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Cosa succede a Kiev

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Il loro leader è un ex-pugile. Sognano l’Europa e sperano nella Merkel. Ecco l’Ucraina in piazza

È già stata ribattezzata “la marcia del milione”, l’imponente manifestazione contro il governo del premier Mykola Azarov e del Presidente Viktor Yanukovych tenutasi domenica a Kiev. Migliaia di ucraini sono confluiti in massa in Maidan Nezalezhnosti (Piazza dell’Indipendenza), luogo simbolo della Rivoluzione Arancione di nove anni fa, appena appresa la notizia che Yanukovych avrebbe deciso di aderire all’Unione Doganale Euroasiatica –sponsorizzata dalla Russia di Putin–, in cambio di 15 miliardi di dollari.

La notizia della presunta firma tra Mosca e Kiev, nel corso del meeting di Sochi di venerdì scorso tra Yanukovych e Putin, ha esacerbato ulteriormente gli animi dei manifestanti, che da due settimane presidiano Maidan Nezalezhnosti chiedendo le dimissioni del Presidente e del suo esecutivo. Yanukovych e i suoi sono infatti responsabili di non aver firmato l’Accordo di Associazione Economica con la Ue, allontanando l’Ucraina dall’orbita europea.

Fino a qualche giorno prima del meeting di Vilnius del 29 novembre, dove Yanukovych avrebbe dovuto siglare un partenariato economico con l’Unione Europea, molti davano ormai per certo l’accordo. La svolta a U e la rinuncia alla firma del Presidente ucraino sono arrivate dopo un incontro segreto con Putin.

La scelta di Yanukovych ha quindi scatenato la reazione dell’opposizione (UDAR, Batkivshchyna, Svoboda) che ha invitato la gente a scendere in piazza per manifestare contro una decisione che sconfessa una politica di avvicinamento all’Europa e ai suoi valori che, seppure timidamente, sembrava essere stata intrapresa dal governo di Kiev.

Yanukovych, nelle settimane precedenti, si era addirittura dichiarato disponibile a trasferire l’ex premier Yulia Tymoshenko, attualmente in carcere in seguito a una sentenza ritenuta dalla Ue e dagli Stati Uniti un esempio di giustizia selettiva, in una clinica tedesca per curare una dolorosa ernia del disco.

Sebbene la Ue, tramite la sua responsabile della politica estera Catherine Ashton, avesse chiesto, quale conditio sine qua non per la firma, il rilascio della pasionaria della Rivoluzione Arancione, la mossa di Yanukovych era parsa a molti commentatori un segnale tutto sommato positivo.

Una settimana prima del meeting nella capitale lituana, era stata la stessa Tymoshenko, dalla colonia penale di Kharkiv dove è attualmente detenuta, a rivolgere al Presidente un accorato appello affinché firmasse l’accordo di associazione per il bene del popolo ucraino.

Tymoshenko così concludeva la sua lettera:

“Le do la mia parola: se deciderà di firmare l’Accordo, il giorno stesso mi rivolgerò ai leader europei chiedendo loro di firmare senza aspettare il rispetto di alcune clausole, incluse quelle che riguardano la mia liberazione”.

Il mancato accordo con l’Ue e il presunto ingresso nell’Unione Euroasiatica – sorta di mini Unione Sovietica comprendente Russia, Bielorussia, Armenia, Kazakhstan, Abkhazia e Ossezia del Sud (repubbliche separatiste della Georgia) e a cui potrebbe aderire anche la Siria di Assad – ha reso la situazione politica ucraina davvero incandescente.

Domenica un gruppo di militanti di Svoboda, partito nazionalista che ha la sua roccaforte elettorale nell’Ovest del Paese, ha abbattuto l’ultima statua di Lenin nella capitale.

Un gesto questo dalla forte valenza simbolica, che se da un lato riporta alla memoria quanto succedeva nelle piazze delle neonate repubbliche ex sovietiche nel 1991, dall’altro potrebbe rivelarsi un involontario boomerang per i tanti pacifici manifestanti.

Il premier Azarov, che ha paragonato l’abbattimento della statua di Lenin a quella dei Buddha in Afghanistan da parte dei talebani, ha definito le migliaia di persone che chiedono democrazia e rispetto della legge un manipolo di violenti fascisti.

Ciò che appare evidente al momento è che gli spazi per una mediazione sembrano davvero ridotti.

A fronte delle istanze dell’opposizione, capeggiata dall’ex pugile Vitaly Klitschko, il nuovo leader di Maidan Nezalezhnosti, che chiede l’immediato rilascio dei detenuti politici, dimissioni dell’esecutivo e del Presidente ed elezioni parlamentari e presidenziali anticipate, il governo ha finora risposto con l’uso della forza inviando i Berkut, la polizia antisommossa ucraina.

Nelle prossime ore, una delegazione dell’Ue capeggiata dalla Ashton dovrebbe incontrare il Presidente Yanukovych per cercare una qualche forma di compromesso.

Se Yulia Tymoshenko dal penitenziario di Kharkiv invita il popolo a rimanere in piazza e a resistere, perché solo così si riuscirà a sconfiggere il regime di Yanukovych, Klitschko, il probabile candidato presidenziale dell’opposizione in caso di elezioni anticipate, sta intensificando i rapporti con i leader politici europei.

Dopo aver incontrato l’ex premier moldavo Vladimir Filat e l’ex presidente georgiano Mikhail Saakashvili nella giornata di sabato – Saakashvili ha tenuto un commovente discorso in perfetto ucraino al popolo del Maidan – nelle ultime ore è in stretto contatto con la cancelliera tedesca Angela Merkel.

L’appoggio decisivo della Germania – forse l’unica nazione europea in grado di ridurre a più miti consigli Putin – appare fondamentale per risolvere un complicato rebus geopolitico. E per evitare che l’Ucraina ritorni a essere, come ai tempi dell’URSS, un protettorato russo governato con pugno di ferro da qualche emissario del Cremlino.

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