Cosa comporterebbe l’impiego di armi atomiche nella guerra in Ucraina?
Difficile fare previsioni, eccetto una: basterebbe una sola bomba a causare milioni di morti e scenari apocalittici
Le cose più spaventose sono di solito orribili a tal punto da non riuscirle nemmeno a immaginare. Sorte vuole che una di queste, la guerra nucleare, per anni argomento tabù, sia oggi divenuto con cinica semplicità un argomento di dibattito tra figure di alto profilo.
Se il presidente russo Vladimir Putin dice che la possibilità di usare le armi più potenti del suo arsenale «non è un bluff», se l’ex capo del Cremlino Dmitrj Medvedev parla apertamente di armi nucleari e se il presidente Usa Joe Biden dice che l’uso dell’atomica causerebbe un «Armageddon», dobbiamo sperare che queste armi non vengano mai usate, ma l’ipotesi di un loro utilizzo non sembra più la semplice trama di un film di fantascienza.
Dobbiamo chiarire prima di tutto che l’uso di un’arma del genere sarebbe un gesto non solo estremamente drammatico, ma anche senza precedenti, e che per questo porterebbe il mondo in un terreno inesplorato in cui fare previsioni risulta molto difficile.
L’uso in guerra di armi nucleari è infatti avvenuto solamente nell’agosto del 1945, quando gli Stati Uniti sganciarono gli ordigni Little Boy e Fat Man sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, ponendo fine alla Seconda Guerra Mondiale. Stiamo dunque parlando di tecnologie militari molto diverse da quelle di oggi. Ai giorni nostri tali ordigni sono ben più potenti, prodotti in numero ben più alto e in grado di colpire bersagli all’altro capo del mondo.
Per chi viene colpito da simili ordigni, la distinzione tra armi nucleari tattiche e strategiche è una questione marginale. Le due tipologie hanno tuttavia funzioni e portata diversa.
Le armi tattiche sono infatti pensate per un uso limitato a obiettivi specifici, come la distruzione di basi militari o di ampi gruppi di armate, possono avere una potenza anche di pochi kiloton e in generale una gittata più limitata, ma in molti casi sono più devastanti delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Se come dice il nome queste armi hanno un valore bellico di natura tattica, è chiaro che quelle strategiche sono pensate per riuscire a portare un risultato tale da chiudere un conflitto. La potenza di tali armi è infatti molto più devastante, in grado di polverizzare un’intera città con un solo ordigno e il loro scopo rappresenta prima di tutto un deterrente, un modo per evitare di ingaggiare un conflitto con chi possiede tali armi.
Nel malaugurato caso in cui dovessero essere usate armi nucleari in questa guerra, ci sarebbero molte discriminanti che, nei limiti di quanto possiamo provare a immaginare, potrebbero aprire scenari differenti circa lo sviluppo di un conflitto. La scelta di un bersaglio militare porterebbe probabilmente a una reazione diversa dalla scelta di colpire una città, un fatto che polverizzerebbe letteralmente migliaia di civili in pochi secondi. E se a usare il nucleare dovesse essere la Russia, un conto sarebbe colpire obiettivi in Ucraina, un conto in un Paese Nato, facendo scattare l’articolo 5 che impegna l’alleanza a muovere guerra all’aggressore.
Proprio di fronte a queste possibilità, l’ex capo della Cia, Dan Petraeus, ha parlato in televisione su cosa gli Usa dovrebbero fare se Mosca dovesse usare l’atomica sull’Ucraina, dicendo che la risposta dovrebbe essere molto dura, ma non atomica. Proprio perché il vero timore di tutti è che una sola arma nucleare potrebbe, tramite un’escalation, trasformarsi nell’Armageddon citata da Joe Biden.
La guerra nucleare porterebbe il pianeta in un terreno inesplorato e perciò fare previsioni è difficile e può sfociare nella fantapolitica. Ma abbiamo diverse fonti che raccontano cosa potrebbe accadere, e come si rischierebbe di arrivare a situazioni ai limiti dell’apocalittico.
Durante la Guerra Fredda, il timore delle potenze atomiche, Usa e Urss in primis, era che il nemico compisse un “first strike”, ovvero colpisse per primo causando un danno tale da ritenere accettabile qualsiasi risposta, anche nucleare. Per questa ragione, le due potenze hanno messo a punto il cosiddetto sistema della “triade nucleare”: le armi atomiche sono distribuite tra tre distinti sistemi, i missili, i bombardieri e i sottomarini, in modo che in caso di first strike non verrebbero compromesse tutte le atomiche e sarebbe ancora possibile contrattaccare.
Ma come si svolgerebbe una guerra tra potenze nucleari? L’università di Princeton ha realizzato una simulazione chiamata “Piano A”, in cui immagina le conseguenze di un attacco atomico russo su suolo Nato. Partendo dal singolo attacco, si arriverebbe a una rapida escalation in cui l’alleanza atlantica e la Russia inizierebbero a colpirsi a vicenda partendo prima da obiettivi militari, aumentando rapidamente il numero di testate impiegate e colpendo obiettivi sempre più ambiziosi mentre le infrastrutture e i centri nevralgici dei due blocchi vengono devastati fino a compiere un ultimo attacco contro le maggiori città nemiche con l’obiettivo di compromettere qualsiasi sforzo per una ripresa. Il cinismo di una simile escalation porterebbe chi vede bersagliati i propri sistemi di lancio delle atomiche a decidere in pochi minuti se perdere centinaia di testate nucleari nell’attacco o lanciarle immediatamente contro obiettivi nemici per evitare che vadano perdute.
In ogni caso, una simile escalation in poche ore porterebbe a decine di milioni di vittime, cui nei giorni successivi se ne aggiungerebbero molte altre a causa delle difficoltà logistiche nel prendersi cura di un elevatissimo numero di feriti e persone colpite dalle conseguenze radioattive, tanto più con le infrastrutture devastate dal conflitto.
Se invece di una simulazione, per quanto basata su dati militari, preferiamo far riferimento a un reale piano militare, seppur risalente ad alcuni decenni fa, il piano sovietico noto come “sette giorni al Reno”, messo a punto negli anni Settanta, ci fornisce notizie interessanti su dove l’Urss si sarebbe aspettata un attacco nucleare e quali obiettivi sarebbe stata pronta a colpire. Il piano era pensato come una risposta a un ipotetico attacco nucleare Nato contro il Patto di Varsavia su una serie di obiettivi in Polonia lungo il fiume Vistola. La scelta sarebbe avvenuta proprio per evitare un’avanzata sovietica con un attacco che avrebbe creato una vasta zona radioattiva alle porte dell’Urss.
La risposta avrebbe previsto attacchi nucleari su diversi obiettivi tedeschi, danesi e austriaci, violando la neutralità di Vienna. Una versione del piano prevedeva anche attacchi atomici nel nordest italiano, come la base militare di Aviano e le città di Verona, Vicenza e Padova. La scelta non era casuale: il nordest era la zona d’Italia esposta verso i Paesi del Patto, e questo attacco avrebbe frenato attacchi dal nostro Paese. Da evitare invece attacchi contro Francia e Regno Unito, le due potenze atomiche europee, proprio per non fomentare un’ulteriore risposta nucleare.
In conclusione, c’è un dato su cui simulazioni e piani nucleari sono pienamente d’accordo: l’uso anche di una sola bomba atomica, per quanto limitato possa essere, può innescare un’escalation in grado di uccidere milioni di persone in poche ore creando nel medio termine conseguenze per il pianeta che non siamo in grado di prevedere, ma che potrebbero arrivare a compromettere la vita sulla Terra.