento dei media, un organismo istituito da un decreto presidenziale nel 2017. Da allora, come denunciato da diverse ong, il Consiglio avrebbe violato la libertà di stampa deferendo numerosi operatori del media all’ordine dei giornalisti per sottoporli a provvedimenti disciplinari.
L’organismo sarebbe autorizzato a sospendere o bloccare qualsiasi profilo personale che “pubblica o trasmette notizie false o che incita a violare la legge, alla violenza o all’odio”. Il testo riguarda siti, blog e profili personali ed entrerà in vigore solo quando sarà promulgata dal presidente al-Sisi.
Secondo le organizzazioni per i diritti umani, la norma è un tentativo aggressivo di soffocare i social media, uno dei pochi punti di riferimento per la libertà di espressione nel paese.
Per Najia Bounaim, vice direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa, il testo, insieme ad altre leggi relative ai media, legalizzerà “la censura di massa e intensificherà l’assalto al diritto alla libertà di espressione in Egitto, che già è uno degli stati più oppressivi per i giornalisti e per i social media”.
“Ogni giorno riceviamo denunce da parte di persone di ogni strato della società egiziane che sono state perseguitate per aver pubblicato post su Facebook, tweet, opere artistiche o persino perché trovate in possesso di scritti inediti finiti nelle mani delle autorità egiziane“, ha commentato Bounaim.
Secondo Amnesty, nell’ultimo anno le forze di sicurezza hanno bloccato, senza alcuna base giuridica, cinquecento siti tra cui portali indipendenti d’informazione e pagine di organizzazioni per i diritti umani.