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Cosa succederebbe se la Corea del Nord testasse una bomba a idrogeno sul Pacifico

Immagine di copertina
Il dittatore nord-coreano Kim Jong Un assiste al lancio di un missile Hwasong-12. Credit: KCNA via Reuters

Il ministro degli Esteri nordcoreano ha minacciato l'uso di un'arma termonucleare. Ecco quali sono gli scenari possibili

Il 22 settembre la Corea del Nord ha annunciato che potrebbe testare una bomba a idrogeno (bomba H) nel Pacifico, dopo che il presidente Donald Trump ha minacciato di distruggere il paese nel suo discorso alla 72esima Assemblea generale delle Nazioni Unite. Se Pyongyang mettesse davvero in atto la sua minaccia, si tratterebbe della prima esplosione nucleare nell’atmosfera dal 1980.

La bomba a idrogeno è un’arma termonucleare e può essere considerata l’evoluzione più potente della bomba atomica.

Mentre le bombe atomiche, come quelle esplose a Hiroshima e Nagasaki, si basano sul processo di reazione a catena di fissione nucleare, la bomba a idrogeno si basa su un principio opposto: non la divisione nucleare, ma la fusione di nuclei di atomi leggeri. Tale processo viene innescato attraverso l’esplosione di una bomba atomica. Per questo alla potenza della bomba H va sommata a quella dell’atomica, che serve da innesco.

Ma cosa potrebbe accadere se la Corea del Nord testasse un’arma termonucleare nell’oceano Pacifico? Per rispondere a questa domanda bisogna indagare se davvero Pyongyang abbia sviluppato una bomba H.

Pyongyang ha davvero la bomba a idrogeno?

Dopo sei esperimenti nucleari riusciti negli ultimi 11 anni e almeno 15 test missilistici andati a buon fine soltanto nel 2017, diversi commentatori concordano che la Corea del Nord è vicina all’obiettivo di una capacità balistica nucleare.

Il paese asiatico è impegnato da anni nello sviluppo di questo tipo di armamenti. L’esercito degli Stati Uniti opera come se Pyongyang fosse già in grado di testare un’arma termonucleare.

“So che esiste un dibattito sulla capacità di miniaturizzazione delle armi nucleari da parte di Pyongyang”, ha detto a giugno l’ammiraglio Harry Harris, a capo dello United States Pacific Command (Pacom), il comando delle forze armate statunitensi nell’oceano Pacifico. “Ma l’esercito deve essere pronto a combattere subito, quindi prendo Kim Jong Un in parola, se dice di essere in possesso di un’arma termonucleare”.

La Corea del Nord sostiene di aver già sviluppato una bomba a idrogeno, in possesso di “un grande potere distruttivo”.

Una bomba all’idrogeno – o termonucleare – può raggiungere migliaia di chilogrammi di peso. Un’arma del genere, il tipo di ordigno nucleare più devastante mai creato dall’essere umano, deve raggiungere almeno la potenza di un megatone, almeno 100 volte la potenza già sviluppata da Pyongyang nell’ultimo test nucleare effettuato a settembre 2016.

Alla base della bomba H c’è una reazione a fusione termonucleare non molto diversa da quella che avviene all’interno del Sole.

Una bomba atomica a fissione nucleare, o bomba A, realizza una reazione a catena che porta alla “divisione” appunto dei nuclei atomici del materiale fissile, uranio 235 oppure plutonio 239. Nella bomba H viene aggiunto un ulteriore stadio: l’esplosione dovuta alla fissione nucleare, provoca a sua volta la fusione di altro materiale che genera una detonazione ancora maggiore.

Come potrebbe portare a termine questo test?

Anche se l’eventuale bomba H potrebbe in teoria essere sganciata da un aeroplano, diversi commentatori sono convinti che Pyongyang sia intenzionata a mettere in atto la sua minaccia lanciando un missile balistico.

L’obiettivo nordcoreano è mostrare al mondo le proprie capacità militari e di sviluppo tecnologico: la miniaturizzazione di una testata termonucleare è una delle maggiori dimostrazioni di forza che un paese possa mettere in atto.

Questo tipo di missile è stato testato poche volte e spesso non ha avuto successo. Pyongyang infatti non è stata ancora in grado di realizzare un vettore affidabile che possa trasportare un’arma nucleare.

