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Home » Esteri

La crisi in Grecia, spiegata senza giri di parole

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Quello che dovreste sapere per capire davvero la crisi in Grecia

La Grecia sta attraversando un periodo particolarmente difficile e complesso. I primi dieci giorni del mese di luglio sono passati all’insegna della tensione e dell’incertezza. Ma andiamo con ordine.

Come siamo arrivati fin qui: le tappe che hanno portato la Grecia sull’orlo del fallimento 

– 15 luglio: Con 229 voti a favore e 64 contrari, la notte del 15 luglio il parlamento greco ha approvato le riforme richieste dai leader dell’eurozona. Trentotto deputati di Syriza, il partito del premier greco Alexis Tsipras, hanno votato contro. Zoe Constantopoulo, presidente della camera, ha definito le riforme un “genocidio sociale”. A poche ora dal voto, si sono dimessi la viceministra delle finanze, Nadia Valavani, e il segretario generale del ministero delle Finanze.

Mentre il parlamento discuteva e votava le proposte, migliaia di cittadini sono scesi in piazza Syntagma, ad Atene, per protestare contro l’accordo con i leader europei. La manifestazione è iniziata in modo pacifico, ma ci sono stati scontri nel corso della serata: alcuni manifestanti hanno lanciato delle molotov e hanno dato fuoco al camion di una televisione satellitare. La polizia ha disperso la folla con dei lacrimogeni e 40 persone sono state arrestate.

– 14 luglio: il premier greco Alexis Tsipras sta cercando di convincere i parlamentari greci ad approvare le riforme concordate il 13 luglio con i leader europei. I membri più radicali del suo stesso partito, Syriza, potrebbero infatti votare contro le proposte e provocare una crisi governativa. Nel frattempo, la Grecia ha saltato un’altra scadenza: entro la sera del 13 luglio avrebbe dovuto pagare 456 milioni di euro al Fondo monetario internazionale.

– 13 luglio:  dopo 16 ore di trattative, i leader europei hanno raggiunto un accordo per un terzo bailout per la Grecia. In cambio di un nuovo piano di aiuti dal valore di oltre 82 miliardi di euro per i prossimi tre anni, il governo greco ha accettato di approvare entro mercoledì 15 luglio drastiche misure d’austerity, tra cui tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni, riforma delle pensioni e del lavoro. 

– 12 luglio:  il 12 luglio le trattative tra i leader dell’eurozona sono continuate sino a tarda serata a Bruxelles. Secondo quanto emerge da una prima bozza, i leader europei avrebbero chiesto al governo greco di approvare una serie di riforme entro mercoledì 15 luglio, più drastiche e incisive rispetto a quelle proposte dal premier greco Alexis Tsipras il 9 luglio.

Secondo il giornalista della Bbc Paul Kirby, queste riforme sono una “pillola amara” e alcune delle idee proposte sono umilianti per il leader greco e il suo partito Syriza, eletto con la promessa di rifiutare ulteriori misure di austerity. Tra le misure prese in considerazione, ci sarebbero anche l’uscita temporanea dall’euro e la privatizzazione di una serie di proprietà pubbliche greche per il valore di 50 miliardi di euro.  

– 11 luglio: il parlamento greco ha votato a favore del piano proposto dal premier greco Tsipras ai creditori internazionali, con 251 voti a favore su un totale di 300. Hanno votato contro le proposte alcuni membri del partito di Tsipras, Syriza, che considerano questo piano un tradimento dei propri valori e del proprio mandato elettorale. Syriza aveva infatti vinto le elezioni nel gennaio del 2015 promettendo di rifiutare ulteriori aumenti delle tasse e tagli sui salari. L’11 luglio l’Eurogruppo non ha raggiunto alcun accordo sul debito greco e le trattative sono state rimandate al giorno seguente.

– 10 luglio: il parlamento greco vota la nuova proposta del governo di Alexis Tsipras presentata all’Eurogruppo la sera del 9 luglio, con cui è stato chiesto un prestito da 53,5 miliardi di euro nei prossimi tre anni. La cifra richiesta supera quella inizialmente prevista, pari a circa 30 miliardi di euro. 

Il piano proposto dal premier greco Alexis Tsipras per convincere i creditori internazionali è incentrato su importanti tagli alla spesa pubblica per un totale di circa 300 milioni di euro, una serie di privatizzazioni tra cui alcuni aeroporti regionali e il porto del Pireo, e aumenti delle tasse come l’Iva e quella sulla ristorazione (arriverà al 23 per cento). L’età pensionabile aumenterà fino a 67 anni entro il 2022.

