È stato costruito il primo cristallo temporale
Si credeva che fosse impossibile, invece gli scienziati hanno realizzato cristalli dotati di una struttura atomica che non si ripete solo nello spazio, ma nel tempo
Erano stati teorizzati dal fisico e premio Nobel Frank Wilczek nel 2012. Ma gli scienziati credevano che realizzarli fosse impossibile. Ora i cristalli temporali, dotati di una struttura atomica che non si ripete solo nello spazio, ma nel tempo, sono diventati realtà grazie alla ricerca di due team di scienziati pubblicata sulla rivista Nature il 9 marzo 2017.
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I cristalli sono strutture solide costituite da atomi, molecole o ioni che hanno una disposizione geometricamente regolare, la quale si ripete indefinitamente nelle tre dimensioni spaziali. I cristalli temporali sono strutture che, oltre ad avere questa caratteristica, pulsano senza richiedere alcuna energia, come un orologio che non ha mai bisogno di caricarsi.
Questo significa che potrebbero oscillare senza alcuna influenza esterna per un tempo indefinito. A crearli sono stati due team di scienziati guidati da Chris Monroe, fisico dell’Università del Maryland a College Park.
Il cristallo temporale realizzato dagli scienziati è costituito da atomi che ruotano costantemente, tornando alla loro posizione originaria nonostante si trovino nel loro stato energetico più basso. Normalmente in questo stato i movimenti della materia sono impossibili, perché il moto richiederebbe energia, del tutto assente in questa situazione. Wilczek aveva teorizzato una materia in grado di muoversi anche in questo stato, cambiando l’allineamento dei suoi atomi.
Gli scienziati sono partiti da ioni di itterbio. Li hanno colpiti con due fasci laser e li hanno portati così in uno stato di instabilità. Gli atomi sono entrati in una sorta di oscillazione ripetuta e costante, trasformandosi in cristalli di tempo.
“È un risultato molto interessante e si può pensare a una sua applicazione nei futuri computer quantistici o dei sistemi di crittografia quantistica”, ha detto all’Ansa il fisico teorico Vincenzo Barone, dell’Università del Piemonte orientale e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). “Le possibili applicazioni potrebbero essere molte, ma non è facile immaginarle fin da adesso”.
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