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Russiagate, il ruolo di Conte e dei servizi segreti nella controinchiesta di Barr in difesa di Trump: cosa c’è da sapere

Immagine di copertina
Credits:AFP

Russiagate: la visita di Barr in Italia, il ruolo di Conte e dei servizi segreti

Secondo un’inchiesta del New York Times il ministro della Giustizia degli Stati Uniti William Barr si sarebbe recato in Italia per indagare sul coinvolgimento dei servizi segreti italiani nel caso del Russiagate contro Donald Trump: Renzi vuole vederci chiaro sulla vicenda e durante l’intervista del 6 ottobre a “Mezz’ora in più” ha chiesto al neo-premier Conte di riferire davanti al Copasir su quanto accaduto.

Il Copasir è l’organismo di controllo parlamentare sull’operato dei servizi segreti italiani, per questo il leader di Italia Viva vorrebbe che alla sua presenza Conte chiarisse in parlamento le motivazioni della visita di Barr a Roma. Renzi ha inoltre chiesto a Conte di lasciare la delega ai servizi segreti e lo ha accusato implicitamente di voler accentrare nella sue mani il controllo dell’intelligence.

La visita del ministro Barr a Roma

L’ultima visita di Barr in Italia risale al 27 settembre e secondo il quotidiano statunitense si sarebbe svolta senza seguire i protocolli, l’intelligence americana presente all’ambasciata degli Stati uniti a Roma non aveva infatti ricevuto alcuna informazione al riguardo e lo stesso sarebbe avvenuto anche per la prima visita di Barr a Ferragosto. Barr avrebbe incontrato i vertici dei servizi segreti italiani e il comandante del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) Gennaro Vecchione, che coordina i servizi segreti italiani per l’esterno (Aise) e per la sicurezza interna (Aisi).

Durante la visita Barr avrebbe tentato di trovare possibili “irregolarità” nella collaborazione dei funzionari dell’intelligence italiana alla “creazione” del caso Russiagate.

In questo modo l’inquilino della Casa Bianca vorrebbe dimostrare l’infondatezza dell’inchiesta condotta contro di lui dal procuratore speciale Mueller, che sta cercando di accertare la presenza di interferenze russe nella campagna elettorale di Trump per le elezioni del 2016.

Nell’inchiesta condotta da Barr per “scagionare” Trump sarebbero coinvolti oltre all’Italia anche i servizi di intelligence di altri Paesi come la Gran Bretagna e l’Australia. Del suo arrivo sembra che non fossero stati informati nemmeno i vertici della Lega e c’è il sospetto che Palazzo Chigi abbia intenzionalmente tenuto la cosa segreta.

Russiagate, la risposta di Conte

Non c’è stata una risposta diretta da parte di Conte sul suo rapporto con i servizi segreti e sulla presenza di William Barr a Roma ma Palazzo Chigi ha fatto sapere che “il presidente chiarirà dapprima nella sede istituzionale appropriata, il Copasir, tutta la vicenda e poi chiarirà anche pubblicamente. Quanto alle indiscrezioni, il presidente non commenta”. “Il compito dell’intero comparto di intelligence è lavorare con il massimo riserbo e nel rispetto dei vincoli di legge alla sicurezza nazionale. Così si dimostra lo spirito di servizio, non certo alimentando fughe di notizie o frammenti di parziali informazioni sui giornali”.

Mercoledì 9 ottobre il Copasir terrà una riunione per eleggere il nuovo presidente dopo la nomina di Lorenzo Guerini a ministro della Difesa. Sul tavolo della discussione ci saranno anche le richieste di audizione del premier Giuseppe Conte e dei vertici dei servizi sul caso Russiagate in relazione alle visite di Barr.

La reazione degli Stati Uniti

Il presidente della commissione giustizia del Senato Lindsey Graham, uno dei più stretti alleati di Donald Trump, ha intanto inviato una lettera al premier italiano Giuseppe Conte, a quello britannico Boris Johnson e all’australiano Scott Morrison chiedendo che continuino “a cooperare con l’attorney general William Barr nell’inchiesta sulle origini del Russiagate. Uno dei doveri dell’attorney general è supervisionare l’indagine in corso e i suoi incontri nei tre Paesi sono ben dentro i confini della sua normale attività”, ha scritto.

La contro-inchiesta di Barr per smontare il Russiagate

Una parte dell’inchiesta sul Russiagate del procuratore Muller riguarda infatti il nostro paese e in particolare il professore maltese Jospeh Misfud, ex docente dell’università Link Campus University con sede a Roma. Forse è proprio per questa ragione che Barr è arrivato in Italia; è possibile che volesse trovare “prove” per la sua contro-inchiesta sul Russiagate.

Nel marzo 2016 Misfud avrebbe incontrato alla Link University George Papadopoulos, allora consulente della campagna elettorale di Trump. L’incontro sarebbe stato organizzato da Vincenzo Scotti, fondatore e presidente della Link.

A raccontare questa versione dei fatti è stato lo stesso Papadopoulos in un’intervista alla Verità, e la ricostruzione è stata confermata a Repubblica anche da sua moglie Simona Mangiante. Il professore avrebbe proposto a Papadopoulos del materiale “russo” compromettente su Hillary Clinton, che avrebbe potuto facilmente metterla fuori gioco nella sua corsa alla Casa Bianca. Si trattava forse di mail della candidata democratica che avrebbero potuto fare scandalo.

Barr e il procuratore Durham mirano a dimostrare che Misfud altro non era che un’agente della Cia e dell’FBI inviato dal governo Obama. Secondo questa tesi il docente avrebbe offerto un favore al consulente di Trump, solo per creare un caso con cui mettere il leader repubblicano nei guai. All’operazione avrebbero contribuito anche il governo britannico e italiano. Di Mifsud si sono completamente perse le tracce e non è possibile avere una sua versione dei fatti. George Papadopoulos ha invece dovuto scontare 14 giorni di carcere per aver mentito all’Fbi nel 2017 in merito ai suoi rapporti con i russi.

Renzi ha “riso” dell’ipotesi di un complotto contro Trump, durante l’intervista con la giornalista Lucia Annunziata l’ha definita una “barzelletta” e ha negato di aver permesso all’intelligence di Obama di “creare” il caso Russiagate.

Russiagate, Renzi chiede a Conte di “spiegare tutto” sui rapporti tra i nostri 007 e Barr
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