Complessivamente, il tutto dovrebbe far entrare nelle casse dello state greco circa 12 miliardi di euro in due anni, entro la fine del 2016. Il parlamento greco è al lavoro per votare sull’approvazione del nuovo piano proposto dal governo, ma si crede che la contro-proposta di Tsipras dovrebbe ottenere la maggioranza.

I leader dell’eurozona valuteranno le proposte e, entro domenica 12 luglio, dovrebbero trovare un accordo. E ora cosa potrebbe succedere? 

– 9 luglio: il governo greco ha deciso di estendere la chiusura delle banche fino a lunedì 13 luglio. La Banca centrale europea non ha ancora aumentato la liquidità alle banche del Paese, che – a corto di capitali – hanno confermato un prelievo massimo di 60 euro giornalieri sino alla riapertura degli sportelli.

– 8 luglio: Alexis Tsipras è intervenuto al Parlamento europeo a Strasburgo, annunciando che il giorno seguente avrebbe presentato delle proposte concrete all’Eurogruppo. Il governo greco ha richiesto ufficialmente un piano di aiuti per i prossimi tre anni al Fondo europeo salvastati (Esm), senza rendere noto pubblicamente a quanto ammonterebbe il prestito. Nel corso della serata, l’Esm ha chiesto ai creditori internazionali di valutare la nuova proposta greca.

– 7 luglio: Alexis Tsipras non ha presentato nuove proposte durante l’eurosummit, nonostante secondo le prime indiscrezioni si pensava fosse pronto a chiedere un nuovo prestito e un taglio del 30 per cento del debito.

– 6 luglio: all’indomani del referendum, il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis si è dimesso ed è stato sostituito da Euclid Tsakalotos. Varoufakis ha detto che la sua presenza non era gradita al tavolo delle trattative e ha deciso di sacrificarsi per poter aiutare il primo ministro greco Alexis Tsipras a trovare un accordo con i creditori internazionali. 

– 5 luglio: circa 9,9 milioni di greci sono stati chiamati a votare tramite un referendum per decidere se accettare o meno il piano proposto dai creditori internazionali. Nonostante i sondaggi prima del voto avessero pronosticato un testa a testa tra i due fronti, il No ha vinto con il 61,3 per cento, contro il 38,7 per cento del Sì. L’affluenza è stata intorno al 65 per cento.

– 30 giugno: la Grecia non ha versato la rata del prestito di 1,6 miliardi di euro al Fondo monetario internazionale ed è così diventata il primo Paese insolvente dell’Unione europea. Poche ore prima della scadenza prevista per il pagamento del debito, il primo ministro greco Alexis Tsipras aveva chiesto di attivare un nuovo piano di salvataggio e di ricevere 29,1 miliardi di euro nei prossimi due anni.

Per ricevere questi fondi, Tsipras ha detto di essere pronto ad accettare la maggior parte delle condizioni previste dall’ultimo piano dei creditori internazionali.Tuttavia, ha richiesto alcuni cambiamenti, tra cui mantenere la riduzione del 30 per cento sull’Iva nelle isole greche e posticipare sino a ottobre l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni. Inoltre Tsipras ha chiesto di ridurre il limite per le spese militari di 200 milioni di euro nel 2016 e di 400 milioni di euro nel 2016.

– 28 giugno: per evitare la fuga dei capitali, la Grecia ha imposto la chiusura della banche. Nell’ultima settimana di giugno, i titolari di azioni nelle borse di tutto il mondo hanno perso oltre 450 miliardi di euro: la crisi greca e la paura di un possibile default hanno fatto crollare non solo i mercati europei, ma anche quelli asiatici e statunitense.

Il referendum

Il 27 giugno, quando è stato indetto il referendum, Tsipras ha dichiarato che un “chiaro voto contro l’austerity” avrebbe aiutato la Grecia nelle trattative sulla rinegoziazione del debito. Secondo il primo ministro greco, le riforme imposte dai creditori sono “un ricatto per farci accettare severe e umilianti misure di austerità senza fine, e senza la prospettiva di poter crescere socialmente ed economicamente”.

Il testo della domanda del referendum era tecnico e non di immediata comprensione: “Deve essere accettato l’accordo proposto dalla Commissione europea, la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale – presentato dall’Eurogruppo il 25 giugno 2015 – e composto da due parti che costituiscono una proposta unificata?

Il primo documento si intitola ‘Riforme per il completamento dell’attuale programma e oltre’ e il secondo ‘Analisi preliminare per la sostenibilità del debito”.

