Il caso della donna stuprata e uccisa a colpi di mattone in India
Una ragazza di 23 anni è stata rapita, violentata da un gruppo di uomini e poi sbranata dai cani. La polizia ha fermato e identificato due sospettati
Rapita, violentata da un gruppo di uomini, seviziata, colpita a morte con alcuni mattoni e infine data in pasto ai cani: così una donna indiana di 23 anni è stata uccisa il 9 maggio nello stato settentrionale di Haryana.
Nei giorni successivi al brutale omicidio, la polizia indiana ha identificato e arrestato due uomini accusati di essere i responsabili dello stupro, ma si sospetta che in tutto siano almeno sette le persone coinvolte.
L’ennesimo episodio di violenza si è consumato nella città di Sonipat, a circa 44 chilometri a nord di Nuova Delhi. Secondo le prime ricostruzioni delle autorità locali, la donna è stata rapita nei pressi di casa sua e costretta a salire su un auto diretta verso la vicina cittadina di Rohta.
Qui è stata ripetutamente violentata, prima di essere stuprata. La giovane è stata drogata e sedata, poi torturata con oggetti affilati e colpita ripetutamente sul viso con un mattone nel tentativo di sfigurarla, renderla irriconoscibile e celare così la sua identità.
I suoi aggressori hanno continuato a infierire sul cadavere della donna investendola più volte con l’auto, secondo quanto riferito dal quotidiano indiano Hindustan Times. “Il suo cranio è stato schiacciato e molte delle ossa spezzate”, ha aggiunto il medico che ha effettuato l’autopsia sul corpo della ragazza.
“Quando la ragazza ha minacciato i suoi aguzzini di rivelare ciò che stava accadendo, è stata uccisa. Una volta terminato il lavoro, il corpo della donna è stato abbandonato in un campo aperto, dove i cani randagi hanno fatto il resto”, ha raccontato un funzionario di polizia.
Il corpo della donna è stato ritrovato giovedì 11 maggio in un campo incolto: il suo viso era stato completamente sbranato dai cani e mancavano alcune parti del suo corpo.
La polizia di Haryana – nel tentativo di sottrarsi a critiche e polemiche che, al contrario, si innescarono nel 2012 a causa della lentezza delle autorità nel fare luce sulla violenza di gruppo compiuta ai danni di una ragazza – ha effettuato rapidamente gli arresti. Due persone sono state fermate e identificate, mentre si cerca di scoprire l’identità dei loro complici.
Il sospetto identificato come Summit Kumar ha confessato il delitto precisando di aver ucciso la ragazza subito dopo averla violentata. Il suo nome non era nuovo alle autorità. Già in passato, la famiglia della vittima aveva puntato il dito contro Kumar accusato di aver molestato la donna, dopo che quest’ultima si era rifiutata di sposarlo. I parenti della donna hanno poi precisato di aver contattato la polizia locale un mese prima, per lamentarsi delle continue avance fatte dall’uomo nei confronti della giovane, ma da parte loro non è stata intrapresa alcuna azione.
La polizia ha negato ogni accusa, dichiarando come la famiglia si fosse rifiutata di presentare una denuncia scritta e avesse invitato le autorità a non intervenire.
La violenza sessuale contro le donne è un problema profondamente radicato in India. È ancora viva la vicenda dello stupro di gruppo ai danni di una studentessa compiuto a bordo di un autobus a Nuova Delhi nel 2012. La vicenda scatenò proteste a livello nazionale, contro la violenza forzata ai danni delle donne e il fallimento delle autorità nel garantire loro protezione adeguata.
Dopo l’uccisione della giovane di 23 anni di Sonipat, in alcune città alla periferia di Nuova Delhi numerosi abitanti hanno protestato nel fine settimana, secondo quanto riportato dai media indiani.
Sono almeno 50 i reati compiuti in media contro le donne registrati quotidianamente dalle autorità di Delhi, inclusi almeno quattro casi di stupro, secondo quanto riferito da un funzionario ministeriale.
Nel 2013, l’India ha adottato nuove leggi per contrastare il fenomeno delle violenze sessuali. Ha introdotto la pena di morte per casi di stupro efferati o attacchi che hanno causato alla vittima “uno stato vegetativo persistente”. Tuttavia, queste misure si sono rivelate insufficienti a garantire una protezione legale alle donne e incapaci a sgretolare il sentimento misogino diffuso nel paese e la cultura del senso di colpa insito nella vittima che rivitalizza questi crimini.
“Solo perché l’India ha imposto leggi più severe, può sembrare che le cose stiano migliorando”, ha detto Jayshree Bajoria di Human Rights Watch. “Ma non abbiamo realmente visto l’attuazione di queste leggi”.
“Se si guarda alle statistiche nazionali sul crimine, Haryana ha registrato un gran numero di casi di violenza sessuale”, ha spiegato Bajoria. “Ma i tribunali non ufficiali composti in prevalenza da anziani locali esercitano ancora una grande influenza nello stato di Haryana. Hanno emesso dei diktat e questo non ha fatto altro che alimentare azioni violente e discriminatorie verso le donne”.
Nell’ottobre del 2014, un ministro dello stato indiano di Haryana aveva fatto commenti molto critici nei confronti delle donne, accusando il loro abbigliamento poco consono. “Se le donne si coprissero di più, un ragazzo non la guarderebbe in modo sbagliato”, aveva dichiarato il ministro Manohar Lal Khattar.