Coronavirus | Video esclusivo dalla Cina: mascherine usate vendute clandestinamente
Città spettrali, assediate da sole truppe di tute bianche per controllare ed evitare l’espansione del coronavirus 2019-nCoV. In Cina continua a salire il numero dei decessi e sono migliaia i casi di contagio finora confermati dal governo di Pechino. Insieme al virus, anche l’allerta massima avanza in altre città con cordoni sanitari estesi finora a 56 milioni di persone: un numero poco inferiore alla popolazione italiana. Nel frattempo, schizzano le vendite delle mascherine protettive. E c’è chi rivende quelle usate.
“Ho lasciato Wuhan lo scorso 13 gennaio per viaggiare. Ora tutte le notizie che ho sono quelle dei miei amici che sono rimasti bloccati lì”, racconta a TPI João Martinez, 23enne originario del Brasile che per studiare Relazioni internazionali nel 2014, ha scelto di vivere nel capoluogo dell’Hubei, il focolaio dell’epidemia. “Al momento, tutti i voli da e per Wuhan sono stati cancellati. Questa settimana ho un volo per Pechino, starò lì un paio di giorni. Ma ho paura di tornare in Cina. Da quando l’ho lasciata ho visto le cose peggiorare. Ci sono persone che rivendono mascherine usate”.
In un video divenuto virale si vedono alcuni individui intenti ad armeggiare e raccogliere in una scatola mascherine malconce senza alcuna accortezza igienica. Una voce fa notare che le protezioni potrebbero essere infette. “Potreste venderle ancora!”. afferma la probabile autrice del filmato, minacciando di chiamare la polizia. Mostrando le conversazioni con i suoi contatti, João racconta che in questi giorni molti stanno condividendo il video. Tra i messaggi qualcuno scrive: “Please cut off the used masks before you throw it (Si prega di tagliare le maschere usate prima di gettarle via)”.
Le vendite di mascherine protettive sono in aumento in tutto il globo. In Cina, dove sono obbligatorie in diverse province e città, molti negozi avrebbero esaurito le scorte, provocando un aumento vertiginoso dei prezzi. Secondo l’agenzia di stampa britannica Reuters, anche a Chinatown a New York le maschere sono sparite dagli scaffali. La disperazione per via della scarsità delle ormai costose mascherine protettive conduce molti cinesi a rifarsi su quelle usate, e altri a rivenderle.
“Le mascherine non vanno assolutamente riutilizzate. Sono ad uso esclusivo personale”, tuona a TPI Claudio Mastroianni, professore ordinario in Malattie infettive all’Università Sapienza di Roma e direttore dell’Unità operativa complessa di Malattie Infettive presso il Policlinico Umberto I di Roma.
“È fondamentale seguire le raccomandazioni suggerite dalle autorità sanitarie e non creare allarmismi eccessivi nella popolazione che possono avere un impatto anche peggiore, considerando che in base alle stime disponibili il tasso di letalità della nuova infezione da coronavirus sembra inferiore all’1% e quindi più basso della Sars”, aveva già riferito Mastroianni da una nota della Simit, Società italiana di malattie infettive e tropicali di cui è vice presidente.
“Tutto è cominciato con voci su una polmonite virale. Abbiamo pensato che non fosse pericoloso: in questa stagione è abbastanza normale. Poi ci hanno detto che questa malattia si diffonde da persona a persona”, continua João. Per fortuna il suo compagno ha lasciato Wuhan lo scorso 23 gennaio, poco prima che l’aeroporto chiudesse isolando gli abitanti della città più popolosa della Cina centrale.
“I miei amici sono praticamente barricati nelle loro case. Non possono uscire. Niente autobus, niente metropolitana, niente taxi. In città ‒ che è divisa in tre distretti: Wuchang, Hankou e Hanyang ‒ tutti i ponti sono chiusi. Dalla mezzanotte del 26 gennaio è stato vietato dal governo di Wuhan anche l’utilizzo di particolari automobili. Pare inoltre non sia rimasto molto cibo nei discount delle vicinanze”.
“Gli ospedali sono ormai al collasso, perciò il governo cinese sta inviando in soccorso altri medici da altre città. All’università le cose sono peggiorate. Già qualche giorno fa gli insegnanti ci dicevano di indossare le mascherine e di non uscire”. Dal 2017 il giovane collabora con l’Ufficio ammissioni dell’Università Normale della Cina Centrale aiutando i colleghi stranieri che desiderano entrare in Cina e quelli cinesi che aspirano all’estero.
“È spaventoso. Wuhan è la mia seconda casa”, conclude lo studente fuori sede che rivela lo spaventoso perché di quei corpi esanimi riversi sulle strade, visibili dai filmati prodotti dalla comunità del luogo. “Cadono a terra a seguito della mancanza di ossigeno al cervello, causata dal virus”.