La crisi tra Iran e Arabia Saudita sta peggiorando, ecco perché
La situazione è peggiorata dopo che Riad ha intercettato e distrutto un missile lanciato dai ribelli yemeniti, sostenuti dall'Iran, e ha accusato Teheran di “un atto di guerra”
Le relazioni tra Arabia Saudita e Iran vivono di alti e bassi sin dalla rivoluzione iraniana del 1979, e dal tentativo di Teheran di assumere un ruolo di primo piano a livello regionale. La recente presa di posizione degli Stati Uniti di Donald Trump in funzione anti-iraniana e a sostegno di Riad di certo non semplifica la situazione.
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Negli ultimi giorni, però, la storica contrapposizione tra le due potenze ha toccato nuovi livelli di tensione per una serie di circostanze concomitanti.
Il missile lanciato dallo Yemen
I rapporti tra i due paesi si sono ulteriormente deteriorati dopo che sabato 4 novembre l’Arabia Saudita ha detto di aver intercettato e distrutto un “missile balistico” a nordest della capitale Riad, lanciato dai ribelli yemeniti houthi, sostenuti dall’Iran. I detriti del missile sono caduti vicino l’aeroporto internazionale di Riad.
Dopo il lancio, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha accusato l’Iran di “aggressione militare diretta” nei confronti dell’Arabia Saudita, per aver fornito missili ai ribelli dello Yemen.
Tehran ha respinto questa tesi e ha presentato denuncia formale al Consiglio di Sicurezza Onu per difendersi. Inoltre, il presidente iraniano Hassan Rouhani ha accusato Riad di fomentare l’ostilità in Yemen, di rafforzare la posizione del sedicente Stato islamico e di aver orchestrato le dimissioni del primo ministro libanese Saad Hariri, gettando il paese nel caos.
Una delle vicende a cui ha fatto riferimento il presidente iraniano è l’annuncio televisivo con cui il primo ministro libanese Saad Hariri ha rassegnato le sue dimissioni mentre si trovava in visita in Arabia Saudita. Nel suo discorso, Hariri ha detto di trovarsi in pericolo di vita e ha accusato l’Iran di controllare la regione insieme alle milizie sciite del movimento di Hezbollah.
Hariri è il politico sunnita più influente in Libano ed è vicino al regno saudita. Da dicembre 2016 è alla guida dell’esecutivo libanese e la sua coalizione di governo comprendeva anche Hezbollah.
L’annuncio delle sue dimissioni ha fatto tornare in Libano la forte contrapposizione tra i sunniti sostenuti dall’Arabia Saudita e gli sciiti appoggiati dall’Iran.
Domenica 5 novembre il presidente del Libano Michel Aoun ha detto che non avrebbe deciso se respingere o accettare le dimissioni di Hariri fino a quando il primo ministro non fosse ritornato in Libano dall’Arabia Saudita, da dove aveva fatto il suo annuncio.
L’ufficio di Hariri ha reso noto giovedì 9 novembre che il primo ministro dimissionario ha incontrato i diplomatici di Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Unione europea a Riad. I leader di Hezbollah negli ultimi giorni avevano sostenuto che Hariri si trovasse agli arresti domiciliari in Arabia Saudita.
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La stretta del principe Mohammed
L’annuncio delle dimissioni di Hariri è arrivato alla vigilia di una serie di arresti operati da un nuovo organismo anticorruzione in Arabia Saudita. È stato disposto infatti l’arresto di undici principi e decine di ex ministri nel tentativo di consolidare il potere del principe ereditario Mohammed bin Salman, il figlio 32enne del re saudita Salman.
Come scrive il New York Times, questa mossa, insieme alla presa di posizione contro l’Iran, sembra aver portato la “guerra fredda” per il controllo della regione tra Riad e Teheran a un nuovo, inquietante stadio.
Tra gli arrestati c’è il principe miliardario Alwaleed bin Talal, uno dei principali uomini d’affari dell’Arabia Saudita e capo della Guardia Nazionale. Alwaleed bin Talal possiede la società di investimento Kingdom Holding.
Anche un funzionario di primo piano per la sicurezza, Miteb bin Abdullah, è stato arrestato e sostituito dal principe Khaled bin Ayyaf, che contribuisce a consolidare il potere del principe Mohammed sulla Guardia Nazionale.