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Efficienza svizzera

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La Svizzera è di nuovo in cima alla classifica di competitività redatta dal World Economic Forum

La Svizzera si conferma nuovamente in cima alla classifica del Global Competitiveness Index 2013-2014 (GCI), l’indice di competitività redatto annualmente dal World Economic Forum. Per il quinto anno di fila, gli svizzeri sono in testa ai 148 paesi analizzati dal WEF, ma si trovano anche nella top ten di un’altra graduatoria: con 28 giorni di ferie pagate previste dai contratti nazionali, si piazzano al decimo posto tra tutti i paesi Ocse.

Circostanza che porta subito alla considerazione diretta: essere competitivi, produttivi, non si lega alla quantità di vacanze. A maggior ragione se si va ad analizzare il dato degli Stati Uniti, unico paese tra i 21 più sviluppati in cui il contratto federale non prevede ferie: l’America “productive and competitive” non va oltre il quinto posto. Sopra Singapore, Finlandia e Germania (dove i giorni di ferie da contratto sono addirittura 30).

Negli Stati Uniti la decisione sulle ferie, viene lasciata direttamente nelle mani delle aziende, creando un’enorme disparità tra le classi socioeconomiche: pensare che soltanto la metà dei lavoratori a basso salario, gode di almeno un giorno di permesso retribuito. Ma neanche per le classi più privilegiate va molto meglio, con una media di 13 giorni concessi dalle aziende. Situazione che ha portato gli americani nella fascia bassa del Work-Life Balance, indice studiato dall’Ocse per definire l’equilibrio tra lavoro e vita quotidiana.

Eppure gli scienziati hanno spiegato che le vacanze sono rivitalizzanti davvero. Uno studio del 2007, redatto addirittura dalla NASA, ha dimostrato che le prestazioni lavorative aumentano dell’82 per cento al rientro da viaggi dalla durata settimanale.

Certo, il caso della Svizzera è a sé stante: gli svizzeri sono noti per serietà, puntualità, responsabilità, etica del lavoro. Tutte componenti che influiscono sulla produttività, a prescindere dai giorni lavorativi. Tanto per fare un esempio, nel 2012 con un referendum i cittadini elvetici decisero di bocciare la possibilità d’innalzare la soglia delle “ferie per legge” a sei settimane: si temeva che i livelli di crescita e produzione, non potessero essere mantenuti.

Responsabilità, appunto.

E allora in Italia com’è la situazione? Nel nostro Paese il codice civile indica un minimo di quattro settimane di riposo, con aumenti in base alla contrattazione nazionale. A questi vanno aggiunte le varie festività obbligatorie (Natale, Pasqua, Santi patroni, etc), così che si arriva alle 30-32 giornate annue, che ci permettono di piazzarci al quarto posto tra i paesi più sviluppati.

Il Bel Paese, d’altronde. Il problema però, viene fuori quando si apre la voce produttività: 49esimi. Davanti a noi nazioni come Barbados, Mauritius, Panama; posizione che per altro l’Italia ha leggermente peggiorato rispetto al GCI del 2012-2013 (ai tempi eravamo 42esimi). La questione diventa sociale, se si considera che alla produttività si lega a stretto giro la competitività di un paese.

Dal report del WEF in cui è contenuto l’indice, l’Italia non figura male a livello di sofisticazione del business (27esima) ed è addirittura seconda al mondo per la qualità dei suoi business clusters (interconnessioni geografiche tra imprese). Altro importante punto di forza, è la dimensione del mercato (il decimo al mondo) che consente significative economie di scala.

In Italia, le problematiche di competitività secondo gli analisti si legano a diversi fattori critici ancora irrisolti. A cominciare dalla rigidità del mercato del lavoro e dall’incapacità di generare occupazione. E poi il contesto amministrativo e burocratico macchinoso e arretrato, gli alti livelli di corruzione e criminalità, la scarsa fiducia degli investitori esteri.

Lo studio del Word Economic Forum si è basato sull’analisi di vari “pilastri” che sostengono la competitività e la produttività di un sistema paese: contesto istituzionale, infrastrutture, quadro macroeconomico di riferimento, benessere e educazione di base, alta formazione e training, efficienza del mercato dei beni, mercato del lavoro, settore finanziario, dimensione complessiva del mercato, sofisticazione del business, innovazione tecnologica.

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