A questa domanda i cittadini potevano rispondere con un sì (in greco NAI) o un no (OXI

Qui sotto: il testo del referendum:

La chiusura delle banche

Il 29 giugno le banche sono state chiuseper evitare la fuga incontrollata di capitali. Sarebbero dovute riaprire il 7 luglio ma resteranno chiuse sino al 13 luglio. La liquidità nelle banche greche si sta velocemente esaurendo e il governo greco ha inoltre imposto un prelievo massimo dai bancomat di 60 euro al giorno. Per i pensionati e per chi non è in possesso di bancomat sono stati aperti circa 800 sportelli, per garantire loro la possibilità di prelevare sino a 120 euro dai propri conti correnti.

Lo spettro del default e dell’uscita dall’euro ha seminato il panico tra i cittadini greci, che nelle scorse settimane sono corsi a ritirare i propri risparmi dalle banche.

Un terzo dei bancomat greci aveva esaurito i contanti prelevabili già da sabato 27 giugno. Tsipras ha però invitato i suoi concittadini a restare calmi, promettendo che stipendi e pensioni saranno regolarmente pagati.

La chiusura delle banche è stata imposta dal governo in seguito alla decisione della Banca centrale europea di non concedere ulteriori fondi e di non estendere il piano di aiuti per la Grecia.

— Leggi anche: Dove sono finiti i soldi prestati alla Grecia?

Qui sotto: una pensionata ha un malore mentre aspetta di entrare in banca e viene aiutata dal direttore dell’istituto bancario. Credit: Reuters


La posizione dei leader europei

In seguito al fallimento delle trattative tra l’Eurogruppo e il governo di Atene, il 29 giugno il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha detto di essere fortemente deluso e di sentirsi “tradito” dall’egoismo dimostrato dalla Grecia durante le ultime trattative.

Ha definito il referendum una scelta “unilaterale” e aveva chiesto ai greci di votare sì alle proposte dell’Eurogruppo il giorno del referendum.

“Ho fatto tutto quello che potevo e non merito le critiche che mi sono state rivolte”, ha detto Juncker durante la conferenza stampa a Bruxelles, accusando il premier greco di non aver detto la verità ai cittadini e di aver mentito su eventuali tagli a stipendi e pensioni imposti dall’Eurogruppo.

Juncker ha inoltre ribadito che la cosiddetta Grexit – l’uscita della Grecia dall’eurozona – non è un’opzione da tenere in considerazione e ha sottolineato che il tavolo delle trattative resta ancora aperto.

Cosa avrebbe potuto fare la comunità internazionale per aiutare la Grecia?

I più favorevoli alla linea dura con la Grecia temono che – qualora venisse attuata una linea più morbida con Atene – si potrebbe indurre l’elettorato dei Paesi del sud Europa con problemi di deficit a sostenere partiti populisti anti-austerity. 

Per questo, secondo l’analisi del giornalista americano Matthew Yglesias, l’Unione europa ha cercato di salvaguardare gli interessi degli altri Paesi rendendo il default greco il più doloroso possibile: “Se il default non fosse stato drammatico altri Paesi sarebbero stati propensi a dichiarare fallimento. E gli investitori internazionali, temendo che altri Paesi potessero imitare la Grecia, avrebbero alzato i tassi d’interesse e rallentato la crescita economica in Europa. (….) Per questo l’Europa ha bisogno che le cose vadano nel peggior modo possibile”.

In un editoriale sul Financial Times, Martin Wolf sostiene che i creditori avrebbero dovuto cancellare una fetta maggiore di debito nel 2010, quando era ancora possibile preservare la Grecia dalla profonda recessione degli ultimi anniI prestatori privati, scrive, avrebbero dovuto pagare per gli investimenti rischiosi effettuati con l’acquisto dei bond ellenici, e non venire tutelati a costo di imporre sacrifici eccessivi alla Grecia. 

Se proprio qualcuno avesse dovuto salvarli, secondo l’editorialista, questi sarebbero dovuti essere i loro stessi governi, e non un’Atene già strangolata da tagli e austerity. Come ha ricordato Paul De Grauwe in un’intervista a TPI, tale politica fiscale restrittiva non ha fatto che peggiorare il rapporto tra deficit e Pil, che ha raggiunto il 172 per cento.

Qui sotto: un video di Vox spiega come si è sviluppata la crisi in Grecia:


Cose da sapere sulla Grecia e sulle cause della crisi economica

La Grecia ha 11 milioni di abitanti. Circa il 90 per cento di questi è greco e gli stranieri residenti nel Paese provengono soprattutto da Turchia, Albania, Romania e Bulgaria. Il 98 per cento dei greci è cristiano ortodosso.

