È possibile tornare indietro dalla Brexit?
Da quando il Regno Unito ha deciso di lasciare l’Ue si è fatta sempre più forte la voce di chi vorrebbe un secondo referendum. È possibile? Come stanno davvero le cose?
Una petizione per chiedere un secondo referendum sulla Brexit, un’altra perché Londra diventi città autonoma. E, infine, l’ipotesi di una nuova consultazione popolare per l’indipendenza della Scozia. Nei concitati giorni che seguono la vittoria del fronte del leave, con la politica britannica nel caos, elettori pentiti per la loro scelta di votare Brexit, nel Regno Unito sono in molti a chiedersi se ci sia un modo per tornare indietro. È possibile fermare la Brexit? Come stanno davvero le cose? Ecco alcuni punti per fare chiarezza.
Cosa è la petizione per avere un secondo referendum sulla Brexit?
Sul sito del parlamento britannico c’è una petizione in cui si chiede un nuovo referendum per l’Unione europea e che ha superato in tre giorni i 3 milioni e mezzo di adesioni. I firmatari chiedono la promulgazione di una nuova legge che consenta la ripetizione del referendum in caso di un risultato del leave o del remain inferiore al 60 per cento. E che abbia come condizione minima un’affluenza alle urne non inferiore al 75.
È vero che è stata manipolata?
Il parlamento britannico ha comunicato che erano state aggiunte 77mila firme non valide: gli unici che hanno diritto di aderirvi sono i cittadini britannici e coloro che risiedono nel Regno Unito. Tutte le firme finora individuate che non rispettano i requisiti sono state rimosse e l’ufficio petizioni del parlamento assicura che continuerà le verifiche.
Era già stata presentata prima del referendum oppure c’è stata una nuova petizione?
La petizione era stata presentata dall’attivista anti-Ue William Oliver Healey il 25 maggio nel timore che al referendum del 23 giugno avesse vinto il remain, come prevedevano i sondaggi. Non è da confondere con l’altra petizione di change.org, firmata da più di 150mila persone, che chiede di dichiarare l’indipendenza di Londra dal Regno Unito in modo che la città (dove la maggioranza dei cittadini ha votato remain) possa nuovamente avviare la procedura per chiedere di entrare a far parte dell’Unione europea.
È ancora valida?
Sì. Le petizioni che vengono firmate sul sito del parlamento, se superano le 100mila firme, vengono in seguito sottoposte alla commissione incaricata di valutarle e proporle per un eventuale dibattito parlamentare. Secondo alcuni analisti politici britannici, tuttavia, sono poche le possibilità che la petizione arrivi a essere discussa in parlamento.
Quindi se la petizione diventa legge ci sarà un secondo referendum?
No. La legge non può avere effetti retroattivi, quindi non può annullare il risultato di un referendum in cui gli elettori si sono già espressi. Che sia stato presentato il 24 maggio, prima della data del referendum non significa nulla. Se il testo della petizione diventasse legge, resterebbe tuttavia il significato politico, anche perché il voto sulla Brexit non è vincolante, ma deve essere ratificato dal parlamento.
È possibile fare un passo indietro?
Le chance sono davvero minime: è vero che due terzi dei deputati che dovrebbero ratificare il risultato del referendum sono contrari alla Brexit, ma quando il parlamento lo ha indetto, ha implicitamente stabilito che ne avrebbe rispettato gli esiti. Fare il contrario significherebbe andare contro il voto popolare.
Quindi è inutile che il fronte pro-Unione europea continui la sua campagna?
No. Lo spiega bene un editoriale pubblicato lunedì 27 giugno sul Financial Times, giornale schierato contro la Brexit: nuove elezioni con un nuovo governo eletto con il chiaro mandato di negoziare un nuovo accordo con l’Unione europea e di sottoporlo al voto popolare avrebbero la forze per tornare indietro.
E quale sarà il futuro della Scozia?
L’appartenenza all’Unione europea del Regno Unito è inserita nell’accordo sulla devolution con Irlanda del Nord e Scozia. Smantellare il trattato, richiederebbe il consenso dei vari parlamenti nazionali del Regno Unito. Consenso che la Scozia ha già annunciato di non avere intenzione di concedere. Si aprirebbe una crisi istituzionale che in ultima istanza potrebbe essere risolta solo con un nuovo referendum per l’indipendenza dal Regno Unito, adesso “altamente probabile”, come ha dichiarato la first minister scozzese Nicola Sturgeon.