Che cosa sta succedendo in Iraq
Il parlamento di Baghdad è stato assaltato, ci sono stati due attentati nel paese e oltre 700 persone sono morte solo nel mese di aprile
Il parlamento di Baghdad preso d’assalto da centinaia di manifestanti. Gli scontri con la polizia, costretta a lanciare gas lacrimogeni per reprimere le proteste. E poi la dichiarazione dello stato d’emergenza.
Sono state 72 ore difficili per il governo iracheno, alle prese con la crescente violenza etnica tra sunniti e sciiti, e incapace di garantire la sicurezza del paese, a tal punto che il primo ministro ha ordinato che vengano arrestati tutti i manifestanti sciiti che hanno fatto irruzione nel parlamento.
A 13 anni da quando Saddam Hussein è stato rimosso con l’invasione irachena degli Stati Uniti, il paese è fuori controllo: solo ad aprile 2016, ben 741 persone sono rimaste uccise e 1.374 ferite in atti di terrorismo, violenza e conflitti armati. Il tutto sullo sfondo degli ultimi due attentati, che insieme hanno causato la morte di quasi 40 persone.
RIASSUNTO GIORNO PER GIORNO: qui sotto un riassunto delle ultime giornate all’insegna del disordine e della violenza
Martedì 26 aprile
Centinaia di sostenitori del leader religioso sciita Moqtada al-Sadr hanno manifestato a Baghdad contro il governo iracheno, chiedendo al primo ministro Haider al-Abadi di rimuovere gli attuali ministri, espressione dei partiti, per sostituirli con esponenti tecnici. Lo stesso giorno il parlamento ha deciso di scendere a compromessi, accettando, dopo averlo respinto, un parziale rimpasto del governo.
Giovedì 28 aprile
I deputati iracheni si erano rifiutati per settimane di votare il rimpasto proposto dal primo ministro Haider al-Abadi, boicottando le sedute e tentando di rimuovere il presidente del parlamento.
Il parlamento si è così riunito per votare la sostituzione dei ministri. Nel corso della giornata le proteste contro il governo iracheno – giudicato incapace e corrotto – sono continuate. I manifestanti sono arrivati a minacciare l’ingresso nella cosiddetta zona verde di Baghdad, un’area fortificata che ospita gli edifici del governo e le rappresentanze diplomatiche.
Sabato 30 aprile
Dopo giorni di tensioni e scontri, centinaia di manifestanti hanno preso d’assalto il parlamento iracheno in protesta contro i deputati che non hanno votato il rimpasto di governo.
I manifestanti si erano radunati poco lontano dal distretto che ospita gli edifici governativi e le ambasciate straniere, sventolando bandiere irachene e scandendo slogan contro il governo.
Un portavoce delle Nazioni Unite e diplomatici occidentali hanno raccontato di essere stati bloccati all’interno della zona verde, mentre un membro dell’ambasciata degli Stati Uniti ha riferito che non c’è stata alcuna evacuazione dell’area.
Tutti gli ingressi alla città sono stati temporaneamente chiusi come “misura precauzionale per garantire la sicurezza nella capitale”.
Inizialmente le proteste erano iniziate in maniera pacifica, ma le forze di sicurezza sono poi state costrette a lanciare gas lacrimogeni nel tentativo di fermare i manifestanti e decine di persone sono rimaste ferite.
Nel corso della serata è stato persino dichiarato lo stato d’emergenza, ma poco dopo le autorità hanno annunciato che la situazione era sotto controllo. Al calar della notte, i manifestanti hanno montato delle tende nella piazza antistante il parlamento iracheno.
Domenica 1 maggio
In seguito all’ondata di caos che ha colpito la capitale Baghdad, il primo ministro iracheno Haider al-Abadi ha ordinato l’arresto degli attivisti sciiti che avevano preso d’assalto il parlamento. Al-Abadi ha inoltre precisato che i responsabili saranno processati.
PEGGIOR CRISI POLITICA? Secondo la Bbc, si tratta di una delle peggiori crisi politiche del paese dall’invasione degli Stati Uniti che nel 2003 ha portato alla caduta di Saddam Hussein in Iraq.
A 13 anni dalla rimozione di Saddam, la nuova amministrazione non è mai stata in grado di garantire la sicurezza del paese né di fornire i servizi di base. Inoltre, non ha mai portato a termine il processo di riconciliazione tra sunniti e sciiti.
L’IRAN CANCELLA I VOLI VERSO BAGHDAD: gli episodi di violenza che hanno interessato Baghdad negli ultimi giorni hanno anche spinto il governo iraniano a cancellare tutti i voli per la capitale irachena. Lo ha annunciato domenica primo maggio Saeed Ohadi, a capo dell’organizzazione che si occupa del pellegrinaggio (Haji) in Iraq.
Ohadi ha precisato che le manifestazioni di massa che hanno sconvolto Baghdad avrebbero certamente causato problemi per i voli di pellegrinaggio diretti alla capitale irachena. “Con la collaborazione delle compagnie aeree iraniane, abbiamo deciso di deviare i voli che sarebbero dovuti arrivare a Baghdad, dirottandoli sulla città di Najaf, al fine di tutelare i nostri pellegrini”.
DATO ALLARMANTE: secondo i dati forniti dalla Missione di assistenza delle Nazioni Unite per l’Iraq (Unama) sono stati 741 gli iracheni uccisi e 1.374 le persone ferite in atti di terrorismo, violenza e conflitti armati nel solo mese di aprile 2016.
DUE ATTENTATI IN 72 ORE: sullo sfondo delle proteste che stanno paralizzando la capitale irachena in questi giorni, non sono mancati gli atti di terrorismo.
Il primo si è verificato sabato 30 aprile nella zona di Al Nahrauan, nella periferia orientale di Baghdad, dove un’autobomba è esplosa uccidendo 19 persone.
Tutte le vittime sono fedeli sciiti che si stavano recando al tempio dell’Imam Musa Kadhim per l’annuale pellegrinaggio. La commemorazione di Kadhim, il settimo dei 12 imam venerati dagli sciiti, è un evento che ogni anno porta migliaia di pellegrini nella capitale irachena. L’attacco è stato rivendicato dall’Isis.
Il secondo attacco è avvenuto domenica primo maggio: due autobombe sono esplose nel sud del paese, causando la morte di almeno 18 persone. Il duplice attentato è stato rivendicato dall’Isis.
(Nella foto qui sotto: un gruppo di manifestanti sventola bandiere irachene all’interno del parlamento di Baghdad preso d’assalto)
(Nella foto qui sotto: il primo ministro iracheno al-Abadi visita il parlamento di Baghdad dopo l’irruzione dei manifestanti)