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Ignorare il Coronavirus: pericoli, silenzi e omertà del “modello Giappone” (di Selvaggia Lucarelli)

Immagine di copertina
Il premier giapponese Shinzo Abe. Credit: EPA/FRANCK ROBICHON

Coronavirus, il “modello Giappone”? Ignorare la pandemia

No, non è vero che i giapponesi stanno bene, che l’Avigan li cura tutti come suggerito dal virologo youtuber esperto in videogiochi, che il sushi rende immuni e che con un bagno nelle famose terme locali passa tutto, pure il Coronavirus. In Giappone il Coronavirus si è diffuso come nel resto del mondo, solo che si è scelta la strada di non farlo sapere troppo in giro. E non solo al resto del mondo, ma soprattutto ai cittadini stessi. Pochissimi tamponi fatti, numeri che non hanno mai convinto e informazioni a singhiozzo, la politica giapponese è stata quella di tentare l’impresa impossibile di minimizzare il problema, forse per non dover rinunciare a quelle Olimpiadi che sarebbero dovute iniziare quest’estate.

Un’ostinazione inspiegabile, oltre che una testarda incoscienza, visto che anche qualora il Giappone, a giugno, fosse stato risparmiato dall’epidemia, il resto del mondo sarebbe stato ancora alle prese col contenimento. E nella migliore delle ipotesi, non avrebbe avuto né pubblico, né atleti. È così che alla fine, se si escludono i dubbi sulla trasparenza della Cina e i numerosi punti oscuri sulla reale tempestività con cui ha divulgato le prime notizie sul Coronavirus, è il democratico Giappone, mentre si tirano le prime somme sulla gestione dell’epidemia nel mondo, a mostrare la maggiore torbidezza.

Solo dopo l’inevitabile e tardiva rinuncia alle Olimpiadi, infatti, sono arrivate le ammissioni sulla situazione sanitaria in Giappone, fino ad arrivare alla proposta dello stato di emergenza, da parte del premier Shinzo Abe. Una proposta tardiva, mentre si comunicano i primi dati: a Tokyo i contagiati sarebbero 1.000, ma a questo punto è lecito dubitare della veridicità delle comunicazioni del governo. Come ha fatto notare il giornalista di Sky Pio D’Emilia che vive in Giappone da molti anni, “il modello Giappone”, ad oggi, è esistito solo nella misura in cui si ritiene un modello ignorare il problema dell’epidemia finché è possibile. “Un’arrogante scommessa del premier Shinzo Abe nel suo disperato tentativo di salvare le Olimpiadi, scommessa che sta facendo sulla pelle dei suoi cittadini e degli stranieri che vivono qui”, ha definito D’Emilia l’atteggiamento del governo.

Federica C., architetto italiano che vive e lavora a Tokyo, contattata al telefono conferma la situazione: “Mi sveglio, ascolto le notizie tragiche italiane e nel mondo, poi guardo fuori dalla finestra qui a Tokyo e vedo la solita folla mattiniera in giacca e cravatta, vedo l’affollamento sulla metro. Ma c’è qualcosa che non quadra, anche se il premier Abe ci rassicura”. Federica racconta anche quanto la spaventino i silenzi intorno a lei: “C’è questa sorta di omertà, non bisogna chiedere mai niente. Una ragazza che viveva con me è partita un mese fa per la luna di miele, in crociera alle Hawaii. Dopo due settimane dal ritorno si è ammalata, aveva la febbre alta a 39\40. È andata in ospedale per chiedere di fare il test, giustamente l’ospedale le ha detto di andare a casa e se la febbre non fosse scesa nei quattro giorni successivi, avrebbe potuto fare il test. Sono passate tre settimane, questa ragazza è scomparsa, non risponde alle chiamate, ai messaggi, non risponde al suo datore di lavoro, non abbiamo più notizie. Pensiamo sia in ospedale, io nel frattempo divento sempre più paranoica”.

E aggiunge: “Questo paese è il paese del mistero. Con amici e colleghi siamo tutti molto spiazzati da questo silenzio. Il giorno dopo la posticipazione delle Olimpiadi, la governatrice ha annunciato che il numero’ dei contagiati è salito vertiginosamente, ‘colpa della sakura’, ha detto (la sakura è la fioritura dei ciliegi ndr). Ma il virus rimane incubato fino a 2 settimane, mica solo due giorni! Qui la paura di un crollo finanziario è molto forte, ci sono i debiti per le Olimpiadi, non ci si può permettere una stop e si è tirata la corda finché si è potuto”, conclude Federica.

