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Home » Esteri

Russia: dopo le sconfitte militari, 18 consiglieri municipali russi firmano una petizione contro Putin

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Il dissenso contro Putin si è palesato dopo le sconfitte militari subite questa settimana: 18 consiglieri municipali di diversi distretti di Mosca, San Pietroburgo e Kolpino hanno firmato una petizione chiedendo le sue dimissioni. Lo ha postato su Twitter la deputata Ksenia Thorstrom, nel breve testo sopra le firme c’è scritto “Le azioni del presidente Putin sono dannose per il futuro della Russia e dei suoi cittadini”. Insieme alla petizione la deputata aggiunge “se sei un consigliere municipale e vuoi aderire, sei il benvenuto”. Si sono infatti aggiunte ulteriori firme durante la notte, postate sempre sull’account.

Nonostante sia in vigore una legge che può punire con 15 anni di incarcerazione chiunque tenti di contestare l’azione dell’esercito, questa piccola rivolta dei consiglieri non è isolata. Le loro posizioni sono condivise da figure di spicco della cerchia militare del Cremlino, come il leader ceceno, Ramzan Kadyrov, che ha scritto su Telegram: “Se non ci sarà un cambiamento di strategia oggi o domani, dovrò parlare con i vertici del Ministero della Difesa e con la leadership del Paese per spiegare la reale situazione sul campo. È una situazione molto interessante. È incredibile, direi”. Non si tratta di una protesta contro la guerra di Putin, ma contro gli errori militari che, si sostiene in Russia, hanno come responsabili il governo e il comando maggiore. E’ già caduta la testa di Roman Berdnikov, comandante del Distretto militare occidentale, rimosso dai suoi incarichi ieri, secondo l’intelligence ucraina.

Su Novaja Gazeta Europa si è denunciato il fatto che i soldati russi rischierebbero di rimanere accerchiati. Secondo il giornale, ciò è dovuto a due fattori: “In primo luogo, le forze russe nell’area erano costituite principalmente da unità di polizia della Guardia Nazionale, impreparate al combattimento vero e proprio. Non avevano alcuna esperienza militare e capivano molto poco di cosa stesse succedendo e perché dovessero rischiare la vita. In secondo luogo, lo Stato Maggiore russo o non ha preso sul serio i dati dell’intelligence sul concentramento delle truppe ucraine a Balaklia o semplicemente non aveva abbastanza rinforzi per far fronte all’imminente controffensiva”.

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