L’appello degli italiani rimasti bloccati all’estero: “Farnesina dove sei? Riportaci a casa” | VIDEO
L’appello degli italiani all’estero: Riportateci a casa
Migliaia di italiani vivono bloccati in Ecuador, Argentina, Kenya, Emirati Arabi, India, Malesia e non possono tornare a casa. Organizzare il loro rimpatrio ha costi elevati o comporta tempi di attesa troppo lunghi. Ma anche quello di tre settimane sarebbe un periodo accettabile per chi si trova all’estero, perché il loro calvario dura da mesi, da quando cioè la pandemia di Coronavirus ha chiuso i confini del mondo mentre si trovavano in viaggio. Un viaggio che adesso è diventata un’Odissea. I voli messi a disposizione dalla Farnesina, quando disponibili, costano normalmente dai 1000 ai 2mila euro, un prezzo che non tutti possono permettersi. E se la maggior parte degli Stati dell’Unione Europea ha utilizzato i fondi messi a disposizione dal meccanismo di rimpatrio internazionale (Meccanismo Unionale della Protezione Civile), che copre fino al 75 per cento del prezzo di un biglietto, il Ministero degli Esteri italiano ha utilizzato questo sistema solo una volta, per far rientrare a febbraio 37 persone da Tokyo.
In tutti gli altri casi i cittadini che sono tornati con voli “in deroga alla programmazione ordinaria” – quelli che uno Stato organizza quando è vietato l’acquisto di biglietti commerciali – sono stati costretti a pagare quote altissime, pari a più del doppio di una tratta normale. Per questo le migliaia di persone che hanno firmato la petizione “Sos Italia: Riportateci a casa” lanciata da un italiano bloccato in Bolivia su Change.org chiede al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio “e a tutte le Ambasciate italiane nel mondo” di organizzare dei voli e di farli tornare finalmente a casa a prezzi accessibili. “Sono bloccata in Malesia da più di due mesi, molti di noi hanno il visto in scadenza e qui in Malesia è materia penale, ma i voli continuano ad essere cancellati, spostati, oppure hanno prezzi improponibili”, racconta Vanina nel video appello di Change.org. Claudia invece si trova con il compagno e il figlio di 5 anni a Pushkar, un villaggio del Rajasthan, in India, dove vive ormai da due mesi. “Noi italiani di tutto il mondo chiediamo al governo di riportarci a casa con dei voli diretti, a prezzi umani e in sicurezza”, racconta nel video.
Grazie alla petizione e agli appelli lanciati su social e sui media dai circa 50 cittadini italiani in Bolivia, la Farnesina ha organizzato il loro rimpatrio sette giorni fa, con un volo che ha raccolto anche i 200 italiani che si trovavano in Cile. Noi di TPI a metà aprile avevamo raccontato la loro storia e dato voce a Luca Profenna, promotore della petizione, partito alla volta del sud America a dicembre 2019 e rimasto bloccato a La Paz dopo lo scoppio dell’epidemia a marzo. “Per avere un volo ho dovuto sollevare un polverone mediatico come se tornare a casa non fosse un diritto”, racconta oggi a TPI da Cremona, dove si trova in quarantena a casa del fratello dopo essere approdato all’aeroporto di Malpensa. “O ci veniva a prendere la Farnesina o rimanevamo lì, perché con la pandemia non c’è la possibilità di prenotare voli commerciali. Ma conosco persone a cui per tornare da Buenos Aires hanno chiesto 2.200 euro a testa. Per una famiglia di quattro persone significa spendere 8mila euro. Dicono che il motivo dei prezzi così alti è la necessità di coprire i costi di un volo che per motivi di sicurezza deve rimanere vuoto per metà, ma il mio era pieno: in tutto eravamo circa 240″, dice Luca, 35 anni, originario di Chieti. Tanti altri come lui attendono ancora.
“Solo tra Panama, Argentina e Ecuador sono almeno 2mila”, spiega. Ma sul sito della Farnesina non sono pubblicate le cifre ufficiali. È possibile consultare solo il numero delle persone finora rimpatriate. Gli altri “sono invisibili”, bloccati in Paesi in cui, nel frattempo, la pandemia sta raggiungendo la sua fase più acuta, come il Brasile o l’Argentina, dove potrebbero essere costretti ad attendere ancora altri mesi se lo Stato non organizza voli a prezzi “regolari”, “normali”. “In questo momento così delicato per tutti e tutte, in cui il Coronavirus ha scoperchiato tutte le problematiche della nostra società, non vogliamo più credere che il denaro, i profitti, i soldi, valgano di più delle nostre vite”, recita il testo della petizione, che ha raggiunto quasi 50mila firme. “Questa situazione, questa pandemia, ci ha insegnato che la tutela delle persone, che la salute collettiva e la salvaguardia delle vite umane sono le cose più importanti che abbiamo, e che, di certo, non valgono meno di soldi e denaro. Perché è ora di finirla con questa vecchia tiritela di anteporre gli interessi economici dinanzi alle nostre vite”.
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