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Coronavirus, come ci si può infettare al ristorante: ricostruzione di un vero contagio (con schema)

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Come si diffonde il Coronavirus in un ristorante se uno dei presenti nel locale è positivo (e asintomatico) e perché alcuni si infettano mentre altri no? Questi gli importanti quesiti – fondamentali, in vista dell’inizio imminente della Fase 2 dell’emergenza Covid-19 – a cui uno studio ha fornito delle risposte, ricostruendo una situazione realmente accaduta in un ristorante di Guangzhou, in Cina. L’indagine, che verrà pubblicata nel mese di luglio sulla rivista Emerging Infectious Diseases e pubblicata dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) degli Usa, è infatti partita dal caso di un contagio ai danni di nove persone in un locale dove era presente una sola persona infettata dal virus, il quale è stato trasmesso tramite il flusso d’aria proveniente dal condizionatore.

Era il 24 gennaio e all’interno del ristorante, sullo stesso piano senza finestre, si trovavano contemporaneamente altre 73 persone, le quali al contrario dei nove contagiati non sono entrate in contatto con il Coronavirus. Stesso discorso per gli otto camerieri in turno quel giorno, salvi dal contagio. Ad essersi infettati sono stati dunque i commensali del tavolo del soggetto positivo al Covid-19 e quelli seduti in uno dei due tavoli vicini sulla linea del condizionatore. Nello studio, che ricostruisce appunto l’origine di questo “piccolo” focolaio, la famiglia denominata “A”, in sostanza, si era recata a pranzo nel locale di Guangzhou arrivando da Wuhan il giorno precedente. Una donna del gruppo, di 63 anni, dopo il pranzo ha iniziato ad accusare i sintomi del Covid-19 e, recandosi in ospedale, ha poi scoperto di essere positiva. Nell’arco di due settimane a partire dal 24 gennaio, quindi entro il 5 febbraio, sono risultati infetti anche altri nove clienti di quel locale di Guangzhou: quattro erano parenti della 63enne, i quali potrebbero anche essersi contagiati fuori dal ristorante, mentre gli altri cinque avrebbero subito la trasmissione proprio lì dentro.

In che modo? Come anticipato, determinanti perché avvenisse il contagio sono stati sia il flusso d’aria proveniente dal condizionatore che la disposizione dei tavoli sul piano del ristorante: il tavolo della famiglia “A” si trovava posizionato sul lato ovest della sala da pranzo di 145 mt quadrati, in mezzo ai tavoli dove mangiavano le altre due famiglie “B” e “C” . Famiglia B e famiglia A sono state a contatto 53 minuti e tre persone – una coppia e la figlia – sono stati contagiate, mentre famiglia “C” e famiglia “A” si sono sovrapposte per 73 minuti e, anche in questo caso, una madre e sua figlia hanno contratto il Coronavirus. Tutti i tavoli erano distanti 1 metro l’uno dall’altro ma su quello della famiglia “C” il flusso di aria condizionata soffiava in direzione sud e attraversava gli altri tre tavoli. Non solo, perché con tutta probabilità una parte di quell’aria rimbalzava contro il muro e tornava verso la famiglia “C”.

La ricerca, che presenta dei limiti dato che gli studiosi non hanno comunque eseguito esperimenti per simulare la trasmissione aerea, ha però analizzato sei campioni prelevati dal condizionatore d’aria, i quali sono risultati negativi. “Il fattore chiave per l’infezione – hanno spiegato gli autori dello studio – è stata la direzione del flusso d’aria: le goccioline respiratorie più grandi (> 5 μm), infatti, rimangono nell’aria solo per un breve periodo e viaggiano solo per brevi distanze, generalmente <1 m. Le distanze tra il paziente A1 e le persone agli altri tavoli, in particolare quelle al tavolo C, erano tutte> 1 m. Tuttavia, un forte flusso d’aria dal condizionatore d’aria potrebbe aver propagato le goccioline dal tavolo C al tavolo A, quindi al B e di nuovo al C ( come in figura ). Piccole gocce aerosolizzate (<5 μm) cariche di virus possono rimanere nell’aria e percorrere lunghe distanze, gli aerosol tenderebbero a seguire il flusso d’aria e le concentrazioni inferiori di aerosol a distanze maggiori potrebbero essere state insufficienti a causare infezione in altre parti del ristorante”.

“L’analisi serve – è stata invece l’osservazione del New York Times – per capire quali siano le sfide che i ristoranti dovranno affrontare quando tenteranno di riaprire. I sistemi di ventilazione possono creare schemi complessi di flusso d’aria e mantenere le particelle aerosol virali sospese più a lungo, quindi la distanza minima (2 metri) potrebbe non essere sufficiente per salvaguardare gli avventori”. I ricercatori, infatti, in conclusione consigliano, al fine di prevenire il contagio all’interno di ristoranti e locali, di “rafforzare la sorveglianza del monitoraggio della temperatura, aumentare la distanza tra i tavoli e migliorare la ventilazione”.

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