Due anni dopo Fukushima
Migliaia di giapponesi hanno manifestato contro l'uso dell'energia nucleare, ma il governo di Shinzo Abe la pensa diversamente
Migliaia di manifestanti hanno marciato ieri a Tokyo per chiedere al governo di abolire il nucleare come fonte di energia del Paese. La manifestazione si è svolta un giorno prima del secondo anniversario del terremoto e dello tsunami che hanno colpito il Giappone nel 2011, uccidendo più di 15 mila persone.
La fusione dei noccioli dei reattori della centrale di Fukushima ha causato l’evacuazione di circa 160 mila persone. La Tokyo Electric Power (Tepco) sta portando avanti un pluridecennale impegno per decontaminare e smantellare l’impianto. L’evento viene considerato il peggior disastro nucleare dopo quello di Chernobyl nel 1986. In tutto il Giappone circa 50 reattori sono stati gradualmente chiusi nei mesi successivi.
Ma la vittoria travolgente di dicembre del primo ministro Shinzo Abe e del suo Partito Liberal-Democratico, che sostiene da tempo il nucleare, sembra portare il Paese verso un’altra direzione. Un sondaggio del 2012 ha mostrato tuttavia che circa il 70 per cento dei giapponesi vuole fare a meno dell’energia atomica.
Le paure che muovono il movimento contro il nucleare arrivano anche da un documento uscito nel mese di gennaio 2012, in cui l’Earthquake Research Institute dell’Università di Tokyo aveva riferito che c’è una probabilità del 70 per cento che un terremoto di magnitudo 7 o superiore colpisca la capitale del Giappone entro il 2016.