Corea del Nord, chi indossa jeans attillati rischia la pena di morte
Il giro di vite di Kim Jong-un contro le mode straniere mira a impedire "l'invasione del capitalismo" in Corea del Nord
Indossare jeans attillati potrebbe portare alla pena di morte in Corea del Nord. Una serie di nuove disposizioni di legge adottate a metà maggio dal regime di Pyongyang guidato da Kim Jong-un mirano infatti a “proteggere” la cittadinanza dai “veleni stranieri” come abiti, film, musica ed espressioni “non nazionali”.
Così il regime della Corea del Nord ha bandito i jeans attillati, i tagli di capelli diversi dai 15 già autorizzati e persino la musica pop sud-coreana. La nuova norma, pensata per contrastare il “pensiero reazionario”, intende tutelare soprattutto i giovani dai “comportamenti antisocialisti” e dal “vento giallo del capitalismo”, invitando il Paese ad “aggrapparsi allo stile di vita” nord-coreano.
La notizia, riportata negli scorsi giorni da diversi media internazionali citando una direttiva del Rodong Sinmun, organo del Partito dei Lavoratori al governo a Pyongyang, e una lettera inviata dal dittatore alla Lega della gioventù nord-coreana, si arricchisce nelle ultime ore di nuovi dettagli, pubblicati dal Daily NK, una testata online con sede a Seul e fonti in Corea del Nord.
Secondo il quotidiano digitale, il primo ad entrare in possesso di una copia della nuova legge, chiunque venga sorpreso con ingenti quantità di materiale multimediale proveniente dalla Corea del Sud, dagli Stati Uniti o dal Giappone rischia una condanna fino alla pena di morte. Chiunque sarà colto in flagranza nel consumare contenuti di origine straniera rischia di dover scontare 15 anni in un campo di internamento.
La testata sudcoreana riferisce la storia, impossibile da verificare in maniera indipendente, di tre adolescenti mandati in un campo di rieducazione della Corea del Nord per essersi tagliati i capelli come alcuni cantanti del genere K-pop e aver indossato pantaloni con i risvolti sopra le caviglie. Ma la repressione non si fermerebbe ai soli trasgressori delle regole.
“Se un lavoratore viene arrestato, il direttore della fabbrica in cui risulta impiegato può essere punito e se un bambino è considerato problematico, anche i genitori possono essere puniti”, spiega alla BBC il direttore del Daily NK, Lee Sang Yong. “Il sistema di delazione incoraggiato dal regime nordcoreano si riflette in modo aggressivo in questa legge”.
Il giornalista sostiene che la nuova norma abbia il preciso scopo di “infrangere” qualsiasi sogno nutrito dalle giovani generazioni riguardo la Corea del Sud. “In altre parole, il regime ha concluso che si potrebbe formare un senso di resistenza se venissero introdotti elementi tipici di culture di altri Paesi”.
Anche Choi Jong-hoon, uno dei pochi ad essere riuscito a fuggire dalla Corea del Nord nel corso dell’ultimo anno, ha spiegato alla BBC che “più duri sono i tempi, più severi diventano i regolamenti, le leggi e le punizioni”. “Psicologicamente, quando hai la pancia piena e guardi un film sudcoreano, lo fai solo per svagarti. Ma quando non hai da mangiare e devi lottare per sopravvivere, le persone sono scontente”.
Insomma, secondo vari analisti citati dalla BBC, Kim Jong-un ha intenzione di limitare al massimo l’ingresso in Corea del Nord di informazioni e contenuti provenienti dall’estero, viste le progressive difficoltà incontrate dalla popolazione civile nella vita quotidiana.
Nel Paese asiatico è costantemente in vigore il blocco di Internet, non sono autorizzati i social media e vanno in onda soltanto pochi canali televisivi controllati dallo Stato. Dallo scoppio della pandemia di Covid-19, il regime di Pyongyang ha sempre sostenuto che in Corea del Nord non erano stati registrati decessi di persone contagiate dal Coronavirus, mentre ha introdotto una serie di misure draconiane per contrastare la diffusione dell’infezione, autorizzando ad esempio le guardie di confine a utilizzare le armi per impedire l’attraversamento della frontiera.
Intanto però anche le merci importate sono diventate sempre più scarse a causa delle restrizioni dovute alla crisi sanitaria. Tutto questo nel Paese più isolato e chiuso al mondo.