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Cuba, il primo discorso del presidente Diaz-Canel: “La rivoluzione continua, qui non c’è posto per il capitalismo”

Immagine di copertina
L'ex presidente Raul Castro e il suo successore Miguel Diaz-Canel. Credit: AFP PHOTO

Nonostante sia considerato un riformatore, il successore di Raul Castro sembra voler proseguire sulla linea del "castrismo"

L’elezione di Miguel Diaz-Canel come nuovo presidente di Cuba, formalizzata il 19 aprile 2018, ha segnato una svolta storica per l’isola caraibica. Per la prima volta dal 1959 il governo non è retto da un membro della famiglia Castro.

Diaz-Canel è il primo dirigente cubano a essere nato dopo la Rivoluzione e a non avervi combattuto.

Cinquantasette anni, laureato in ingegneria elettronica, professore universitario, è considerato un riformatore, fautore di una maggiore apertura dell’isola.

Molti analisti credono, però, che nella sostanza con lui il “castrismo” non finirà. E il suo primo discorso da presidente sembra avvalorare questa tesi.

“Il mandato dato dal popolo è di dare continuità alla rivoluzione cubana in un momento storico cruciale”, ha detto Diaz-Canel, aggiungendo che non c’è “spazio a Cuba per coloro che si battono per la restaurazione del capitalismo”.

Il neo-presidente ha detto che la politica estera dell’isola rimarrà “inalterata” e che ogni “cambiamento necessario” sarà deciso dal popolo cubano.

Gran parte del suo discorso è stata dedicata a elogiare il suo predecessore Raul Castro, 86 anni, in carica dal 2008, quando si aggravaronole condizioni di salute di suo fratello Fidel, poi morto nel 2016.

“Cuba ha bisogno di te”, ha detto Diaz-Canel a Raul, spingendo gli oltre 600 membri dell’Assemblea nazionale, il parlamento cubano, ad alzarsi in piedi e tributare all’ex leader una standing ovation.

Qualsiasi cambiamento che il nuovo leader di Cuba porterà sarà probabilmente graduale, lento e in linea con le riforme che Raul Castro ha introdotto durante il suo mandato, tra cui qualche concessione all’impresa privata e l’apertura del mercato immobiliare.

Diaz-Canel ha elogiato i tentativi di Raul Castro di arrivare a un disgelo nei rapporti con gli Stati Uniti, che hanno avuto buon esito soprattutto sotto l’amministrazione del presidente americano Barack Obama.

Il neo-presidente ha sottolineato che non ci sarà alcun compromesso nella politica estera di Cuba, ma, in linea con quanto sempre sostenuto dal suo predecessore, si è detto disponibile a dialogare con chiunque voglia trattare con Cuba alla pari.

La sessione dell’Assemblea nazionale che ha portato all’elezione di Diaz-Canel si è tenuta in occasione del 57esimo anniversario dell’invasione della baia dei Porci, il fallito tentativo di rovesciare il regime di Fidel Castro, messo in atto tra il 17 e il 19 aprile 1961 da un gruppo di esuli cubani e di mercenari, addestrati dalla CIA, che progettavano di conquistare Cuba.

Una vittoria che L’Avana celebra come simbolo della sua resistenza alla pressione “imperialista” da Washington.

Nel 2014 Castro e l’ex presidente americano Obama hanno raggiunto un accordo fondamentale per migliorare le relazioni tra i due paesi: una distensione che ha portato a un rapido aumento delle visite e degli investimenti statunitensi sull’isola.

Il processo di distensione si è bruscamente interrotto con l’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump, che ha interrotto gli affari con alcune società statali cubane e ha reso più stringenti le norme per i visitatori degli Stati Uniti.

“Da quando l’attuale presidente è arrivato in carica, c’è stato un deliberato rovesciamento nei rapporti tra Cuba e gli Stati Uniti, e prevale un tono aggressivo e minaccioso”, ha detto Raul Castro nel discorso con il quale ha ceduto il potere al suo successore.

Castro manterrà un peso considerevole come capo del Partito comunista fino al congresso nel 2021.

Diaz-Canel, lodando le sue riforme, ha detto che Raul rimarrà il leader della rivoluzione e sarà coinvolto in importanti decisioni.

Il nuovo presidente ha concluso il suo discorso come faceva Fidel Castro, con il pugno chiuso e lo slogan rivoluzionario “madrepatria o morte, socialismo o morte, vinceremo”.

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