Dalla fine del 2009 la Grecia è stata colpita da una drammatica crisi economica, che ha ridotto il Paese sul lastrico. Dall’inizio della crisi, oltre 200mila greci sono emigrati all’estero.

La Grecia ha adottato l’euro il primo gennaio del 2001. Nei sei anni successivi, sembrava una delle economie più forti dell’eurozona. L’apparente crescita era in realtà alimentata da appalti truccati, giri di corruzione e spese eccessive del governo, ma sino al 2007 le banche e i fondi privati hanno continuato a investire in Grecia ed elargito grossi prestiti.

Nel 2007 e nel 2008 iniziarono a vedersi i primi segni di recessione economica, che si aggravò drasticamente alla fine del 2009. Nella primavera del 2010 divenne evidente che la Grecia fosse a rischio default: per anni aveva accumulato debiti, soprattutto con banche e investitori stranieri, e non era in grado di ripagarli.

Qui sotto: un grafico che spiega chi sono i principali creditori della Grecia

Nel maggio del 2010 la Troika – composta da Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale – approvò un piano di aiuti di 110 miliardi di euro e creò il Fondo europeo di stabilità finanziaria, per evitare il default della Grecia e il possibile tracollo finanziario di altri Paesi dell’Unione europea.

Le condizioni del piano di salvataggio imposero duri tagli alle casse dello stato greco, che fu costretto a tagliare stipendi, pensioni, fondi sociali e posti di lavoro nel settore pubblico. Nel luglio 2011 viene approvato un secondo piano di aiuti per la Grecia, per un totale di 109 miliardi di euro.

Il primo ministro Alexis Tsipras – al governo dal 25 gennaio 2015 – ha proposto un programma radicalmente diverso da quello dei suoi predecessori. Pur dichiarando di voler restare nell’euro, ha cercato di restare fedele alla natura socialista del suo movimento politico, Syriza, senza cedere alle pressioni internazionali.

Le sue proposte sulla rinegoziazione del debito, che si oppongono a ulteriori tagli sui fondi pubblici, però, non sono state accettate dai creditori internazionali. 

Secondo l’analisi del giornalista americano Timothy Lee, se la Grecia non avesse adottato la moneta unica avrebbe potuto far risollevare l’economia facendo stampare più carta moneta. Questo avrebbe fatto abbassare il valore della sua valuta, la dracma, e reso le esportazioni dalla Grecia più competitive sui mercati internazionali. Di conseguenza, si sarebbero abbassati i tassi d’interessi, incentivando anche gli investimenti interni e rendendo più semplice l’estinzione del debito.

Disoccupazione: è al 26 per cento, ovvero circa 1,3 milioni di persone senza lavoro. La maggior parte dei disoccupati non riceve alcun sussidio statale. Disoccupazione giovanile (fascia d’età 25-35 anni): 50 per cento.

Salario mensile: in media 600 euro (una riduzione del 38 per cento rispetto al 2009). Pensioni: sono state ridotte del 45 per cento dall’inizio della crisi dell’eurozona.

Povertà: il 18 per cento degli abitanti non riesce a soddisfare i propri bisogni alimentari e il 32 per cento vive al di sotto della soglia della povertà. Dal 2007, il Pil (prodotto interno lordo) del Paese si è ridotto di un quarto.

Salute pubblica: il 33 per cento della popolazione è senza assicurazione sanitaria.

Il prodotto interno lordo (Pil) si è ridotto del 25 per cento dall’inizio della crisi dell’eurozona. Il debito del Paese corrisponde al 172 per cento del suo Pil.

Dove sono finiti i soldi del piano di salvataggio europeo?

Solo una minima frazione dei 240 miliardi di euro che la Grecia ha ricevuto in totale dalla Troika tra il 2010 e il 2012 è arrivata nelle casse dello stato.

La maggior parte è stata distribuita tra le banche da cui la Grecia prendeva prestiti prima della crisi finanziaria del 2008, secondo quanto rivela il quotidiano britannico The Guardian.

Un totale di 140 miliardi di euro è stato usato per ripagare i debiti contratti in precedenza. Solo il 10 per cento del fondo è stato usato per riforme economiche e per aiutare i settori più colpiti dalla crisi. Il debito greco è ancora di 320 miliardi di euro e il 78 per cento dovrebbe essere ripagato alla Troika. 

Qui sotto: il grafico mostra i Paesi creditori 

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