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Home » Esteri

L’aspetto psicologico del conflitto israelo-palestinese

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Secondo il professor Alon Ben-Meir, la situazione è sul punto di esplodere ed è arrivato il momento di agire per favorire la riconciliazione

Il rapporto recentemente diffuso dal Quartetto per il Medio Oriente – che comprende gli Stati Uniti, la Russia, l’Unione Europea e le Nazioni Unite – è un passo importante. Esso reitera l’importanza di raggiungere un accordo di pace tra Israele e i palestinesi sulla base della soluzione dei due stati.

Forse il punto più importante è che il rapporto arriva alla conclusione che, a meno di un progresso significativo e tangibile verso la pace, lo status quo condurrà inevitabilmente a un ulteriore deterioramento delle relazioni israelo-palestinesi e potenzialmente a rinnovate violenze su larga scala tra le due parti.

Secondo il documento, ci sono tre elementi che attualmente pesano sulla fragile situazione attuale: il primo è la continua, benché sporadica, violenza; il secondo è la continua espansione e legalizzazione delle colonie; e il terzo è l’illecita acquisizione di armi, in particolare da parte di Hamas.

Per invertire queste tendenze, il Quartetto raccomanda che nessuna delle due parti intraprenda azioni unilaterali – per esempio, l’annessione di territori da parte di Israele o i tentativi di internazionalizzare la risoluzione del conflitto da parte dei palestinesi – e che entrambe mostrino un impegno sincero verso la soluzione dei due stati.

Il Quartetto invita anche le parti a mettere fine all’incitamento all’odio, all’espansione coloniale, alle azioni provocatorie, e a promuovere un clima di tolleranza. Tuttavia, anche se tutti questi elementi sono necessari, il rapporto non fornisce alcuna nuova idea, né propone un quadro che possa condurre a una soluzione permanente del conflitto israelo-palestinese.

Ciononostante, va detto che il documento diffuso dal Quartetto è importante perché riporta l’attenzione della comunità internazionale sul conflitto, ponendo l’accento sulla necessità di intraprendere negoziati seri per raggiungere un accordo e avverte che, in caso contrario, entrambe le parti ne pagheranno le conseguenze.

Mentre il Quartetto riconosce che l’attuale situazione in Medio Oriente è catastrofica, non tiene conto della realtà sul terreno e della dimensione psicologica del conflitto israelo-palestinese che ha impedito e impedisce qualsiasi progresso nella regione.

In effetti, considerata la relazione deleteria tra Israele e i palestinesi, non c’è spazio per l’implementazione di alcuna iniziativa di pace, né unilaterale né sponsorizzata dalla comunità internazionale. Perciò, la situazione sul terreno deve cambiare per creare un clima favorevole affinché le due parti siano disponibili a fare le concessioni necessarie.

Di conseguenza, né Israele né i palestinesi possono, anche se lo volessero, scendere a compromessi nell’atmosfera attuale. Hanno ignorato, e continuano a farlo, gli inviti del Quartetto e degli Stati Uniti a risolvere il conflitto e le numerosi risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (incluse la 242 e la 338) che chiedevano a Israele e ai palestinesi di farlo sulla base della soluzione dei due stati.

Sono convinto che ogni futuro negoziato debba essere preceduto da un processo di riconciliazione che affronti tre questioni principali: la diffidenza reciproca, le preoccupazioni rispetto alla sicurezza, e l’illusione che uno dei due possa sopraffare l’altro.

Anche se il rapporto del Quartetto menziona brevemente l’importanza dell’Iniziativa di pace araba (Api), a mio modo di vedere essa non dovrebbe essere considerata con una mera strategia per condurre il processo negoziale, ma come il quadro di riferimento per ottenere una pace completa.

Ci sono una serie di cose che distinguono l’Api da ogni altro quadro di riferimento: primo, è stata proposta dai paesi arabi, guidati dall’Arabia Saudita, piuttosto che da qualcuno di estraneo alla regione, come il Quartetto che non ha alcun rappresentante arabo.

Secondo, l’Api fornisce a tutte le parti in conflitto, inclusi Hamas e Israele che non l’hanno ancora abbracciata, alcuni denominatori comuni su cui si trovano d’accordo anche se, per ragioni strategiche, non hanno accettato pubblicamente, come i rifugiati palestinesi, la sicurezza nazionale, la disposizione delle colonie e il futuro di Gerusalemme.

Terzo, l’Api offre un quadro realistico per l’accordo di pace tra Israele e i palestinesi nel contesto di una più ampia pace arabo-israeliana, che desiderano entrambe le parti.

Infine, è importante notare che l’Api non è stata proposta come un prendere o lasciare, come è stato fatto intendere al pubblico israeliano. Tutte le questioni oggetto di conflitto sono soggette alla negoziazione tra le due parti, se c’è la reale intenzione da parte loro di raggiungere un accordo.

In questo senso, credo che l’iniziativa francese per riprendere i negoziati israelo-palestinesi sia di fondamentale importanza. La Francia sta tentando un approccio diverso per risolvere il conflitto e sta prendendo in considerazione il quadro dell’Api a questo scopo.

Ritengo, tuttavia, che l’iniziativa francese debba tener conto del bisogno di preparare psicologicamente entrambe le parti attraverso un processo di riconciliazione (a livello della società civile), prima di riprendere i negoziati formali in modo da incrementare in modo sostanziale le possibilità di successo.

Non c’è dubbio che il processo di pace è diventato nel corso degli ultimi dieci anni ancora più problematico e si deteriorerà ulteriormente fino a causare una conflagrazione che nessuno dei due vuole eppure nessuno dei due fa niente per evitare.

La conferenza internazionale francese, che si terrà verso la fine dell’autunno per dare seguito alla prima conferenza tenutasi il 3 giugno, creerà certamente un momento topico per la ripresa dei negoziati di pace. Deve, tuttavia, offrire meccanismi internazionali che avviino il processo di riconciliazione che può potenzialmente condurre a una pace israelo-palestinese completa.

Il conflitto israelo-palestinese ha raggiunto il punto di saturazione che precede l’esplosione. Qualunque voce che attiri l’attenzione della comunità internazionale su di esso perché prevenga la catastrofe che si sta preparando è bene accetta.

È ora di agire, e in questo senso il Quartetto ha dato il proprio contributo. Adesso, deve essere tradotto in un quadro praticabile, che solo l’Api può fornire.

— Analisi di Alon Ben-Meir, professore di relazioni internazionali ed esperto di Medio Oriente alla New York University

— Traduzione a cura di Paola Lepori 

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