Anche la triste storia della Diamond Princess, la nave da crociera bloccata nel porto di Yokohama, è indicativa di come si sia gestita (male) la situazione in Giappone: i passeggeri non sono stati fatti sbarcare per settimane, trasformando l’imbarcazione in un lazzaretto, con situazioni igieniche precarie. Molti dei turisti rientrati nei loro paesi sono risultati in seguito positivi al test (ed anche alcuni giapponesi), nonostante i test fatti sulla nave fossero risultati negativi. Addirittura, i passeggeri giapponesi sbarcati sono tornati a casa con i mezzi pubblici, e in centinaia. È dunque impensabile che in Giappone il contagio non si sia diffuso velocemente e in maniera capillare così come è accaduto in altri paesi del mondo. Eppure non sarebbe stato difficile per le autorità educare il popolo a direttive anche stringenti nella quotidianità per arginare l’epidemia, tanto più che al contrario per esempio dei cinesi, i giapponesi sono abituati ad indossare mascherine e sono famosi per il loro “culto dell’igiene”.

“I giapponesi sono un popolo tranquillo e ubbidiente, abituato a rispettare le autorità, e persino a sopportarne i soprusi. Basterebbe che al governo ci fossero persone serie, competenti, oneste e i giapponesi se ne starebbero tranquillamente a casa, senza nemmeno bisogno di decreti, minacce, sanzioni e esercito per strada”, scrive Pio D’Emilia. E Federica, l’architetto italiano, chiude la conversazione con una triste riflessione: “Prego di avere già avuto il Coronavirus e di non saperlo mai, ma mentalmente è davvero difficile affrontare ogni giorno un dubbio così grande. Cerco di gridare a questo mondo sordo che qualcosa qui non va, ma non cambia nulla”.

Cambierà qualcosa da domani, a quanto pare, visto che Abe dichiarerà lo stato di emergenza. Pio D’Emilia, al telefono, spiega meglio la situazione: “Sarà uno stato di emergenza ‘alla giapponese’. La Costituzione nipponica vieta qualsiasi tipo di compressione dei diritti civili, soprattutto di movimento e di espressione, anche in caso di stato di emergenza. Nessuno lo sa ma il Giappone ha molte garanzie contro eventuali colpi di stato e pieni poteri. Orban e Salvini qui farebbero poca strada. Comunque, questo stato di emergenza è una questione solo economica perché consente alle imprese che vogliono chiudere di avere sussidi dallo Stato per pagare i dipendenti. Il tempo è stato perso per questo, per dare garanzie all’economia. Accadranno molte brutte cose: gli interinali, chi lavora part time non avrà garanzie, soffrirà il mondo del sommerso”.

“Il sistema sanitario avrà una grande prova da affrontare, ci sono dati che spogliano il Giappone dell’immagine che aveva, le terapie intensive sono 5 per 100mila abitanti, in Italia sono 12, in Germania 29, in Corea 35 . Gli stranieri sono terrorizzati perché non c’è un numero dell’emergenza con qualcuno che parli inglese, ieri li ho provati tutti, se ti senti male e non hai un amico giapponese vicino sei fregato. I morti con altre patologie qui non sono stati tamponati e registrati come morti con Coronavirus anche se avevano i sintomi, ieri un chirurgo giapponese ha twittato ‘Mi è arrivato un malato grave con cardiopatia e polmonite, è morto, ho chiesto di fare il tampone e me l’hanno rifiutato perché se non c’è la prova che sia entrato in contatto con un infettato non si fa il tampone’. In compenso vi do una notizia: la Corea da domani farà i tamponi gratis all’aeroporto. Si prenota alla partenza, all’arrivo ti fanno il tampone gratuitamente, dopo 3 ore ti danno il risultato. E comunque devi farti le due settimane di quarantena, sia chiaro”.

E a conferma che Pio D’Emila conosce bene il paese in cui vive da decenni, mentre chiacchieriamo arriva l’ultima notizia: la governatrice ha annunciato che il lockdown come è avvenuto negli altri paesi del mondo in Giappone non ci sarà. Il governo raccomanda alla popolazione di rimanere a casa, ma non può imporla. Insomma, quel che accadrà in Giappone nei prossimi mesi sembra più affidato al buonsenso dei giapponesi che a un piano concreto e rigoroso di contenimento.

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