Regno Unito, si dimette il ministro per la Brexit Dominic Raab
"Non posso accettare le condizioni imposte al Regno Unito dall'accordo preso con l'Unione Europea", ha scritto l'ex ministro su Twitter. Ha rassegnato le dimissioni anche Shailesh Vara, ministro britannico per l’Irlanda del Nord
Giovedì 15 novembre si è dimesso il ministro per la Brexit Dominic Raab perché contrario alla bozza di accordo sulla Brexit approvata dal governo May il giorno precedente. “Non posso accettare le condizioni imposte al Regno Unito dall’accordo preso con l’Unione Europea”, ha scritto Raab su Twitter.
In questo articolo abbiamo spiegato cosa prevede l’accordo sulla Brexit.
Nelle stesse ore, sempre in polemica con l’accordo sulla Brexit, si è dimesso anche Shailesh Vara, ministro per l’Irlanda del Nord. “Con molta tristezza e rammarico ho presentato la mia lettera di dimissioni da ministro dell’Irlanda del Nord al premier”, ha scritto il 58enne esponente dei Tories in un tweet.
“Siamo una nazione orgogliosa e ci siamo ridotti ad obbedire alle regole fatte da altri paesi, che hanno dimostrato di non avere a cuore i nostri migliori interessi. Possiamo e dobbiamo fare meglio di questo. Il popolo del Regno Unito merita di meglio”, ha aggiunto.
Successivamente si sono dimessi anche la vide di Raab, Suella Braverman, e la ministra del Lavoro, Ester McVey.
L’accordo approvato dal governo – Nella serata di mercoledì 14 novembre il governo britannico ha approvato la bozza di accordo sulla Brexit raggiunta il giorno precedente tra i negoziatori di Londra e quelli di Bruxelles (qui 10 domande e 10 risposte sull’accordo sulla Brexit).
“L’accordo ha avuto il sostegno del governo dopo un dibattito lungo e appassionato”, ha affermato la May in un discorso alla fine della riunione straordinaria convocata per esaminare il testo dell’intesa. “È quanto di meglio abbiamo potuto negoziare, ma la decisione finale non è stata presa con leggerezza”, ha detto May.
“Questo accordo rappresenta una tappa determinante per concludere questi negoziati”, ha commentato il capo-negoziatore dell’Unione europea sulla Brexit, Michel Barnier.
Cosa prevede l’accordo – L’accordo, un documento di 585 pagine, contiene previsioni che vanno nella direzione di una Brexit soft, che piace poco ai sostenitori più intransigenti dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.
Per quanto riguarda il nodo più spinoso, quello della questione nordirlandese, si è sostanzialmente deciso di posticipare la soluzione: l’Irlanda del Nord continuerà in via temporanea a far parte del mercato unico europeo fino a quando non si troverà un accordo definitivo.
In questo modo si eviterà, almeno nel breve periodo, un confine fisico tra Irlanda del Nord, territorio del Regno Unito, e la Repubblica d’Irlanda, territorio dell’Unione europea. I Brexiter auspicavano invece una netta separazione, anche dal punto di vista commerciale, tra i due paesi.
In base all’accordo raggiunto, inoltre, il Regno Unito continuerà a far parte dell’unione doganale finché non si troverà un’intesa commerciale bilaterale con Bruxelles. Su questo punto, gli anti-europeisti britannici temono che Londra sia vincolata per anni al rispetto di regole europee, senza avere abbastanza voce in capitolo.
Numerosi gli articoli dell’intesa dedicati alla cooperazione giudiziaria, di polizia, allo scambio di informazioni e alla protezione dei dati personali. Ci sono norme anche sul trattamento di rifiuti radioattivi.
Importante l’articolo 132 che stabilisce che, entro il primo luglio 2020, un Comitato congiunto, copresieduto da Ue e Regno Unito, potrebbe decidere di estendere, senza alcun limite prefissato, il periodo di transizione, per il momento fissato al 31 dicembre 2020. In questo caso il Comitato congiunto deciderà l’entità del contributo di Londra alla Ue dal primo gennaio 2021 in avanti.
Prima della riunione – Nel ‘question time’ che ha preceduto la riunione straordinaria di governo, la premier May ha affermato che “la bozza sulla Brexit è quanto di più vicino alla scelta degli elettori britannici” e che l’intesa tecnica “avvicina significativamente” il Regno Unito a “ciò per cui il popolo ha votato” nel giugno 2016.
A luglio il governo May ha perso due importanti pezzi: David Davis, segretario di stato britannico con delega alla Brexit, Boris Johnson, ministro degli Esteri, si sono dimessi in polemica con il piano di uscita soft dall’Unione europea sostenuto dalla premier.
May aveva sostituito Davis con Dominic Raab, ex ministro per l’abitazione, noto per le sue posizioni euroscettiche. Dopo l’accordo raggiunto con l’Unione europea, anche Raab ha lasciato il suo incarico.
Negli ultimi mesi i sostenitori di un divorzio più marcato da Bruxelles non sono riusciti a proporre un piano Brexit alternativo a quello ufficiale del governo May che l’Ue potesse prendere in considerazione, in particolare una strategia che contenga una soluzione alternativa e soprattutto praticabile per il confine irlandese.