Covid, un anno fa il primo morto a Wuhan, ma gli ispettori dell’Oms arriveranno in Cina solo questo giovedì
Covid, un anno fa il primo morto a Wuhan
L’11 gennaio 2020, esattamente un anno fa, l’agenzia di stampa cinese Xinhua batteva la sua prima agenzia su un morto per Covid a Wuhan. Prima di allora solo un lancio di Reuters aveva parlato dell’incidenza di alcuni casi di “polmonite misteriosa” nella provincia dello Hubei, il 31 dicembre 2019, ma non si parlava di Coronavirus. I reporter dell’agenzia britannica scrivevano di un’indagine avviata dopo le prime polmoniti sospette, alcune arrivate a uno stadio già grave, altre sotto controllo. Le autorità sanitarie escludevano che si trattasse di un virus Sars o che si potesse trasmettere da uomo a uomo: la pista principale riportava al mercato della carne e del pesce di Wuhan e alla possibilità che fosse stato un animale a contagiare un essere umano perché le persone affette ne erano tutte frequentarci.
Anche il primo morto lo era, e il lancio di Xinhua un anno fa parlava di un 61enne deceduto per quella polmonite sospetta il 9 gennaio 2020. Non è chiaro perché la notizia fu data due giorni dopo, ma il ritardo nella comunicazione destò i primi sospetti sulla gestione dell’epidemia in Cina e sul fatto che le autorità stessero insabbiando informazioni sulla malattia già da alcune settimane. All’epoca il virus non si chiamava ancora Covid-19: per il resto del mondo era il “virus cinese”. Solo un mese dopo gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) decisero di ribattezzarlo Coronavirus Disease 2019 (Covid-19) per ragioni politiche, per evitare che l’epidemia fosse associata a Pechino in un momento in cui le circostanze della sua nascita erano ancora da accertare.
Gli ispettori dell’Oms arriveranno a Wuhan solo giovedì
Ci è voluto un anno, novanta milioni di contagi nel mondo, quasi due milioni di morti, molte altre perdite e stravolgimenti e un’estenuante trattativa affinché l’Oms conducesse una missione a Wuhan per accertare quelle circostanze: solo questo giovedì, 14 gennaio 2021, una squadra di 10 esperti arriverà nella città epicentro del primo contagio per avviare l’indagine a partire dal mercato della carne e del pesce, mentre nel tempo il Paese ha cercato di costruire una nuova narrazione.
Da un lato, ha cercato di negare la correlazione diretta tra l’esplosione dei primi casi di Covid a Wuhan e la “nascita” del virus proprio in quella città, dall’altro ha esaltato la sua capacità di averlo sconfitto. E se in un primo momento la Cina è stata vista come untrice, quando l’epidemia è esplosa con più virulenza nel resto del mondo e lo Hubei festeggiava la fine del lockdown, Pechino ha cambiato ruolo: è diventata la potenza che ha aiutato gli altri Paesi a combattere la pandemia inviando loro materiale e personale. Salvo che negli Stati Uniti.
Covid, l’ipotesi del virus creato nel laboratorio di Wuhan
In questi mesi gli Stati Uniti hanno avanzato l’ipotesi che il virus Covid sia stato creato nel Wuhan Institute of Virology e che sia uscito dal laboratorio di biosicurezza di Wuhan per sbaglio, durante un esperimento: le accuse sono arrivate dal presidente uscente Donald Trump e fino al mese scorso anche da alcuni membri del Consiglio di Sicurezza americano. Alcuni dubbi sono stati sollevati da un’inchiesta del Washington Post sulle misure di sicurezza osservate all’interno dell’Istituto di virologia, creato in collaborazione con la Francia dopo l’esplosione della Sars nel 2003 ma da cui gli scienziati europei erano infine stati esclusi. La teoria ha preso piede anche in Italia, ma sono i più cospirazionisti a ritenerla valida.
Il governo cinese e gli scienziati di Wuhan hanno negato, e al momento non sono emerse prove concrete sul fatto che il Covid sia stato creato in provetta. La virologa cinese Shi Zhengli dell’Istituto di virologia, che in questi mesi è stata bersaglio di attacchi e accuse per aver “liberato” il virus Sars Cov 2, ha dichiarato in un’intervista alla Bbc di essere disponibile a una visita da parte degli esperti dell’Oms, ma il laboratorio si è dissociato dalle sue dichiarazioni e gli scienziati delle Nazioni Unite non hanno preso in considerazione l’ipotesi dell’origine del virus nell’Istituto di Wuhan. Ad ogni modo, la comunità scientifica internazionale è concorde sul fatto che il virus sia passato naturalmente dai pipistrelli agli esseri umani, probabilmente attraverso specie intermedie.
La situazione in Cina oggi
Ad oggi la situazione in Cina è sotto controllo e il primo lockdown, iniziato il 23 gennaio scorso, è finito l’8 aprile. Da allora, con un bilancio dichiarato di 87.536 casi e 4.634 decessi, i contagi raggiungono al massimo i 100 casi al giorno. Eppure proprio in questi giorni il Paese ha registrato il suo più grande aumento giornaliero di casi di Covid-19 in più di cinque mesi. Una contea nella provincia nord-orientale dell’Heilongjiang è entrata in lockdown dopo che il numero totale di nuovi casi di Covid-19 rilevati è stato di 103, il più alto dallo scorso 30 luglio.
Sebbene i nuovi casi segnalati negli ultimi giorni rimangano pochi se paragonati ai periodi di picco dell’epidemia, le autorità si stanno muovendo in modo aggressivo per frenare la diffusione della malattia e prevenire un’altra ondata nazionale di infezioni. Generalmente, appena si rileva un nuovo contagio la zona in cui la persona infetta risiede viene chiusa e si effettuano tamponi a tappeto fin quando i casi non vengono azzerati. Questo ha contribuito ad evitare l’insorgere di nuove ondate, ma le autorità sanitarie hanno un modo diverso di raccontare l’epidemia, non includendo per esempio gli asintomatici tra il bilancio dei positivi. Ma il premier Li Keqiang ha ammonito i funzionari provinciali a non nascondere i nuovi numeri del Covid, come probabilmente è accaduto un anno fa a Wuhan.