I missili già a disposizione del paese asiatico sono quelli delle serie Scud, che possono colpire in tutta la penisola coreana, e i No-dong, che potrebbero colpire Tokyo e le basi militari americane nell’area.

I sistemi balistici sperimentati negli ultimi mesi invece – quelli della serie Hwasong-12 e Hwasong-14 – potrebbero raggiungere le coste occidentali degli Stati Uniti, ma non sono ancora affidabili. I loro lanci, a oggi, non sempre sono andati a buon fine.

Quali sarebbero le conseguenze di un test del genere?

La detonazione di un’arma termonucleare nordcoreana nell’Oceano Pacifico sarebbe la prima esplosione nucleare nell’atmosfera dal 1980. Nel complesso, delle oltre duemila esplosioni nucleari avvenute in tutto il mondo dal 1945 a oggi, il 25 per cento di queste – ossia più di 500 bombe – sono esplose nell’atmosfera.

Oltre 200 armi sono state fatte detonare dagli Stati Uniti, più di 200 dall’Unione Sovietica, almeno 20 dal Regno Unito, circa 50 dalla Francia e 20 dalla Cina.

Questo tipo di esplosioni è stato bandito dal Trattato sulla messa al bando parziale dei test nucleari (Ptbt) nel 1963, a cui aderirono Stati Uniti, Unione Sovietica e Regno Unito. Francia e Cina non firmarono l’accordo, ma hanno rinunciato a questo tipo di esperimenti rispettivamente nel 1974 e nel 1980. L’ultimo test atmosferico di un’arma nucleare è stato portato a termine dalla Cina proprio agli inizi degli anni Ottanta.

I sei test atomici realizzati dalla Corea del Nord sono stati tutti esperimenti sotterranei, che hanno causato altrettanti terremoti. Tuttavia, un esperimento nucleare realizzato nell’atmosfera porta con sé un ulteriore pericolo: la ricaduta a terra di materiale radioattivo.

Soltanto una frazione dell’arma infatti si trasforma in pura energia a seguito dell’esplosione. Il resto viene fuso e trasformato, insieme a tutto ciò che è presente nei pressi luogo della detonazione, in particelle sottili.

Questo materiale radioattivo viene trasportato negli strati superiori dell’atmosfera dai venti generati dall’esplosione, ricade a terra e si diffonde dopo aver percorso anche centinaia di chilometri in un’area più vasta rispetto al sito interessato dalla detonazione.

Il fenomeno, denominato fallout (letteralmente “ricaduta”) aumenta quando si verifica un’esplosione vicino al suolo o all’acqua. In questi ambienti la dispersione di detriti radioattivi è maggiore rispetto a quella sviluppata in un test sotterraneo.

Questo tipo di fenomeno, durante la guerra fredda, ha ucciso decine di persone nell’oceano Pacifico, a causa del test atomici statunitensi e francesi e in Asia centrale, a causa di quelli sovietici.

Gli Stati Uniti sono pronti ad affrontare un attacco missilistico nordcoreano?

Il capitano della Marina Jeff Davis – e portavoce del Pentagono – ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno piena fiducia nella propria capacità di difendere il suolo americano contro la crescente minaccia nordcoreana. Davis ha citato un test effettuato con successo nel maggio 2017 in cui un dispositivo balistico intercettore ha abbattuto un missile in volo durante una simulazione di attacco da parte della Corea del Nord.

“I risultati che abbiamo sono contrastanti, ma dimostrano la nostra capacità di difenderci e di sparare più di un missile intercettatore”, ha dichiarato Davis.

A ogni modo, gli esperti non sono concordi sulla possibilità da parte statunitense di bloccare una attacco balistico multiplo. Se la tecnologia e la produzione missilistica della Corea del Nord progredisse, le difese americane potrebbero essere sopraffatte da questa minaccia.

“Nei prossimi quattro anni, gli Stati Uniti devono aumentare la capacità dei propri sistemi di difesa e sviluppare un dispiegamento missilistico più rapido e veloce”, ha affermato Riki Ellison, fondatore della Missile Defense Advocacy Alliance, un’organizzazione no-profit americana che realizza studi nell’ambito delle scienze strategiche.

Il rapporto tra Donald Trump e Kim Jong-un

Da quando Donald Trump è entrato alla Casa Bianca, il dossier nordcoreano è stato uno dei più importanti sul tavolo del presidente degli Stati Uniti.

Dopo aver fallito diversi test missilistici tra marzo e aprile 2017, il 13 maggio la Corea del Nord ha lanciato un missile a medio raggio del tipo Hwasong-12, capace di trasportare una testata nucleare. Questo test balistico aveva scatenato la reazione internazionale, determinando il deciso cambio di strategia da parte di Trump, che si era detto inizialmente disposto persino a incontrare Kim Jong-un.

Il 4 luglio poi la Corea del Nord ha testato il suo primo missile balistico intercontinentale (Icbm), denominato Hwasong-14, che ha raggiunto un’altitudine di circa 2.800 chilometri prima di finire nelle acque territoriali giapponesi, dopo aver seguito una traiettoria di almeno 930 chilometri. Anche questo test provocò la reazione internazionale, con forti proteste da parte del governo giapponese e di quello della Corea del Sud.

Il lancio di un secondo Icbm del tipo Hwasong-14, avvenuto il 28 luglio, determinò l’applicazione di nuove sanzioni da parte delle Nazioni Unite nei confronti di Pyongyang, approvate dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu il 5 agosto 2017.

Dopo una serie di provocazioni e dichiarazioni ostili da entrambe la parti, tra cui la minaccia nordcoreana di attaccare il territorio statunitense di Guam, nell’oceano Pacifico, Pyongyang ha lanciato un altro missile il 29 agosto 2017. In questo caso, il Hwasong-12 sorvolò addirittura il nord del Giappone, spezzandosi in tre parti e cadendo 1.180 chilometri al largo dell’isola di Hokkaido, nell’oceano Pacifico settentrionale. Anche questo lancio provocò le proteste internazionali che però restarono inascoltate da parte di Pyongyang.

Il 3 settembre poi la Corea del Nord annunciò di aver addirittura testato un’arma termonucleare, in un esperimento sotterraneo che  ha provocato un terremoto di 9,8 volte più potente di quello causato dal test nucleare del settembre 2016. Il sisma provocato dall’esplosione, con una potenza di 100 chilotoni, ha avuto una magnitudo di 5,7 gradi sulla scala Richter.

Questo test in particolare scatenò le forti proteste del governo di Tokyo e la reazione degli Stati Uniti, che tramite l’ambasciatrice di Washington alle Nazioni Unite, Nikki Haley, dichiararono che la Corea del Nord stava ormai “implorando di fare la guerra”. Così, l’11 settembre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite approvò all’unanimità nuove sanzioni economiche alla Corea del Nord.

Anche questa volta le proteste internazionali non sortirono alcun effetto. Pyongyang infatti, il 14 settembre 2017 lanciò un altro missile che ha sorvolato il nord del Giappone. Questo fu il 15esimo test balistico dall’inizio del 2017. Il missile percorse almeno 3.700 chilometri e si andò a schiantare a 2mila chilometri a est dell’isola di Hokkaido, nell’oceano Pacifico settentrionale.

In un gioco di continue provocazioni e di tentate mediazioni internazionali, Donald Trump ha annunciato l’imposizione di ulteriori restrizioni economiche nei confronti del regime di Kim Jong Un, definendolo “Rocket man” nel suo primo discorso alle Nazioni Unite. Proprio questa mossa da parte degli Stati Uniti ha portato Pyongyang ad annunciare la possibilità di testare una bomba a idrogeno nell’oceano Pacifico.

In quest’occasione, il leader nordcoreano Kim Jong-un ha definito il presidente statunitense una persona “folle”, sostenendo che avrebbe pagato per le sue minacce. Trump infatti aveva minacciato di distruggere completamente la Corea del Nord nel suo discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Il presidente degli Sati Uniti aveva poi risposto agli insulti di Kim Jong-un definendolo “un pazzo che spara missili”. 

La notizia del possibile uso della bomba a idrogeno (o bomba H) nell’Oceano Pacifico è arrivata dal ministro degli Esteri nordcoreano Ri Yong Ho, che ha parlato di un test su una scala “senza precedenti”.

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